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Full text of "Idea della perfezione della pittura di Mr. Rolando Freart"

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Ulrich  Middeldorf 


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in  2011  with  funding  from 

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http://www.archive.org/details/ideadellaperfeziOOfrea 


IDEA 
DELLA  PERFEZIONE 

DELLA 

PITTURA 

DI  M.r     ROLANDO  FREART 

TRADOTTA  DAI    FRANCESE 

DA    JNTON    MARIA    SALVÌNI 

E,PLEBLICATA    PER    LA    PRiMA    VOLTA 
DAL    CANONICO 

DOMENICO  MORENI 

Con    una     Dissertazione    Apologetica    in  fine 
DJ  MICHELANGELO  BUONARROTI 

SCRITTA 

DAL  SIG.  ONOPIUO  BONI 


FIRENZE 

APPRESSO    CAULI    E    COMP.°     IN    BORGO    SS.   APOSTOLI 


M.  DCCC.   IX. 


AL    SIGNORE 

GIOVANNI  DEGLI  ALESSANDRI 

PRESIDENTE 

dell'  imperiale    y^CCADEMlA 

DELLE    BELLE    ARTI  . 


Non  potrebbe  ,„e..'  Operetta 
sulla  Pittura  veder  con  migliore 
auspicio  la  pubblica  luce  ^  che 
intitolandola  a  V.  S.   tanto  della 


gloria  delle  Be^le  Arti  «nllecita, 
come  r  illustre  Accademia  alia 
quale  presiede  uè  fa  soleuue 
testimouianza  .  Piacciale  dunque 
d'accogliere  nella  dedica  del  pre- 
sente libro  non  un  voloare  omas:- 
gio  di  adulazione,  ma  un  tributo 
di  quella  giustizia  che  il  consen- 
•so  di  tutti  Le  rende. 


Di  V.  S. 


Umìliss.  Dfr<otis<;.    Servi torr 
l 'Editore  N.  Carli . 


V 

PREFAZIONE 

DEL 

CAN.  DOMENICO  MORENL 


o  scopo,  per  cni  mi  sono  con  tutto  il  pia- 
cere ,  e  l' impegno  determinato  a  render  pubblica 
per  la  prima  volta  la  versione  di  questo  Trattato 
di  solidi  precetti  ridondante,  e  di  fino  g'udizio, 
è  stato  fra  gli  altri  quello  di  dare  alla  Imperiai 
nostra  floridissima  Accademia  delle  Belle  Arti 
un  tenue  saggio  di  mia  sincera  riconoscenza  per 
r  esimio  onore  poco  fa  da  essa  compartitomi  di 
ascrivermi,  contro  ogni  n.ia  espettativa  ,  tra  i 
membri  onorarj  della  medesima,  e  di  secondare 
nel  tempo  stesso  i  voti  degli  amanti  della  purità  ' 
del  patrio  nostro  leggìadrissimo  linguaggio,  e  non 
giammai  di  proporre  a' nostri  Piofessori,  e  dilet- 
tanti delle  belle  Arti  nuovi  precetti  di  estraneo 
Scrittore  per  bene  eseguirle.  L'Italia,  o  per  me- 
glio dire  la  Toscana,  che  di  esse  fu  la  cuna,  e 
che  ha  gloriosamente  contiruato  sempre  a  fio- 
rire con  una  successione  generosissima  di  maestri 
in  discepoli  tutti  nazionali,  né  interrotta  mai 
insino  a' dì  nostri,  per  cui  non  isdegna  di  stare 
in  comparazione  delle  altre  più  floride  Scuole, 
e  di  occupare  in  esse  i  primi  scanni ,  non  ha  ia 
ciò  che  desiderar  davvantaggio  dagli  Olnamon- 
tani.  Ella  a  tutta  equità  sen  va  fastosa  pel  glo- 
rioso incontrasrabii  vanto  di  aver  primeggiata 
sopra  tutte  le  altre  Scuole,  e  di  essere  stata  delle 


mcdesinle,  dopo  l'invasione  de*  popoli  Setten- 
trionali, senza  scarc  a  rimontare  all'età  di  quella 
celeberrima  Nazione,  che  fin  da' tempi  remoti 
sparse  in  Htrurivi  i  più  bei  lumi  delle  arti,  e  delle 
dottrine,  la  maestra,  e  la  legislatrice,  e  di  averle 
emancipate,  e  sottratte  dalla  barbarie,  in  cui  ino- 
norate giacquero,  e  miseramente  immerse  fino  al 
Secolo  Xill.i  e  di  aver  in  seguito  con  rapido 
volo  per  mezzo  dell' immortai  nostro  Leonardo 
da  Vmci  aperto  il  secolo  delia  bella,  e  sublime 
Pittura,  e  mostrata  la  via  ai  tre  Luminari  della 
Sciiola  Fiorentina  Fra  Bartolommeo ,  Andrea  del 
Sarto,  e  a  Michelangiolo  Buonarroti,  che  con 
straordinaria  s-ua  immaginazione,  con  la  profon- 
dità del  suo  magistero  si  elevò  tant*  alto  da  ren- 
der poco  men  che  stupide  d'ammirazione  tutte 
le  Scuole.  1  monumenti  antichi ,  che  ce  ne  som- 
ministrano a  larga  mano  una  invincibile,  e  tri- 
onfante riprova  ,  sono  appunto  quelli,  su  i  quali 
l'Autor  nostro  ha  giudiziosamente  appoggiato  il 
suo  Trattato  impresso  già  fino  dall'anno  1662.(1) 
in  Mans  colla  seguente  intitolazione  ,  che  dell' O- 
pera  annunzia  di  per  se  stessa  mirabilmente  il 
pregio  :  Idea  della  perfezione  della  Pittura  dimo- 
strata per  li  principj  deW  Arte,  e  per  esempli  con- 
formi all'  osservazioni  j  che  Plinio,  e  Quintiliano 
hanno  fatte  sulle  pili  celebri  Tavole  degli  antichi 

(0  NelFrontcspizio  di  quest'Opuscolo  per  incuria  del  ti- 
pografo è  corso  .sbaglio  nell'  epoca  dell'  impressione  ,  leggen- 
dovisi  1671,  nel  qual  errore  hanno  poi  urtato  tutti  coloro 
che  lo  han  citato.  La  cosa  è  chiara,  poiché  la  data  del 
Privilegio  del  Re  è  de'  3o.  Marzo  ì66z,  e  di  più  in  line  del 
libro  notasi  esser.^i  terminato  d'imprimere  per  la  prima 
iiata  il  di  14.  d'Aprile  di  detto  anno  i66l. 


Vfl 

Pittori ,  messe  in  parallelo  con  alcune  Opere  de^  nO' 
stri  migliori  Pittori  moderni,  Lionardo  da  Vinci, 
Pajfaello  ,  Giulio  Romano ,  e  7  Poussino\  ma  que- 
sto per  vero  dire  altro  non  essendo  in  sostanza, 
che  un  sugoso  raffinato  epilogo  di  quanto  in  a- 
vanti  scritto  aveano,  ed  operato  i  nostri  più  va- 
lenti Scrittori  dell' Arte  Pittorica  ,  e  specialmen- 
te il  mentovato  Lionardo  da  Vinci,  di  cui  il  no- 
stro Autore  tradotto  avea  nel  patrio  suo  linguag- 
gio il  famoso  Trattato  della  Pittura  pubblicato 
in  Parigi  nel  1651.  in  fogl.*,  sarà  forza  il  dire,  che 
debbano  da  chicchessia,  che  l'Arte  ne  professa, 
molto  tenersi  in  pregio,  e  valutarsi  i  di  lui  inse- 
gnamenti, in  quantochè,  io  ripeto,  mai  si  allon- 
tana dalle  loro  sicure,  e  maestrevoli  tracce. 

Scrittore  poi  del  medesimo  è  il  famoso  Ro- 
lando Freart  di  Chantelou ,  Signore  dì  Cham- 
bray  ,  autore  dell'  altro  eccellente  Scritto  in- 
titolato :  Parallelo  deW  Architettura  antica  col- 
^a  moderna,  pubblicato  dapprima  in  Parigi  nel 
1650.  in  fogl.  e  quindi  riprodotto  nel  1702,  e 
a  cui  riuscì  di  condurre  la  prima  volta  nel  pa- 
trio suolo  da  Roma, ove  nato  era  nel  1613.  da  pa- 
dre Parigino,  il  famoso  Gaspero  Poussin  ,  cosi 
detto,  perchè  allievo,  e  cognato  del  valente  Pit- 
tore Niccolò  di  tal  cognome.  Con  questa  edizio- 
ne mio  scopo  eziandio  egli  è  di  far  palese  all'I- 
talia un  libro  quanto  utile,  altrettanto  a  noi ,  ed 
ai  Francesi  stessi  quasi  del  tutto  ignoto,  e  quel 
che  a  parer  mio  è  più  valutabile  ,  fedelmente 
tradotto  nel  1685.  nella  più  tersa  Toscana  lingua 
dall'immortale  nostro  Anton  Maria  Salvini  ono- 
re, e  decoro  della  patria,  e  del  patrio  linguag- 


vili 
gio,  in  cui  a  que'dì  non  ebbe  pari.  Che  egli  poi 
in  realtà  ne  sia  il  vero  cra<larcore  ,  non  ostdiice 
che  dai  nostri  più  diligenti  Bing'.ifi  siasi  questi 
omessa  nel  registro  delle  sue  ope.e  ,  e  delle  mol- 
tiplici  meravigliose  sue  versioni ,  chiaramence 
risulta  dal  carattere  suo  molto  riconoscici  vo ,  il 
quale  scrupolosamente  confrontato  coi  di  lui 
Manoscritti  in  gran  copia  esistenti  nella  Biblio'- 
teca  Marucelliana,  ed  altrove,  si  è  trovato  di- 
fatti esser  suo;  quindi  è,  che  il  Chiarissimo  mio 
Collega  Canonico  Angiolo  Maria  Bandini  ,  tòlto 
non  è  gran  tempo  alle  Lettere  ,  non  ebbe  diffi- 
colta alcuna  di  marcare  l'autografo  di  questa  ver- 
sione del  seguente  attcstato; 

A  dì  13    Luglio   i8of. 

lo  Can.  Angiolo  Maria  Bandirli  attesto,  che  que- 
sta tra'uzione  dal  Francese  è  scritta  di  mano  del 
celebre  Anton  Maria  Saivmi  ^  di  cui  esistono  gli 
Originali  da  me  acquistati  nella  pubblica  Libre" 
ria  Marucelliana  . 

Questo  Codice  destinato  già  ad  uso  vile  fu  da 
me  con  altri  interessantissimi  Opuscoli  tanto  ma- 
noscritti,  che  impressi,  sì  antichi,  che  moderni 
fortunatamente  sottratto  per  tenne  prezzo  dalle 
mani  di  chi  non  ne  conosceva  il  pregio,  tra  i 
quali  per  comun  notizia  rammentar  qui  mi  g  o- 
va  un  piccolo  Trattato  originale  di  Filippo  Bal- 
dinucci  omesso  in  ambedue  l'edizioni  de' suoi 
Decennali,  diretto  a  Monsig.  Lorenzo  Salviati 
intorno  al  modo  di  dar  proporzione  alle  figure  in 
pittura,  e  in  scultura  ,  che  vide  per  mezzo  mio 
la  luce  per  la  primi  volta  in  Livorno  nel  1802. 
con  una  docca  Dedica  del  Chiaiiss.  Bibliografo 


IX 

Sig.  Gaetano  Poggiali  arceleberrimo  nostro  Inci- 
sore Sig.  Uaffaclio  Morghen  ;  l'Istoria  per  anche 
inedita  de  Bello  Sencnsiy  scritta  dall'aurea  penna 
di  Pietro  Angeli    da   Barga,  detto  antonomastì- 
camente  il  Bargeo -,  un   Opuscolo  autografo    del 
nostro  Guglielmo  Becchi  notissimo  per  altre  O- 
pere  ,  intitolato  de  Corner j.  ,  diretto  ad  Pecrum  Co" 
smae  filium  ..e  Aiedicis  Civein  Florentinum  ;  un  Poe- 
ma eroicomico  di  Canti  XII.  intitolato  il  Gonnella 
di  Giulio  Cesare  Beccelli   impresso   in   Verona  , 
Scrittore  totalmente  ignoto   non  solo  al  Conte 
Mazzucchelli  nella  Storia  degli  Scrittori  d'Italia, 
ma  all'istesso  Manni  nella  Vita,  che  egli  scrisse 
di  quello  spirito  bizzarro  fiorentino;  un  Opusco* 
lo  in  pergamena  di  Leon  Battista  Alberti  nomato 
da   alcuni  Scrittori  il  Vuruvìo'  fiorentino ,  il  qua- 
le, benché  scritto  in  volgare,  ha  per  titolo  UxO' 
ria ,  del  tutto  sconosciuto  al  medesimo  Mazzuc- 
chelli ,  ed  al  più  recente  di  lui  encomiaste  P.  Pom- 
pilio Pozzetti;  e   in  fine  il   Monte  Santo  di  Dio 
impresso  in  Firenze  nel  1477.  notissimo  per  l'e- 
strema sua  rarità  a  tutti  i  Bibliografi  ,  e  da  questi 
concordemente  dichiarato,  adorno  che  sia  delle 
tre  stampe  in  rame,  il  Cimelio  delle  vetuste  edi- 
zioni ,  il  quale  presentato  recentemente  in  dono  ad 
un  Personaggio  d'alto  rango  d' Oltremonte,  che 
avidamente  da  più  anni  il  ricercava,  mi  meritò 
r  esuberante  regalo  di  una  ricchissima ,  ed  elegan- 
tissima Tabacchiera  d'oro  smaltata.  Ma  ritornan- 
do la  donde  mi  son  dipartito,  il  maggior  mio  ec- 
citamento per   la  pubblicazione  di  questo  Trac- 
tato  era  il  desiderio  di  veder  da  qualche  novel- 
lo Felibien  rivendicata  la  fama  dell' im mortai  no- 


X 

stro  Michel  piìi  che  niorra!  Angiol  divino  ,  qui 
alquanto  vituperevoliiicntc  schernita  nell'  esa- 
me critico,  che  vi  si  id  del  famosissimo  suo 
Giudizio  Universale  sovrapposto  all'Altare  della 
Cappella  Sistina,  in  cui  inventore,  e  unico  so- 
vrano niacbtio  siede  di  quello  stile  il  più  arduo, 
e  d.fficoltoso,  detto  dai  Professori  dell'Arre  ter- 
ribile, e  Jit:ro ,  e  dove  in  somma  valorosamente 
mostrò  il  primo  di  tutti  i  moderni  a  batter  le  vie 
del  grandioso,  e  del  sublime,  per  cui  quella  pit- 
tura da  molti  sopra  tutte  le  altre  dell'Universo  è  sta- 
ta esaltata,  e  da  altri  riputata  il  miracolo  dell'Ar- 
te ;  checché  in  contrario  quivi  ne  dica  il  nostro 
Autore,  e  il  Pittor  Satirico  con  que' famosi  versi 
per  gabbo  più  della  smodata  licenza  ,  che  pur  trop- 
po da  tutti  i  lati  trionfa  di  queir  immenso  quadro, 
che  per  altri  difetti,  che  vi  abbia  scorti: 
0  MiJielarìgiol ,  non  vi  parlo  in  gioco  ; 
Questo ,  che  dipingeste  ,eun  gran  Giudizio , 
Ma  del  giudizio  voi  ne  avete  poco! 
Non  è  difatti  andato  a  vu  >to  cotal  mio  deside- 
rio, mentre  il  Chiarissimo  Signor  Onofi  io  Boni, 
che  per  più  anni  qui  l'onorifica  carica  decoro- 
samente ha  sostenuto  di  Soprintendente  delle  Re- 
ali Fabbriche,  a  insinuazione  del  non  mai  abba- 
stanza commendato  Sig.  Ab.  Luigi  Lanzi  esperto 
in  ogni  genere  di  belle  Arti ,  e  di  esse  valoroso 
leggiadrissimo  Scrittore  ,  come  di  altre  molte  nel 
suo  genere  veramente  classiche  ,  ha  saputo  trion- 
falmente con  una  energica  apologetica  Disserta- 
2Ìone,  che  riportiamo  in  fine  per  corollario,  e 
ornamento  di  questo  Trattato,  sostenere  l'impa- 
reggiabile di  lui  merito,  e  smentire  le  impostu- 


XI 

re  dall'invidia  il  più  delle  volte  prodotte  dei  di 
lui  malevoli;  per  la  qual  Dissertazione,  oltre  al 
ribattersi  vittoriosamente  il  Freart,  il  Dolce,  il 
Rosa,  e  il  Milizia,  vien  precluso  ancora  a  qualsi- 
voglia sì  fatto  censore  ogni  ulteriore  scampo  d' in- 
fierir più  davvantaggio  contro  di  lui. 

Quello  che  io  sarei  per  dire  di  più  partico- 
lare sopra  di  ciò,  mei  riservo,  per  non  oltrepas- 
sare i  confini  di  una  Prefazione,  qualunque  ella 
sia,  nel  Tomo  li.  della  Storia  già  ultimata  di  que- 
sta mia  insigne  Imperiai  Basilica  Laurenziana, 
gelosa,  e  superba  depositaria  delle  più  belle  Ope- 
re di  lui,  contento  soltanto  di  predurre  alcuni  in- 
teressanti documenti ,  finora  ,  per  quanto  io  credo, 
inediti,  ed  a' nostri  Bicgrc.fi  affatto  ignoti,  tutti 
ad  esso  relativi,  ed  alla  sopraindicata  pittura, 
tratti  dai  Registridell' Archivio  Vaticano,  offerti- 
mi in  dono,  allorché  poco  fa  quasi  stupido  anda- 
va io  mai  sazio  rimiiando  un'  Opera  sì  grande. 
Ujio  di  essi  il  tralascio  per  brevità,  comecché  ri- 
portato in  lingua  toscana  nel  Tomo  VI.  delle  Zer- 
lere  Piiiori^he  pag.  24;  gli  altri  poi  sono  del  se- 
guente tenore; 


Patilus  P<zpa  III   Diìecto  Filin  Mìchaeli  Angelo  de  Bonarotis 
Pati  itio  Fiorentino . 

Dilecte  Fili  saìutem  efc.  F.xccllentia  virtutis  tue  cum 
in  Sculptura  .  et  Pittura  tum  in  omni  Architeclura  ,  quibus 
te  et  niistvum  seculum  ampliter  exuvnasti,  veleies  non  so- 
lum  adequando,  sed  congestis  in  te  «mnibus  ,  que  singula 
illtis  admirandos  reddebant  pi^pe  superando,  Nos  merito 
permovet ,  ut  te  in  loco  honoris  ,  et  amoris  nostri  precipuo 
collocante!-.,  u.«um  virtutis  tue  in  picturis,  sculpturis  ,  et 
architecturis  Palatii  nostri  Apust-ilici  ,  ac  opeiibus  in  ilio 
nunc  ,  et  prò  tempore  faciendi*  libenter  capiamus  .  Itaque  te 


XII 

supremum  Architectum  ,  Sculptorem  ,  et  Pictorem  eiusdem 
Palutii  noìstri  Apostolici  auctdiitatc  Apostolica  tleputamus^ 
ac  nostrum  Familiarem  cum  omnibus  ,  et  singulis  gratiis  , 
prerogativis  ,honoribus  joneribus  ,  et  antclatiunibus  ,quibug 
alii  nostri  Familiares  utuntur  ,  et  uti  po.ssunt ,  teu  consue- 
verunt,  facitnus  ,  et  alii?  Familiaribus  no^tris  aggregamus 
per  presentes .  Mandantes  dilecto  Filio  Magistro  Domus 
nostre,  ut  te  in  Rotule  Familiarium  nostrorum  describat» 
et  describi  faciat ,  prout  nos  ctiain  describimus.  Et  insuper 
cum  nos  tibi  prò  dcpingendo  a  te  pariate  Altaris  Cappelle 
nostre  pictura,  et  historia  ultimi  ludicii  ad  laborcm  ,  et 
vivtutem  tuam  in  hoc,  et  ceteris  Operibus  in  Palatio  no- 
ftro  a  te,  si  opus  fuerit  ,  faciendis  remunorand. ,  et  satisfa- 
cicnd. ,  introitum  ,  et  redditum  mille  et  duccntoium  scuto- 
rum  auri  annuatim  ad  vitam  luam  promiseiimus  ,  prout 
etiam  promittimus  per  presentes  ;  Nos  ut  dictum  opus  a  te 
inchoari  coeptum  prosequaris,  et  perficias  ,  et  si  quo  alio 
in  opere  volucrimus,  nobis  inservias  ;  Passum  Padi  prupe 
Placentiam  ,  quem  quondam  Io.  Franciscus  Burla  ,  dum  vi- 
veret  obtinebat  ,  cum  solitis  emolumenti»,  jurisdictionibus, 
honoribus,  et  oneribus  suis  prò  parte  dicti  introitus  tibi 
promissi,  vidclicet  prò  sexcentis  scutis  auri,  quot  ipsum 
Passum  annuatim  reddere  accepimus  ,  nostra  promissione 
quoad  reliquos  sexcentos  scutos  firma  remanente  ad  vitam 
tuam  ,  Auctoritate  Apostolica  tenore  prescntium  tibi  con- 
cedimus  ,  mandantes  Vicelegato  nostro  Gallie  Cispadane 
nunc  et  prò  tempore  existenti  ,  ac  dilectis  lìliis  Antianis  , 
Comunitati  ,  et  hominibus  diete  Civitati.»;  Placentie  ,  et  aliis  , 
ad  quos  spectat  ,ut  te  vcl  procuratorem  tuum  pr*»  te  in  pos- 
sessionem  dicti  Passus  ,  ejusquo  exercitii  admittant  ,  et  admis» 
sum  tueantur ,  faciantque  hujusmodi  nostra  concessione  vi- 
ta tua  durante  ,  pacirice  frui  ,  et  gaudcre  ,  contrariis  non 
obstantibus    quibuscumque  . 

Datum  Rome  apud  S.  Marcum  prima  Septembris  1535. 
Anno  primo. 

Paulus  Papa  III.  Dilecto  fìlio  Michacli  Angelo 
de  Bonarotis  Patritio   Fiorentino  . 

DilecteFili  salutem  etc.  Cum  fcl.  recor.  Clemens  PP.  VII. 
immediatus  Predecessor  nostcr  primo  ,  et  deinde  nos  tibi 
prò  dcpingendo  a  te  pariete  Altaris  Cappelle  nostre  pictu- 
ra ,  et  historia  ultimi  ludicii  ad  laborem  ,  et  virtuiem  tuam  , 
qua  nostrum  scculum  ampliter  cxornas  remuneran.  et  sa- 
tisfacien.  introitum  ,  et  redditum  mille  et  ducent<»rum  scu« 
torum  auri  annuatim  ad  vitam  cuaui  promiscrimus ,  prout 


XIII 

dtiam  promìttimus  per  presentes  ;  Nos  ut  dietum  opus  a  te 
inchuaii  ceptum  prosequaris  ,et  perficias  ,  Passum  Padi  pro- 
pe  PlacenLiam  ,  qucm  quondam  Io.  Franciscus  Burla  dum 
viveret  obtinebat  cum  solitis  emolumentis  ,  jurisdictioni- 
bus  ,  honoribus,  et  oncribus  suis  pio  parte  dicti  introitus 
tibi  promissi  ,  videlicet  prò  sexcentis  scutis  auri  quot  ipsum 
Passum  annuatim  redderc  accepimus  ,  nostra  pv^missione  , 
quoad  reliquia  scxcentos  scutos  firma  remanente  ad  vitam 
tuam  ,  auctoritate  apostolica  tenore  presentium  tibi  conce- 
dimus  ,  mandantes  Vicelegato  nostro  Gallie  Cispadan.  nunc 
et  prò  tempore  existenti,ac  dilcctis  liliis  Antianis,  et  Com- 
munitati diete  Civitatis  Placentie  ,  et  aliis,  ad  quos  spe- 
ctat,  ut  te  ,  vel  procuraturem  tuum  prò  te  in  pos-sessionem 
dicti  Passus  ,  ejusque  exercitii  admittant  ,  et  admissum 
tueantur ,  faciantque  hujusmodi  nostra  concessione  vita  tua. 
durante  pacilioe  fiui  ,  et  gaudere,  contrariis  non  obstanti- 
bus  quibuscumque . 

Datum  Rome  apud  S.  Marcum  prima  Septembris  iSÌS. 
Anno  Primo . 

Paulus  PP.  HI. 

Cum  sicut  nobis  constat ,  postquam  dilectus  filius  Magister 
Michaelangelus  de  Bonarotis  Civis  Florentin.  unicus  ,  et  sin- 
gularis  Pictor,  et  Statuarius  alias  fé.  re,  lulio  PP.  II.  Pre- 
decessori nostro  sub  certis  conditionibus  industriam ,  et 
operas  suas  locaverat  ad  fabrìcationem  ,  et  constructuram 
Sepulchri , -quod  sibi  vivens  disponebat,  et  preparabat  prò 
Ducatie  decem  millibus  auri  do  Camera  ,  dictoque  lulio  de- 
functo  ,  testamenti  ipsius  lulii  executores  sunmam  decem 
millium  Ducat.  hujusmodi  ad  decem  ,  et  sex  mille  Ducat. 
similes  ,  et  forsan  aliam  majovem  summam  certo  modo  au- 
xissent  ,ex  dictis  sexdecim  millib.  Ducat.  summam  octo  mil- 
lium Ducator.  similium  ipsi  Michaeli  Angelo  a  nobili  Viro 
Francisco  Urbini  Duce  ,  ad  quem  et  Executores  predictos 
conjunctim  ,  vel  divisim  cura,  et  perfectio  sepulchri  hu- 
jusmodi spectat ,  soluta  fuisset,  et  manu  operi  forsan  ap- 
posita ,  Franciscus  Urbini  Dux  ,  vel  Executores  predicti  cum 
eodem  Michaele  Angelo  concordes  volente,  et  consentien- 
te,  ac  pariter  KUtcrizan.  pie  mem.  Clemente  Septimo  etiam 
Predecessore  nostro  ad  finem  ,  et  effectum  infra  dicen.  ab 
omnibus  >  et  singulis  conventionibus  tam  inter  lulium  Pre- 
decessorem  primo  ,  quam  successive  per  ipsos  curn  dicto 
Michaeleangelo  factis  ,  et  initis  ad  convcntiones ,  et  pactio- 
nes  infrascriptas  devenissent  inter  alia  videlicet  ipsum  Mi- 
cb»elein  Angelum  ab  omnibus,  et  singuliii  primo  ,  et  secun- 


do  diotis  ronventionibus,  et  pactis  ,  ac  pccuniarum  sum- 
mit supradictÌ!>  poripsum  habilis  quicti.s.sont  ,  nb.sol vissent 9 
ce  liberasscnt  ,  propteicii  quid  iilcm  Michael  Angelus  face- 
re  ,  et  dire  novum  Mtdi'llum  ,  scu  De<ignu:n  dicti  Sepuì- 
chri  ad  sui  libitu.n,  ac  etiam  sex  Statuas  m.iimoieas  in- 
ccptas,  et  n  mduin  pcrfcctas  ,  sed  sui  munu  prrriuiendas» 
ac  alia  quecunque  ad  Sepulturam  prediclum  pn  rat,  et  etiam 
infra  certum  tunc  expiessum  ,  nunc  iaindiu  tffluxum  termi- 
nuin  ,  summ;im  dunum  miliiuiTi  Du(;at»>ru;n  ^imilium  com- 
putata certa  SUI  D  .mi)  tunc  expressa  inexlim:ita  ,  et  quod 
ulterius  exp'»ni  necesse  esset  in  Sepulchruin  huiusm  idi  in 
loco  infra  quitu)r  menses  sibi  a  die  celebrati  contractus 
hic  in  Urbe  assignando  ad  debitum  rtncm  pcrduci  possit  » 
pecuniasque  ipsas  sic  exbursundas  de  tempore  in  tempus 
de  onsensu  ,  et  volunfeate  Proiuratoris  dicti  Ducis  exbur- 
save  prttmiserit  ,  et  so  obligaveiit  ;  Prelibatu??qu'>  Clemens 
Predecessor  dicto  Michaeli  Angelo  ,  qui  fcrsan  ab  Urbe  Fio- 
rentina,  sive  ipsius  Glementis  licentia  abesse  non  poterat  , 
ad  Uibem  veniendi  ,  et  in  ea  standi  per  du  »s  men.-es  ,  et 
plus,vel  minus,  prout  ipsi  Predecessori  placeret  .  quodquc 
pretcr  dictas  sex  StatUas  opus  Scpulchri  iuxta  n  >vu;n  desi- 
gnum  huiusmidi  hniendum  in  totum  ,  vel  in  parte  alii , 
seu  aliis  licentiam  ,  et  facultatem  concesserat  pacto  inter 
ipsos  etiam  adjeoto  ,  qu  «d  in  evcntum  ,  in  quem  ipse  Mi- 
chael Angelus  premissa  non  observaret  quietatio  piediota 
nulla  ,  et  nullius  roboris  ,  et  momenti  esset ,  et  ipse  Mi(-hael 
Angelus  tenetur  ad  observationem  aliarum  supradictarum 
conventionum  ,  ac  si  premissa  facta  n  »n  fuissent ,  illa  etiam 
obligatione  ,  que  in  ampliori  forma  Camere  appeilatur  jura» 
mento,  et  cum  aliis  clausulis  ,  et  cautelis  solitis  ,  et  cun- 
suetis  ,  adjeota  ,,  cumque  successive  Clemens  prefatus  deco- 
ri, et  ornamento  m  ij  >ris  C.ipclie  nostri  Palitii  Apostolici 
Sixtinae  nuncupat.  intendens  ad  Caput  ,  et  Altare  majus  .  seu 
supra  illud  cortas  picturas  tieii  prop'jnens  ipsum  Michaelem 
Angclum  ad  picturam  huiusmi<di  juxta  de.^ignum  Cart'-num 
per  ipsum  factorum  evocasset ,  eidemque  ut  illi  intenderet, 
Sepulchri  p.edicti  ac  quocumque  alio  opere  postp-sito  man- 
daverit  ,  prout  exinde  citra  idem  Michael  Angelus  eidem 
Operi  intendit ,  et  n  >s  dicto  Clemente  sicuti  D  >min"  placuit 
de  medio  sublato  ad  Ap.>.-t"latus  apicem  as.>umpti  indignum 
reputantes  jquod  tam  laudabile,  et  singulare  opus  picture 
huiusm-di  in  venu^tatem  ,  et  maiestatem  eiu^dem  Capelle, 
et  totius  dicti  Palatii  cedcns  imperfectum  1  elinquerctur  , 
et  remaneret  eidfm  Michaeli  Angelo  quiimvis  invito,  et 
recusanti  ,  ut  ad  pe.  feciione  n  piciuie  Cipellc  predicte  ul- 
torius,et  us(juc  ad  iliiu^  tutdicm  pcifcociuncin  iuccssanter 


XV 

continuaret  vìve  vocis  oraculo  mandavimusi  pvout  ctiam 
de  nov  >  etiam  present^ium  tenore  mandiimus . ,,  Ne  autem  di- 
ctus  Michael  Angelus  qui  nun  culpa  ,  nec  facto  .suo  ,  sed 
pavend  •  jussionibus  ,  et  mandatis  nostris,  et  ipsius  Clemea- 
tis  minime  Sepu  chrum  piediclum  infra  tempus  conventum 
porferit  »  ft  foisan  alia  C'inventa  nun  observavit,  nec  ad« 
imnlcvit.aut  hercdes  ,  vel  successores  sui  quicumquc  super 
in.bso'vati-'ne  ,  et  contiaventione  ,  seu  super  incursu  ali- 
quaium  censurarum  ,  vel  prediotarum  ,  aut  aliaruin  etiam 
f.irs.in  penarum  tempore  procedente  vexari  ,  seu  molestavi 
pu.s.«it,seu  p"S.sint ,  indemnilatique  sue  providere  volentes  , 
ao  omnr.s  .  et  «ingulo.s  lam  primo  cum  ipso  lulio  ,  quam  pò- 
etra  rutn  Eviutoribus  ,  et  ultimo  cum  Proturatoribus  pre- 
diftis  .  ac  alias  quasiumque  forsan,  et  quolibet  alias  modo 
initas,  et  inita  conventitnes  ,  et  pacta  ,  ac  quecumque  in- 
sti unenta  desuper  celebrata,  et  stipulata,  nec  n^m  quas- 
cumque  alias  tana  publicas,  quam  privalas  scripturas  ,  pa- 
l-iteiquc  omnes,ct  singulas  contraventiones  ,  et  inobser- 
vantiiis,  ac  etiam  pecuniarias  pcnas  forsan  incursas  prò 
ex'pressis  ,  et  inseitis  habentes  ,  latiusque  exprimi  ,  et  etiam 
de  verbo  ad  verbum  si  videbitur  inseri  posse  volen.  Alotu 
proprio  etc.  dicimus  et  verbo  Romani  Pontitifis  attestamur 
dicium  Mifhdelem  Angelum  invitum  et  recusantem  ,  ac 
contradicentem  ttim  per  ipsum  Clementem  dum  vixit,  quam 
per  nus  eti;im  post  assumptionem  nostram  huiuvm'di  impe- 
ditum  ,  retenlum  ,  et  detentum  fuisge  ,  et  foro  ,  et  esse  in  pre- 
sentiarum  etiam  retineri  ,  et  impediri  ne  fabricature  ,  et 
exoedit  et  constructioni  Sepulchri  predicli  adimplemento , 
et  observati'»ni  omnium  ,  et  singulorum  predictorum  assi- 
stere, vel  facere,  aut  adimplere  seu  per  se,  vel  alium  per- 
fìcere  poiuevit>  sive  vuluerit,  pnssit,  vel  valeat  ,  vel  pos- 
sit,  aut  valeat,  et  int-uper  prò  potiori  cautela  quatenus 
forsan  de  iuris  rigore,  vel  alias  possit  dici  convenisse  ,  et. 
non  (bservasse,  nec  adimplevisse  ,  ipsumque  ,  heredesque  , 
et  successores  ,  sui'.sque  ,  et  quoscumque  etiam  extraneos 
ab  omni  ,  et  quacumque  contravcntione  ,  et  inobservantia  , 
incursaque  predictaium  in  singulis  insertis  «cripturis  pre- 
dictis  contentarum  ,  et  quarumcumque  aliarum  etiam  cu- 
ìuscumque  notabilis  summe  pecuniavum  ,  penarum  etiam 
forsan  Fisco  nostro  applicatavum  penitus  ,  et  omnino  ac  gè- 
neraliter  ,  et  generalissime  specialiterque  >  et  specialissime 
tam  qu'>ad  nos  ,  quam  quoscumque  alios  qui  mudolibct ,  et 
qualitercumq-ae  interesse  haben.  etiam  si  S  R.  E.  Cardinales 
essont,  vel  quavis  alia  Ducali,  vel  maiori  dignitate  ,  sive 
titulo  prefuigeant ,  remittimus,  absolvimus  ,  et  liberamus  , 
ita  quod  a  quocumque  premissorum  ymnium,  vel  singulo* 


XVI 

rum  occasionem  iudicio,  vel  extra  molestar!  non  possint, 
etiam    quamcumque  ,   quomodocumque  ,    cuicunquo    forsan 
competcn.   artion.  centra  ipsum  ,    vel  suos    predictos    aufc- 
rentes  ,  et  «ibi  perpetuum  silentium  imp<»nentes  ctc.   nihil- 
ominus   ne   de  cctero  de   mandato  ,  et   impedimento  ipsius 
Clomcntis ,  et    nostro    huiu-modi    habeat    dubitali  ,  vel    in 
dubium    rcvocari    eidem    Michael!  Angelo    sub    maioris   ex- 
communicationis ,  et  indignationis  nostre  pcnis  ipso  facto, 
si  non    paruerint  ,    incurrcndis  ,  ut  premiss,   et  cuicumque 
alteri  operi  impeditivo   quominus  intendat  comode  picture 
Capelle  nostre  huiusmodi  inhibemus  ,  quodque  illis  obmissis 
continuative  ,  ac  inccisantev  usque    ad    totalem   pcrf  ctio- 
nem  ibidem  laboret  prccipimus  ,  ac  committimus  ,  et  man- 
damus,  quodque    ad   proban.  omnia,  et  singula  supradicta 
presentes    et   littcre   desuper  in  forma  Brcvis  expcdicn.  in 
iudicio  ,  et  extra  sufficiant ,  nec  ad  id   alterius  pvobationis 
adminicùlum    requiratur,    vel    in    contrarium    admittatur  , 
nec    de   subreptione  ,  obreptione  ,  sive    intentionis  nostre  , 
vel  quocumquc  allo  defectu  ,  exceptione  ,  oppositione  ,  vel 
allegatione  impugnar!    possint  ,  sicque  ,  et    non   aliter,  nec 
in  contrarium  per  quoscumque  etiam  S- R  E.  Cardinales  Pa- 
lati! Apostolici  ,  Auditorcs,  Presidcntes  ,  et  Clericos  Came- 
re ,  et  quoscumque    alios*  ludices  iudicari ,  scntentiari  ,  et 
difHniri  debere  sublata  éis  et  eovum  etc.  irritum  ,  et  inane 
decorni mus  etc.    Non    obstantibus    premissis    Constitutioni- 
bu'-quo,    Ordinationibus  ApostoUcis  j   Statutisque  etiam    et 
consuetudinibus  etiam  Urbis  ,  sive  quarumcumque  aliarum  , 
etiam  Florent.  Civitat. ,  Monasteriorumquc  ,  in   quibus   for- 
san Sopulchrum   huiusmodi  sit  ,  et  rieri  debet,  etiamsi  sint 
S-Benedicti,  vel   alterius  Ordinis  etiam  iuramento  etc.  ro- 
boratis ,  regulaque  de  non  tollendo  iure   quesito  etc.  privi- 
legiis  quoque  induìtis  etc.   extenden.  eeterisque  in  contra- 
rium facien.  non  obstan.  quibuscumque  cum  clausulis  opor- 
tunis  ,  et  consuetis   seu  necessariis  .   Fiat  ut  peti  tur  ctc.  Et 
cum  absolutio    e  a  Censuris  ad  effcctum  etiamsi  in  illis  per 
annum ,  et  ulteriora  insoiduisset  regula  contraria  non  ob- 
gtan.  latisi-ime  extendi,  ac  de  remissione,  abs«»lutione  ,  et 
liberalione  ,  ac  inhibiti»>nc ,  commissione  ,  et  mandato  pre- 
dictis  in  forma  gratiosa  etc.  ac  decreto  etc.  ut  supra,  et  de- 
rogation.  pred'ct. ,  ac    quod    premissorum   omnium,  et  sin* 
gulorum,  et  quarumcumque  scripturarum  tam  publicarum  , 
quam  privatarum  super  premifsis  confcctarum,  ac  obliga- 
tionum  ,  et  instrumcnlorum  predictorum  tenore  etiam  cum 
illorum  totali   inaertione  ni  videbitur  aliorumque  hic  gene- 
ralitcr  ,  vel  specialiter  narran.  maior  ,  et  vcrior  etc.  et  quod 
prcscntis  «uppositionis  sul»  signatura  sufficiat ,  et  tìdem  fa-- 


XVII 
ciat  in  iudlcio,  et  extra  sive  alias  si  placuerit  per  Breve 
expedi  i  ,  et  cum  upportun<i  decreto,  et  ordinatiune  qu  id 
qUcitenus  per  supradictos  Durem  j  vel  Executores ,  aut  alios 
quoscumquo  etiam  aliunde  t*<»rsan  causam,vel  inteiesse  ha- 
bentes  ,  vel  pietendcntf^s  ullo  unquam  in  peipetuum  cuntra 
ip.sU'.n  Michaclcm  Angelum,  vel  su<>s  predicto  quum  doli» 
bet  quMvis  mid<>,  ratione,  causa,  vel  ocoasiune  super  pre- 
in  issi  s  ,  vel  aliiuiutì  p<emis!<uvum  piincipaliter  ,  vel  inci- 
denter  lis  ,  aut  molestia  insericietur  ,  qu  ni  Camf^ra  Aposto- 
lica in  continenti  ip.-^xim  Michaclem  Angelum,  et  suos  pre- 
dictos  indemnes  et  p^nitus  sine  damno  conservare  tenca- 
tur,  et  obiigetui"  etiam  qu»cumque  instan.  sumptibus  ,  et 
expensis  pr.pviis  quia  sic  per  nos  ipsi  Michaeli  Ang'=>Kt  pro- 
miss.  ,  et  ad  hoc  nus  ,  et  Sedem  Ap.p.sttdicam  obligavimus  , 
et  etiam  nunc  obligamus,et  permittimus,  et  cum  latissimo 
mand.ito  Camerarii»,  Prcsidentibus  ,  et  Clericis  Camere  A- 
p  stolice  quod  presentes  vel  litteras  dcsugcr  cxpcdien.  in 
Camera  Apost>lica  registrata  ,  et  desuper  «.mn.  paten.  Lit- 
teras .  vel  Instrumentum  etiam  cum  expressa  ypp.>theca  ,  et 
obligutione  omnium  bunurum  Cameralium  t-mi  tempi»ralium  , 
qu  tm  spi  1  itu.ilium  pi  «.ut  m^i  is  est  e  te.  iat.  extenden.  Fiat  e  te. 
Datum  R  me  apud  S.  Petium  quintodecimo  Kai.  Dccein» 
bris  ,  Anno  Tertio. 

Guido  AscanÌHi  Sfortia  .?.?.   Fitì,  et    Modesti  in  Macello 
Martirum  Diac.  Ca  din.  Jf  S.  FLtra  S.R  E.  Canterai  ius  . 

Dilecto  n(Tbis  in  Christo  Michaeli  Angelo  de  Bonarotis  Pa- 
tritio  Fiorentino  salutem  etc.  Exhibuisti  nuper  in  Camera 
Apostolica  quisdam  Sanctissimi  D.  N.  D.  Pauli  Divina  Pro- 
videntia  Pape  Tei  tii  in  f<ima  Brevis  ,  Anulo  Piscatoria  si- 
gnatas  super  concessione  Passus  Padi  prope  Flacentiam  per 
eumdem  S  D.  N.  tibi  facta,  quarum  tenor  sequitur  ,  et  est 
talis  ,  videlicet  a  tergo  .  Dilecto  tilio  Michelangelo  de  Bo- 
narotis Patricio  Fiorentino;  Intus  vero  Paulus  PP.  111.  Di- 
lecte  fili  salutemj  et  Apustt.liiam  Benedictionem  .  Cum  tVl. 
ree.  Clemens  PP.  VII.  immedialus  Predecessor  no^Bfer  piimo 
et  deinde  nos  etc.  Indeque  nobis  hu  niliter  supplicasti  ,  ut 
illas  admittere  ,  ac  in  libris  Cuineie  Apostolico  registrati 
faeere,ac  literas  patentes  desuper  tibi  concedere  ,ac  alias 
tibi  desuper  uportune  provitlere  dignaremur.  Nos  ad  per- 
sona n  tuam  mi  lis  virtutibus  insignitam  debiium  respectum 
habentes  tuis  in  hac  parte  supplicationibus  inclinati  de 
mandato  Sanctissimi  Domini  Nostri  PP.  vive  vocis  oiaculo 
super  hi>c  nobis  facto  ,  et  auctoritate  nostri  Camevariatus 
«fficii ,  ac   ex  decreto  desuper  in  Camera  Apostolica  facto 

*  *  * 


XVIII 

f  redictas  Litteras  òmnl  qua  decuit  rtvffrentia  admittcrt. , 
et  illas  in  libvis  Camere  Apostolicc  registrali  mandante» 
prò  illarum  debita  executione  Reverendo  Domino  Vice  Le- 
gato Gallie  Cispadane,  et  Antianis  ,  et  Comunitati  Ci  vitatis 
Placentie  ,  ccterisque  ad  quos  spectat  ,  et  spectarc  poterit 
in  futurum ,  et  cui,  seu  quibus  preinserte  littore  ,  ac  pa- 
tentes  nostre  exhibite,  et  presentate  fuerint  harum  serie 
rnandamus  ,  quatenus  te,  vel  procuratorem  tuum  in  possea» 
eionc  dicti  Passus  cum  illius  exercitio  juxta  rurmam  dieta- 
rum  preinsertarum  Litterarum  inducant,  et  admittant  j  in- 
ductumque  ,  et  admissum  manuteneant,  et  delcndant  ,  ipso^ 
que  Passu  ,  et  illius  fructibus  paciiìcc  f rui ,  et  gaudere  per- 
mittant ,  et  quovis  modo  te  ,  vel  prò  te  agentes  non  impc- 
diant  ,  nec  molestent  sub  excomunicationis ,  et  aliis  nostri 
arbitrii  penis  ,  et  nihilominus  irritum  decern.,  et  inane 
quicquid  in  contrarium  contigcrit  attcmptari  in  contrarium 
facien.  non  obstan    quibuscumque  . 

Datum  Rome  in  Camera  Apostolica  die  p.Mensis  Maii  iJjS. 
Pontiiioatus  nostri  Anno  quarto. 

Tanto  poi  è  vero,  Ciie  questi  Documenti  èrano 
a  noi,  e  a  tutti  i  nostri  Biografi  affatto  ignoti, 
che  il  diligentissimo,  e  dottissimo  nostro  Prop. 
Gori  nelle  sue  Note  alla  Vita  del  Buonarroti  scrit- 
ta dal  Condivi,  pag.  115.  ci  rammentai  dei  sud- 
detti il  primo  da  esso  ritrovato  tra  gli  scritti  del 
Sen.  Filippo  Buonarroti,  ma  non  lo  riporta,  co- 
me avrebbe  desiderato,  perchè  soltanto  il  trovò 
indicato. 


e 


INDICE 

degli  Articoli  di  questo  Trattato. 

J_'ell*  Tnvenzìone ^  prima  parte  della  Pittura,     pag.  8 
Delhi  Proporz  une  ,  seconda  parte  .  ivi 

Del  Colore ,  ovvero  applicazione  de  Chiari ,  e  degli 

Scurii  terza  parte.  g 

De'  Movimenti  y  ovvero  delC  Espressione  delle  passio 

ni  ,  quarta  parte.  IO 

Della  Prospettiva  ,   ovvero  Positura    regolare   delle 

Figure^  quinta  parte.  l3 

JEsame  del  Giudizio  di  Paride  y  disegnato  da  Raj^ael- 

/(> ,  e  meS'^o  in  stampa,  17 

JEsame  della  Strage  degC  Innocenti ,  disegnata  da  RaJ*- 

f-^ello,  e  messa  in  stampa.  34 

JEsame  ddla  Deposizione  di  Croce  di  N.  S.  dipinta 

da  Raffaello  ,  e  messa  in  stampa .  3*J 

Esplicazione  del  Costume  y  principio  jhndamentale  ,  e 

universale  per  tutte  le  Parti  ddla  Pittura  .  39 

Esame  del  Giudizio  Universale  della  Fine  del  Jilondo , 

dipinto  da  Michelag  nolo ,  e  che  si  vede  in  ist'^mpa .  5 1 
Ripresa  delV  Esame  della   Deposizione  di  Croce  di 

N.  S  Si 

Ingegnosa  rappresentazione  d'  un  gran  Ciclope  in  un 

piccol  luogo ,  dipinto  da  Timante ,  Pittore  Antico .  63 
Imitazione  del    medesimo  suggetto  dipinto  da  Giulio 

Romano  y  Pittore  ]\loderno.  64 

Esame  del  Ginnasio  y  ovvero  Accademia  de*  Filosofi 

d'  Atene ,  dipinta  da  Raffaello ,  e  che  vedesi  in 

istampa .  6t 


XX 


SPIEGAZIONE 

di  alcune  voci  tralasciate  dal  Salvlni 

Paff.  21-  1-  7^  sur  un  remo 

1.  i5.  elevato  e  a  pendio 

1.  i5.  e  di  sottoposto  piano 

1.  i3.  tra  gli  Studi 

1.  3-  un   mascalzone 


Pag.  iiS 
Pa2.  3i 


Pag.  5i 

Pag.  •34 

^ 1.  3i.  Tumore  burbero 


XXI 

A    MONSIGNORE  ,    MONSIGNOR 

LO   DUCA   D'  ORLEANS 

Fratello  unico  di  sua  maestà^. 


Monsignore . 


/ 


o  ho  creduto  ,  che  saria  cosa  forte  aggradevole  , 
e  medesimamente  in  alcuna  maniera  gloriosa  a 
Vostra  Altezza  Reale  ,  d'  avere  al  seguito  di  sua 
Corte  la  Reina  di  tutte  l'Arti .  Ciò  è  la  Pittura  , 
Monsignore  ,  la  quale  Voi  non  ignorate  ,  che  i 
secoli  pia  illuminati  dell'  antichità  hanno  rispet- 
tata ,  come  una  delle  lor  Dee ,  ma  che  la  barbarie 
de'  tempi  ^  che  sono  seguiti  a  quelli,  avea  quasi 
appressata  sotto  le  nane  della  maggior  parte  delle 
belle  cose .  Questa  Reina  dell'Arti,  Monsignore, 
riviene  nientedimeno  al  giorno  d'  oggi  in  Francia 
colla  Pace ,  che  pia  altre  vertudi  hanno  costume 
d'  accompagnare,  come  sue  figlie  veraci.  Di  tutte 
quelle  ,  eh'  ella  viene  ad  allevare  pia  affezionata- 
mente che  mai  in  questo  Reame,  io  non  dubito  pun- 
to, che  la  Pittura  non  sia  la  meglio  ricevuta  dal 
Re ,  se  ella  ha  V  onore  di  lid  essere  presentata 
dalla  mano  di  suo  fratello  unico  .  L' inclinazion 
naturale ,  che  Vostra   Altezza  Reale   ha    sem.pre 


kxn 

a^niia  per  le  cose  eccellenti  ,fa  sperare  a  questa , 
Monsignore  ,  eh'  ella  sarà  onorata  della  possente 
protezione  ,  eh'  ella  osa  dimandargli ,  e  con  que-' 
sto  glorioso  avvantaggio  ,  non  vi  ha  cosa  sì  gran^ 
de ,  che  non  possa  attendere  per  lei  in  un  rispetto 
profondissimo , 


Monsignore 


Di  Vostra  Altezza  Real^ 


L  umilissimo,  ubbidientissìmn  y  e  ftdclistinjo  servitore 
De  Chambray  . 


E' 


xxm 
PREFAZIONE. 


non  vi  ha  quasi  persona,  che  non  abbia  qualche 
inclinazione  per  la  Pittura,  e  che  non  pretenda  rae- 
desimaraente  avere  un  giudicamento  naturale,  e  un 
senso  comune,  capevoli  di  sindacare  le  Opere,  ch'ella 
produce.  Perchè  non  solamente  le  genti  di  lettere,  e 
di  condizione,  che  sono  vensimilmente  sempre  le  piìi 
ragionevoli,  si  piccano  d'intendersene;  ma  ancora  il 
volgo  s'intraraette  di  dirne  suo  sentimento,  talché 
e' pare ,  ch'ella  sia  in  qualche  guisa  il  mestiere  d'o- 
gnuno. 

Questa  presunzione  non  è  mica  un  vizio  particulare 
de'Franzesi,  o  del  nostro  Secolo.  Egli  è  così  vecchio, 
com©  la  Pittura  ,  ed  è  nato  con  essa  nelta  Grecia  . 
L'  uomo  lo  può  giudicare  da  ciò,  che  Plinio  ha  notato 
d'Apelle,  ch'egli  era  accostumato,  avanti  di  dare 
l'ultima  mano  alle  sue  Tavole,  di  esporle  publicamen- 
te  alla  censura  di  tutti  que'che  passavano,  e  si  teneva 
in  questo  mentre  di  dietro  nascoso,  per  ascoltare  ciò, 
che  essi  ne  dicevano,  e  per  farne  suo  profìtto .  Donde 
è  venuto  il  Proverbio  , -.!4peZ/e5  post  Tabulam  . 

La  piìi  parte  de'  Pittori  mantengono  ancora  in  oggi 
qualche  resticciuolo,  o  almanco  una  non  so  quale  ap- 
parenza di  questa  specie  di  studio  ,  che  essi  hanno 
nientedimeno  convertita  in  una  maniera  di  complimen- 
to. Perciocché  pregano  d'erdinario  coloro,  che  hanno 
la  curiosità  di  vedere  loro  Opere,  di  volére  dir  loro 
ciò,  che  ne  pensano  ,  e  s'  e'  vi  osservano  qualche  cosa  , 
che  bisogno  abbia  d'  esser  corretta .  Ma  come  i  com- 
plimenti non  sono  che  parole  sterili  ,  e  vane,  così  non 
producono  ordinariamente  alcuno  effetto  in  queste  oc- 
casioni,  e  a  dir  vero,  questi  Pittori  sarebbero  giusta- 
mente gastigati ,  se  alcuno  prendesse  la  libertà  di  ren- 
der loro  effettivamente  il  buono  uficio  ,  eh'  e'  fingono 
di  dimandargli,  e  che  in  luogo  de' compiacimenti  or- 
dinar] ,  co' quali  s'  usa  di  adulargli ,  discoprisse  loro  na- 


XXIV 

liiralmente  qualche  notabili  negligenze  nelle  lor  Ta- 
vole. Perchè  ben  bingi  il.i  jìieiidere  in  buona  pane 
quota  istruzione,  e  di  saperne  grado  a  lor  cen^o^e, 
s'offenderebbero  senza  dubbio  di  sna  franchezza-^  e 
farebbe  loro  assicuratamente  [)iìi  confusione,  che  non 
renderebbe  servizio;  j>erciucchè  essi  non  cercano  tan- 
to,d' essere  valenti,  quanto  desiderano  di  parerlo.  Il 
tempo  d'Apelles  non  è  più,  i  Pittori  d'oggidì, son  ben  al- 
tri ,  che  qiie'  vecchi  Maestri ,  che  non  si  rendevano  con- 
siderabili in  Ifr  pVofcssione,  che  per  lo  studio  della 
Geometria  .  della  Prosptjttiva  ,  dell'  Anatomia  de' cor- 
pi •,  per  l'osservazione  continua  de' caratteri ,  che  espri- 
mono le  passioni,  e  i  movimenti  dello  spirito;  pei  la 
lettura  de' poeti,  e  degli  storici,  e  in  fine  jier  una  ri- 
cerca assidila  d;  tutte  le  cose,  che  potevano  .servire  a 
loro  insegnamento  . 

Si  rendevano  similmente  assai  docili  per  sottomette- 
re le  loro  Opere  <illa  critica,  non  solamente  de' Filo- 
sofi ,  e  de  Letterati  ,  ma  àncora  del  còmun  j)opoio,  e 
degli  artigiani  di  tutti  i  me-t;eri,  che  facevano  loro 
qualche  vdlta  d'a.ssai  giudiciose  correzioni. 

Questo  cammino  era  veramente  un  po' lungo;  ed  è 
apparentemente  inaccessibile  a  una  buona  parte  de  Pit- 
tori del  nostro Secoio,  che  non  hanno  il  medesimo  ge- 
nio di  quegl  illustri  Antichi ,  né  il  medesimo  oggetto 
nel  loro  lavoro. 

In  effetto  que'  primi  si  proponevano  avanti  tutte 
cose  la  belTa  gloria  ,  e  l' immortalità  di  lor  nome,  per 
principal  ricom[iensa  di  loro  Fatture  ;  dove  che  presso 
che  tutti  i  moderni  non  rigu|irdano  ad  altro,  che 
all'utilità  presente.  Di  qui  è  che  e' tengono  una  strada 
ben  differente,  e  si  provano  quanto  è  lor  possibile, 
d'arrivare  al  fine,  che  si  sono  unicamente  proposto. 

A  questo  effetto  hanno  introdotto  per  loro  cabala 
non  so  qi.al  Pittura,  per  così  dire,  libertina,  e  intera- 
mente disimpegnata  da  tutte  le  suggezioni ,  che  ren- 
devano quest'Arte  altre  volte  sì  ammirabile,  e  sìdiflì- 


XXV 

ci^e  ;  e  loro  incapacità  ha  fatto  lor  credere  ,  che  que- 
sta *ittura  degli  Antichi  era  una  vecchia  malinconica  , 
difficile  a'  contentare,  che  non  aveva  che  schiavi  al 
suo  servizio. 

Sotto  i[iie  to  pretesto  si  sono  fatti  una  novella  Pa- 
drona ,  civetta  ,  e  fra?ca,  che  non  dimanda  loro,  che 
del  liscio,  e  de'cftlori  per  piacere  al  primo  incontro, 
senza  darsi  pensièro  s'ella  piacerà  lungo  tempo. 

Ecco  r  Idolo  del  temj)o  presente,  a  cui  il  popolac- 
cio de'  nostri*  Pittori  sacrifica  ogni  sua  fatica  ;  ma  quei 
eh'  hanno  dello  «])irito,  e  che  si  sentono  capaci  di  que- 
sta eccellente  Professione,  prendono  generosamente  la 
medesima  strada,  per  la  quale  que  famosi  Antichi  ar- 
rivarono alla  perftzione  dell' Arte  ,  e  lassando  ben  lun- 
gi dietro  a  loro  questi  dappochi  ignoranti,  dicono  con 
altrettanto  di  compassione  ,  che  di  m\i,\neg\o  Auloedus 
£it  qui  ciihiXroedLi.<  e^^e  non  possit\  e  hanno  pietà  di 
colv>'o  ,  a' qcali  la  natura  non  avendo  donato  lo  spirito 
necessario  per  poter.-i  elevare  fino  al'e  cognizioni  origi- 
nali dell'Arte,  son  forzati  per  loro  impotenza,  di  di- 
morare in  una  semplice  pratica  di  fare  meccanicamen- 
te le  cose  co^ì ,  come  e'  1'  hanno  apprese  da'  loro  poco 
illuminati  Maestri . 

Ma  come  vi  pensate  voi ,  che  disprezzino  quest'ani- 
me vili,  alle  quali  lo  studio  fa  tanta  paura,  che  per 
fuggirne  i!  travaglio,  amano  meglio  gettarsi  a  traverso 
nel  partito  storto  de' Cabalisti ,  e  prendere  con  esso 
loro  la  maschera  dell'apparenza,  che  darsi  pena  per 
acquistare,  e  possedere  con  l'effetto  la  cosa  medesi- 
ma, di  cui  esse  affettano  ingiustamente  la  stima? 

Che  cosa  è  divenuta  ora  la  gloria,  della  quale  que- 
gli antichi  Greci,  i  più  begl' Ingegni  del  mondo,  ave- 
vano coronata  la  Pittura,  nello  stabilirla  regina  di  tut- 
te l'Arti, e  non  permettendo  che  a'nobili,  e  a' galan- 
tuomini di  seguirla?  Quale  stima  farebbero  essi  del  no- 
stro Secolo,  in  cui  ella  è  stata  così  indegnamente  ab- 
bandonata nelle  mani  di  questi  animi  babsi ,  che  la  di- 


XXVI 

«onorano  tuttodì  per  lo  dispregio ,  eh*  e'  fanno  delle 
sue  leggi,  e  che  per  via  d'un  attentato  il  più  olfrag- 
giante ,  eh  esser  possa,  danno  il  suo  nome  a  questo 
Idolo  fantastico,  che  essi  hanno  eretto  in  suo  luogo. 
Con  quale  indignazione  puossi  giudicare ,  che  i  veri 
Pittori  considerino  la  temerità  di  questi  insolenti  riva- 
li,  eh' e  veggono  godere  con  vantaggio  del  tempo  pre- 
gente ,  pét'^  cai)riccio  della  fortuna  ,  e  al  favore  dell'  i- 
gnoranza  del  lor  Secolo? 

Quanto  a  me ,  io  ne  sono  affatto  piccato  per  loro,  o 
benché  io  sappia,  che  non  vi  ha  niente  di  men  dura- 
bile, né  di  più  caduco,  che  la  falsa  stima,  non  lascio 
però  d'esser  toccato  d'una  grande  im()azienza  di  vq.- 
der  ben  tosto  la  fine  d'un  abuso  sì  odioso , e  sì  rimpro- 
verabile al  nostro  tempo,  che  è  per  altro  straordina- 
riamente fiorito  per  le  Lettere,  e  per  tutte  le  altre 
Arti,  che  si  sono  mantenute,  e  perfezionate  più  che 
mai,  ma'grado  di  queste  guerre  importune  ,  che  le  han- 
no Incessantemente  combattute  da  tanti  anni  in  qua. 
La  Pittura  medesima,  del  cui  abbassamento  ci  dolghia- 
nio,e  che  sembra  non  esser  nata  che  per  la  pace,  noa 
e  stata  forse  giammai  in  più  alta  stima  per  me'  noi , 
«ò  più  ricercata  ,  che  adesso  ;  e  questo  potria  bene 
essere  in  parte  la  causa  di  sua  corruzione.  Perchè, 
come  le  Arti  si  nodriscono  dell'onore,  che  si  rende 
agli  eccellenti  Artefici,  similmente  un  amor  cieco, 
e  una  adulazione  indiscreta,  e  troppo  generale,  le 
guasta . 

Bisognerebbe  adunque  necessariamente  ,  per  ridarle 
il  suo  antico  lustro,  e  renderle  sua  purità  origina- 
le, richiamare  altresì  quella  primiera  severità,  colla 
quale  si  esaminavano  l  parti  di  que' grandi  Pittori,  che 
l'antichità  ha  stimati,  e  di  cui  l'Opere  hanno  soprav- 
vissuto tanti  secoli  a'  loro  Autori ,  e  renduti  i  loro  no- 
mi immortali . 

Per  arrivare  a  questo  seirno ,  non  vi  è  certamente 
sdtra  via,  cUe  l'esatta  osservazione  di  tutti  i  priacip) 


XXVII 

fondamentali,  ne' quali  consiste  sua  perfezione,  e  sen- 
za i  quali  è  imjìossibile  ,  ch'ella  sussista. 

Ma  perciocché  il  dispregio ,  che  se  n'  è  fatto  da  si 
luntro  tempo  in  qua  ne  a?ea  bandita  l'intelligenza  ,  e 
perchè  questo  è  un  gran  danno  per  coloro,  che  sono 
curiosi  della  Pittura-,  perciocché,  senza  questo  aiuto 
non  ne  possono  godere  con  tutta  la  satisfazione,  che 
darebbe  loro  una  cognizione  bene  schiarita;  io  ne  ho 
fatta  qui  per  loro  una  ricerca  particulare,  affine  che 
avendo  in  questa  Dissertazione  la  medesima  Bussola , 
di  cui  gli  Antichi  servivansi  per  lor  condotta  ,  e'  pos- 
sano tenere  il  medesimo  cammino,  e  vedere  a  fondo  le 
medesime  cose,  delle  qi  ali  non  avriano  certamente  avuto 
mai  senza  essa  ,  che  un  lume  superficiale,  e  imperfetto. 

Ora  come  io  so,  ch'egli  è  estremamente  difficile  di 
disingannare  gì' intelletti  j  che  son  di  già  prevenuti 
d'un  abuso  corrente,  e  invecchiato,  che  ha  similmen- 
te per  pretesto  una  libertà  speciosa  ;  io  non*  ho  credu- 
to, che  fosse  assai  il  dire  le  cose,  e  provarle  per  puri 
ra«' 
sei 
ni  autentiche 

A  questo  fine,  ne  ho  trasceltì  alcuni  fra  l'Opere 
de' nostri  Pittori  piìi  celebri,  su  i  quali  avendo  fatta 
l'applicazione  di  tutti  i  principi,  che  io  metto  innan- 
zi, non  resta  piiì  alcun  modo  di  dubitare  di  lor  verità. 

E  a  fine  di  conoscere  meglio,  e  d'una  maniera  più 
generale  i  buoni ,  e  i  malvagi  effetti-,  che  ne  risultano, 
allorachè  si  sono  osservati ,  o  trascurati  tali  principi , 
io  ne  propongo  di  più  sorte  differenti. 

Raffaello  d'Urbino^  il  più  perfetto  Pittore  de' mo- 
derni, e  il  più  universalmente  riconosciuto  per  tale^ 
per  quelli  della  Professione ,  è  colui,  le  cui  Opere  mi 
serviranno  a  far  vedere  per  dimostrazione  la  necessità 
assoluta  dell'  osservazione  esatta  di  tutti  i  principj,  che 
io  stabilisco  in  questo  Trattato;  e  tutt' al  contrario, 
Micheiaguolo ,  più  grande  in  reputasionC}  ma  molto 


O,  cne  rosse  assai  ii  uire  le  cose,  e  provane  per  puri 
agionamenti,  se  io  non  ne  faceva  ancora  vedere  più 
ensibilmente  l'importanza  per  esempj,e  dimostrazio- 


XXVIII 

minore  in  merito  dì  Raffaello,  ci  fornirà  pienamente 
nelle  sue  stravaganti  composizioni  ,  della  materia  pro- 
pria a  discoprire  V  ignoranza  ,  e  la  temeritii  de' Liber- 
tini,  che  calpestando  tutte  le  regole  dell'  Arte,  non 
seguono  altre,  che  quelle  decloro  capricci. 

In  fpie^ta  parte  particolarmente  il  lettore  disinteres- 
sato potrà  trovare  la  mia  critica  più  aggradevole.  Ma 
per  averne  il  piacere  intiero  sarà  bene  di  tenrre  nel 
medesimo  tempo  davanti  a  se  le  Stampe  di  Kaffae  lo, 
che  io  esam-no,  e  che  io  propongo,  come  Opere  rego- 
lari,  e  conformi  a'miei  principi.  Queste  sonoi  Disegni 
dei  Giudizio  di  Paris  :  della  Strage  degl'Innocenti,  e 
della  Deposizione  di  N.  S.  Queste  tre  prime  Stampe  fu- 
rono intagliate  da  Marcantonio,  e  sono  rare  ,  e  curiose. 

La  quarta  è  un  molto  nobile  Componimento  ,  che  si 
chiama  ordinariamente  la  Scuola  d'Atene.  L'intaglio 
non  è  di  sLbuona  mano,  come  quello  delle  preceden- 
ti; ma  la  disposizione  delle  figure  è  altresì  e  più  gran- 
de ,  e  più  magnifica. 

Quanto  aMichelau^nolo,  basta  avere  di  suo  la  rap- 
presentazione del  Giudizio  Universale,  che  l'ha  reso 
sì  famoso  tra  la  gente.  Qaest  Opera  è  forse  il  più  nu- 
meroso mucchio  di  figure  una  sopra  l'altra,  che  sia 
giammai  stato  dipinto.  È  ancora ,  secondo  il  mio  avvi- 
so, il  più  amjìio  suggetto,che  si  possa  presentare  per 
disingannare  coloro,  a' quali  il  nome  di  quel  Pittore 
è  in  sì  gran  venerazione,  che  tutto  ciò,  che  vien  da 
lui,  lor  sembra  ammirabile  per  una  preoccupazione 
d'intelletto  sì  strana,  che  e'  preferiscono  l'abuso  cor- 
rente alla  ragion  medesima  ,  e  non  osano  esaminare 
con  giustizFa  ,  ciò  che  essi  stimaHO  senz' essa  .  Quanta 
me,  io  non  sono  sì  cieco,  né  sì  scrupuloso  ,  non  aven- 
do altro  scopo,  che  quello  di  discoprire  la  verità. 

Spero,  che  la  ricerca,  che  io    n'  ho  fatta  in  questo 
Discorso  ,  sarà  ben  ricevuta  da'  veri  amatori  della  Pit- 
tura ;  e  quanto  s'aspetta  all'approvazione  de' Cabali-, 
titi,  io  interamente  la  sprezzo. 


XXIX 

AVVERTIMENTO  AL  LETTORE. 


u. 


n  de  mìei  amici,  che  aveva  avuta  la  curiosità  di 
vedere  ^jaesto  Tfattaio  della  Pittura  dal  tempo  ,  che  io  vi 
faticava  ancora  ,  sapendo  dipoi,  che  io  lo  voleva  mettere  in 
luce,  e  che  simil'vente  il  mio  disegno  era  d'  esporlo princi- 
palmeate  agli  oc>.hi  della  Corte;  m  ha  avvertito,  che  nel 
mio  Discorso  i  mi  serviva  d'  alcuni  termini  Italiani , 
de^  quali  l  intelligenza  sarebbe  senza  dubbio  ben  difficile 
a  più  persone,  che  non  hanno  fuso  di  cjuesta  lingua,  e  che 
e'  bi:<ognava  evitare  quanto  V  uomo  pub,  d' imbarazzare 
l'ingegno  del  IjCttore .  Questo  consiglio,  che  tn  è  seni- 
brato  giudicioso,  e  molto  ragionevole ,  m'ha  nientedi- 
meno cagionato  assai  di  pena  ,  'wn  trovando  altre  paro^ 
le  puramente  Franzesi  ,  che  avessero  espressioni  così 
forti',  come  quelle  di  questi  barbarismi,  che  l'uso  ha 
come  naturalizzati  fra  Pittori.  Io  mi  sorto  adunque  con- 
tentato di  troncarne  una  parte  de^  meno  necessarj  ;  ma 
quanto  agli  altri,  che  sono  i  proprj  termini  dell'Arte, 
ho  creduto  eh'  e'  dovesse  bastare  d'  esplicarli  qui,  a  fine 
^d*  istruirne  coloro,  che  hanno  amore  alla  Pittura,  e  che 
ne  vorranno  parlare  come  dotti  con  que  della  Professione. 

Stampa . 

//  piit  osservàbile ,  secondo  il  mio  avviso,  perciocché  e- 
gii  è  il  più  ordinario  in  questo  Discorso ,  e  che  serve  me- 
desimamente di  titolo  a  wa  parte  delle  Sezioni  di  questo 
Trattato,  è  la  parola  Stampa.  Non  vi  ha  disegnatore  f 
ne  curioso  di  tale  artifizio,  che  non  sappia,  che  è  un  di- 
Segno  incavato ,  ed  impresso  quello,  che  il  popolo i  e  tutti 


XaX 

i  mercanti  appellano  comunemente  Intagli  dolci ,  ovvero 
Ini-nagini;  ma  e' vi  ha  questa  differenza  nondimeno^  che 
le  Stampe  son  case  più  <^onside'abili  ^  e  Disegni  di  rispet- 
to .  Se  ne  trovano  di  più  maniere  ,  /'  une  incavate  in  rame 
col  bulino,  ovvero  coli' acqua  Jorte y  e  l'  altre  intagliate 
in  legno.  Di  tutte  tre  queste  maniere  vedonsene  d'Al- 
berto Duro  Pittore  Alemanno ,  che  è  stato  un  eccellen- 
tissimo Intagliatore  di  Stampe.  L'origine  della  parola 
Estampe  viene  dall'  Italiano  Stampare,  che  significa 
imprimere. 

Tramontani. 

Io  mi  servo  altresì  del  termine  di  Tramontani  in  par- 
landò  d'Alberto  Duro,  che  io  dico  essere  stato  il  più 
gran  Maestro  de'  Tramo  itani.  GT  Italiani  appellano  così 
quasi  tutti  i  Pittori  stranieri ,  ma  particularmente  quelli 
d'  Alemagna  ,  e  di  Fiandra  ,  che  abitano  i  paesi  del  Set" 
tentrione  ;  perciocché  il  vento  del  None  ,  che  vien  loro 
da  que'  quartieri,  che  ho  detto y  si  noma  in  lingua  Ita* 
liana  la  Tramontana . 

Allievo. 

Questa  voce  Allievo  è  particularmente  Usata  per  voler 
dire  gli  Scolari ,  ovvero  discepoli  de'  Pittori  famosi  ; 
tome  Ra^aello  ha  avuto  per  Allievo  Giulio  Romano; 
Annibale  Caracci  ha  avuto  Guido  y  Domenichino ,  e  pia. 
altri.  La  voce  Italiana  è  Allievo,  e  similmente  in Fran- 
zese  si  dice  assai  per  ordinario,  che  un  giovane  uomo 
sia  stato  bene  allevato ,  per  dire  eh'  eg'li  è  stato  bene 
instrutto . 

Schizzo. 

Questo  termine  è  ancora  tutto  Italiano,  benché  e* sia 
presentemente  molto  intelligibile  in  Franzese  .  Ciò  e  come 
un  primo,  e  leggiero  sbozzo  di  qualche  opera t  che  ari" 
Cora  si  medita . 


KXXI 

Attitudine . 

Ho  impiegato  in  alcuni  luoghi  dì  questo  discorso  il 
nome  d'Altitudine  f  benché  noi  abbiamo  le  parole  d'  A' 
zione  i  e  di  Positura  ,  che  sono  in  qualche  guisa  la  stes' 
ia  cosa.  Ma  contuttociò  in  certe  occasioni  sembra y  che 
il  termine  d' Attitudine  sia  piÌL  espressivo  ^  perchè  oltre 
eh'  egli  è  più  generale  j  significa  meglio  ancora,  e  pia 
nobilmente  molte  cose  ,  che  non  farebbe  quello  di  Posi- 
tura ,  o  quello  di  Azione  :  per  esemplo  ,  la  voce  ti'  Azio- 
ne non  converrebbe  a  un  corpo  morto  ,  che  non  ha  pia 
azione,  e  bisognerà  dire  altresì  C attitudine  d*  un  corpo 
morto,  piiL  tosto,  che  la  positura  d'uri  corpo  morto; 
perciocché  questo  termine  è  troppo  grossolano  ,  e  non 
sarebbe  similmente  parlare  da  Pittore  il  di' e  :  Questa. 
figura  è  in  una  bella  positura  ;  bisogna  dire  :  Questa  fi- 
gura è  in  una  bella  attitudine. 

Pellegrino. 

Quest*  è  un  termine,  di  cui  gC Italiani  si  servono  or- 
dinariamente per  esprimere  una  cosa  rara  ,  eccellente ,  e 
singolare  ;  ma  e'  /'  applicano  particolarmente  all'  inge- 
gno, e  dicono  Ingegno  pellegrino. 

Non  credo,  che  si  trovi  alcuna  cosa  olir  a  questa, 
che  meriti  d' essere  esplicata  di  vantaggio',  e  sarebbe  una 
specie  di  pedanteria  il  chiosare  così  per  tutto.  Finirò 
dunque  tutto  questo  con  una  osservazione  ,  che  mi  sembra 
la  più  importante.  Questa  è  una  obiezione, che  più  persone 
m'  hanno  fatto  di  subito ,  circa  la  reputazione  di  Michel- 
agnolo  ,  alla  quale  non  istimavano ,  che  io  dovessi  dare 
una  stretta  così  ardita.  Ma  avendogli  obbligati,  per 
lor  propria  satisfazione  a  fare  da  se  medesimi  l'esame 
non  solamente  dell'  Opera  proposta  da  me  in  questa  Dis' 
sertazione ,  ma  ancora  di  diversi  altri  Pezzi  della  me- 
desima mano,  che  io  loro  ho  presentati,  sono  infine 
restati  d*  accordo ,  che  io  aveva  ragione  di  farne  il  g  iu- 


XXXII 

dizio  che  io  ho  fatto  ;  e  sì  stupiscono  aiesso  quanto 
me,  d'un  ithu-^o  sì  utiver<ale ,  e  .Cuna  riputazione  sì 
stravagante  ,  che  certanente  non.  ha  potuto  venire^  che 
dalla  cabala  d' ingegni  malfarli ,  cwiìe  quello  Ai  Michel- 
ag  ola  y  i  quali  son  se-npre  in  b^n  più  gran  numero  ^  che 
gli  altri  ;  e  questo  è  qu^'llo,  che  ha  dato  luog<>  al  pro- 
verbio Asinus  asino  piilcher  ,  jL>ert/ie  ciascuno  si  conipia» 
ce  naturalmente  di  vedere  il  suo  simile. 


IDEA 

DELLA     PERFEZIONE 

DELLA    PITTURA. 

Jlj  una  questione  assai  curiosa  a  sapere  ,  perche 
la  Pittura  sia  tanto  decaduta  dall'alta  perfezio- 
ne ,  ov'  eli'  era  altre  volte  ;  e  donde  viene, 
eh'  e'  pare  in  ogc^i ,  a  vedere  i  fievoli  sforzi  di 
sue  fatture,  in  compaiazione  degli  ammirabili 
lavorìi  dell'antichità,  che  non  ce  ne  resti  più, 
che  l'ombra,  e  per  cosi  dire  la  fantasima. 

Quanto  a  me,  io  non  dubito  punto,  che  la 
principal  causa  di  suo  cadimento  non  sia  il  di- 
spregio, che  se  n' è  fitto,  durante  l' ignoranza,  e 
la  barbarie  de'  regni  del  basso  Impero,  che  l'han- 
no talmente  imbastardita,  e  degradata  dalla  sua 
antica  nobiltà,  che  in  luogo  d'uno  de' primi  luo- 
ghi, eh' ella  teneva  tra  le  Scienze,  ella  è  ora  ri- 
dotta fra  i  mestieri  più  vulgari .  11  che  fa  ben 
vedere  il  calare  degl'ingegni  negli  ultimi  secoli, 
ne' quali  le  rare  invenzioni,  e  i  lumi  di  quest'Ar- 
te divina,  cessando  d'essere  fomentati,  sonosi 
quasi  estinti. 

Nientedimeno  il  buon  Genio,  che  presiede 
sulle  belle  cose,  per  una  certa  providenza  della 
Natura  ci  ha  sempre  conservati  uomini  eccellen- 
ti,  ch'egli  ha  fatti  nascere  di  tempo  in  tempo, 
per  mantenerne  come  la  semenza  ;  ma  nella  stessa 
maniera  appunto,  che  gli  arbori,  e  similmente  i 
corpi  più  perfetti ,  non  forniscono  di  formarsi  , 
che  con  un  lungo  seguito  d' anni ,  dopo  '1  quale  si 


possono  ancora  distruggere  quasi  che  in  un  istan- 
te, senz.i  eh' e* possano  essere  ristabiliti, che  per 
lo  tempo  medesimo,  che  gli  avea  di  già  fatti; 
il  medesimo  ne  segue  in  queste  eccellenti  pro- 
duzioni d'ingegno,  le  quali  essendosi  una  volta 
perdute  per  la  negligenza,  o  dimorando  oppres- 
se sotto  la  tirannia  de' malvagi  regni,  non  si  ri- 
scuoprono ,  che  con  una  lunga,  e  penosissima 
ricerca.  Ed  è  un  prodigio,  che  nel  secolo  di 
Lionardo  da  Vinci,  e  di  RatFaello,  (che  sono  il 
Protogene,  e  l'Apelle  de' pittori  moderni)  si  sia 
veduto  rinascere  la  Pittura  con  tanto  di  forza, 
e  rifiorire  in  sì  poco  tempo;  perciocché  ella  non 
è  di  queste  x\rti  semplici,  che  il  caso  ci  appre- 
senta  qualche  volta  senza  cercarle;  e  che  sono 
secondo  la  portata  d'ogni  sorta  di  spiriti,  non 
facendo  di  bisogno  d'alcun  talento  naturale,  né 
d'alcuno  studio  per  apprenderle. 

Non  vi  ha  forse  cosa  d'ingegnoso  tra  gli  uo- 
mini, di  cui  la  conoscenza  sia  più  Sublime,  e 
la  perfezione  più  difficile  ad  arrivarsi,  che  quel- 
la della  Pittura  ,  che  è  il  più  nobile  parto,  di  cui 
l'ingegno  umano  possa  far  mostra.  Ed  è  un  abu- 
so insopportabile  abbassarla  ad  essere  una  dell' 
Arti  meccaniche,  poiché  ella  é  fondata  sur  una 
scienza  dimostrativa,  molto  più  chiara,  e  più 
ragionevole,  che  quella  filosofia  pedantesca,  che 
non  ci  produce,  che  questioni,  e  che  dubbj;  così 
l'uomo  halla  appellata  l'arte  di  dubbiare,  come 
una  cosa  sterile,  e  frivola;  dovecché  la  nostra 
pittura  stabilita  su  i  principj  della  Geometria  ,  fa 
nel  medesimo  tempo  una  doppia  dimostrazione 
di  ciò,  che  ella  rappresenta.  Ma  e' bisogna  avere 


s 

due  sorte  d'occhi  per  sapere  godere  veramente 
di  sua  bellezza  i  poiché  l'occhio  dell' intendi- 
mento è  il  primiero,  e'I  principal  giudice  delle 
sue  opere. 

'  Sarebbe  dunque  necessario  ,  al  mio  avviso,  per 
ridonarle  la  sua  primiera  dignità  di  far  conosce- 
re per  ragioni  forti,  e  convincenti ,  ch'ella  è  sem- 
pre egualmente  degna  della  medesima  gloria, 
eh'  ella  possedeva  altre  fiate  tra'  Greci ,  i  più 
be'Geuj,  che  la  natura  abbia  formato  giammai; 
e  che  il  vergognoso  abbandonamento,  ove  ella  è 
stata  dappoi,  non  ha  potuto  venire,  che  dalla  de- 
pravazione degl'  intelletti . 

Ella  ha  avuta  an^cora  questa  disgrazia  particu- 
lare,  che  tutti  gli  Scritti,  e  l'Opere  d'ammae- 
stramento, delle  quali  più  eccellenti  Pittori  del- 
l'antichità aveano  fatta  parte  al  publico  per 
l'intelligenza  di  loro  arte,  sono  stati  seppelliti, 
e  consumati  dal  tempo.  Ma  non  bisogna  mara- 
vigliarsi che  ciò  sia  accaduto  loro  più  tosto, che 
a' libri  degli  Oratori,  de' Filosofi,  degl' Istorici, 
o  d'altri  somiglianti;  poiché  a  tutti  questi  ba- 
stava d'avere  genti,  che  sapessero  scrivere,  per 
empirne  le  Biblioteche.  Ma  a' libri  de' nostri  gran 
Maestri  della  Pittura ,  bisognava  necessariamente 
trovare  copisti,  buoni  disegnatori,  e  intelligen- 
ti nella  materia,  eh' e' trascrivevano,  per  com- 
pirne anco  pochi  volumi  in  molto  tempo;  tal- 
menteché  non  vi  aveva  luogo  di  sperarne  altra 
cosa  che  quella,  che  n'è  accaduta,  a  causa  delle 
lunghe,  e  diflicilissime  figurazioni,  che  ne  do- 
veano  fare  la  principale,  e  più  essenziale  parte; 
come  si  può  giudicare  dal  Trattaco  di  Lionardo 


4  .    . 

t1a  Vinci  sulla  Pittura,  la  quale  io  ho  tradotto 
dall'originale  Italiano  in  nostra  lingua,  e  messo 
in  luce:  perche  e' mi  sarebbe  stato  impossibile- 
di  renderlo  giammai  publico  ,  senza  l'avvantag- 
gio, che  il  secolo  d'oggi  ha  sopra  gli  antichi, 
d'avere  trovato  l'intagliare  in  rame,  e  la  stampa. 

La  medesima  disgrazia  era  altresì  accaduta 
all'Architettura,  poiché  tra  tutti  i  libri  dell'an- 
tichità, non  ce  ne  resta  più  alcun  altro,  che  il 
solo  Vitruvio,  che  è  similmente  difettosissimo, 
a  cagione  del  mancamento  de' suoi  profili,  e  del- 
le dimostrazioni  lineali,  delle  quali  quell'Autore 
avea  fatto  un  libro  particulare,  che  noi  non  ab- 
biamo più,  e  che  dovea  essere  l' incoronamento 
della  sua  Opera.  Nientedimeno  noi  possiamo  di- 
re, che  i  moderni,  nel  seguire  la  sua  traccia, 
abbiano  fatto  rivivere  gloiiosamente  questa  bel- 
l'Arte. 

Si  può  dunque,  secondo  il  mio  avviso,  anche 
in  oggi  rendere  lo  stesso  servizio  alla  Pittura  ,  poi- 
ché noi  abbiamo  un  Fdostrato  per  guida  nelP  in- 
trapresa di  questo  gran  disegno.  Ma  come  l'Ar- 
chitettura è  più  materiale  in  sue  opere,  la  soTi- 
ditìi ,  che  fd  uno  de* suoi  piincipj,  le  ha  conser- 
vato questo  avvantaggio  sulla  Pittura,  che  e' so 
no  restate  in    pie  molte  di  sue  fatture,  le  quali 
suppliscono  meravigliosamente  al  difetto  de' li 
bri,  che  si  scjjì^ .perduti  ;  dove  che  la  nostra  Pit- 
tura, che  è  quasi  tutta  spirituale,  non  ha  potuto 
darci  memorie  così  durevoli .  Ella  non  ha  niente- 
dimeno  lasciato  di   riprodursi  da    due  secoli    in 
qua  con  altrettanto  di  vigore,  che  se  ella  avesse 
avuto  il  medesimo  aiuto.  E  sembra  ancora,  ch'el- 


5 
la  sia    stata   la  restauratrice  dell'Architettura, 

giacché  quasi  tutti  i  primi  Maestri ,  che  1'  hanno 
professata,  erano  gran  Pittori,  come  Bramante, 
Baldassarre  Petiucci,  Raffaello,  Giulio  Romano, 
ed  alcuni  altri.  Questo  è  venuto  fatto  per  la  for- 
za del  Disegno,  che  è  il  vero  principio,  e  la  sola 
base,  non  solamente  della  Pittura  ,  ma  che  si  può 
nomare  l'organo  ,  e  l'istrumento  universale  di 
tutte  le  Belle  Arti . 

Questa  è  stata  una  gran  felicita,  e  un  avvan- 
taggio siniTulare  por  lo  ristabilimento  di  questa 
eccellente  professione ,  che  la  sua  parte  mecca- 
nica si  sia  così  perfettamente  mantenuta,  che  io 
non  credo  certo,  che  per  questo  conto  ci  resti 
niente  a  desiderare  degli  Antichi;  al  contrario  il 
solo  uso,  che  i  Moderni  hanno  discoperto  di  di- 
pignerc  a  olio,  apporta  un  notabile  accrescimen- 
to alla  sua  pratica;  oltre  che  nel  rafHnamento 
de' colori,  nella  multiplicita  delle  differenti  spe- 
cie sono  passati  di  la  dal  necessario.  Talché  non 
e  più  questione  adesso,  se  non  di  ben  conoscere, 
in  che  poteva  consistere  il  raro  talento  de' nostri 
gran  Maestri  dell' antichità;  e  il  meraviglioso  ef- 
fetto, che  gli  Istorici  scrivono  di  loro  opere. 

Or  questo  non  è  forte  difficile  a  risolvere,  poi- 
ché col  solo  Trattato  di  Lionardo  da  Vinci  si  può 
mostrare  assai  verisimilmente  ,  che  un  Pittore, 
essendo  stato  bene  instrutto  dalla  sua  giovanez- 
za in  tutte  le  cognizioni  necessarie  a  sua  profes- 
sione, per  lo  metodo,  ch'egli  prescrive  al  primo 
capitolo  del  suo  libro,  non  può  mancare  d'esse- 
re abile  uomo;  ma  dopo  questo,  se  la  natura  lo 
favoreggia  del  genio  dell'Arte,  che  è  la  vivaci- 


6 

ta,  e  *1  capriccio  dell' invenzione  ,  e  del  talento 
della  grazia  (che  lo  studio  non  potrebbe  dare) 
bisogna  per  necessita,  ch'egli  riesca  eccellente; 
e  se  le  sue  Opere  sono  precisamente  conformi  a 
tutto  ciò,  che  è  insegnato  nel  seguito  di  questa 
Dissertazione,  se  ne  potranno  dire  le  medesime 
cose,  che  di  quelle  Opere  insigni,  e  compite  d'A- 
pelle ,  di  Zeusi ,  e  di  Parrasio. 

Nientedimeno,  comecché  il  nostro  Autore  non 
avea  dati  gli  ultimi  tratti  al  suo  libro,  che  none 
quasi  che  uno  schizzo,  o  un  progetto  d'una  più 
perfetta  composizione,  che  e' meditava,  io  no- 
terò qui  alcune  nozioni  generali,  ed  alcune  os- 
servazioni ,  che  ho  fatte  per  supplire  a  ciò,  che 
io  vi  trovo  da  desiderare  . 

Suppongo  adunque  ,che  tutte  l'Arti  hanno  lor 
principi  fondamentali,  de' quali  la  conoscenza  è 
assolutamente  necessaria  a  coloro,  che  ne  vo- 
gliono seguire  la  professione;  e  quanto  questa  è 
eccellente  sopra  le  altre,  e  per  conseguente  an- 
cora più  difficile,  non  bisogna  sperare  di  potervi 
fare  alcun  progresso  considerabile  ,  senza  una 
perfetta  intelligenza  de' suoi  principi,  che  sono 
d'una  sublimissima  contemplazione,  principal- 
mente la  Prospettiva,  e  la  Geometria,  senza  cui 
la  Pittura  non  può  sussistere. 

Ma  perciocché  non  basta  ancora  per  formare 
un  Pittore  d'averlo  instruico  di  queste  due  parti, 
che  si  possono  acquistare  facilmente  per  lo  stu- 
dio, e  ch'egli  ha  bisogno  oltre  a  ciò  di  tre,  o 
quattro  altre  qualitadi  più  rare,  che  non  gli  po- 
trebbero venire,  che  da  un  favore  singularc  del- 
la natura:  questo  fa,  che  in  questa  professione. 


fra  un  gran  numero  d* artefici,  vi  sì  rincontrano 
tuttodì  molto  pochi  de'  veraci  Pittori  :  talché  si 
può  dire  di  loro,  come  de' poeti ,  eh' e'  bisogna 
nascer  pittore:  perchè  in  effetto  il  lor  genio  è  sì 
somigliante;  ch'egli  è  passato  in  comun  prover- 
bio, che  la  Pittura  è  una  poesia  mutola,  e  la 
Poesia  una  pittura  parlante  .  La  ragione  se  ne 
conoscerà  manifestamente  nell'  esposizione  se- 
guente de' diversi  talenti  di  spirito,  che  devono 
tutti  necessariamente  concorrere  alla  formazio- 
ne d'un  perfetto  Pletore. 

Que' famosi  Antichi,  che  portarono  la  Pittura 
al  più  alto  punto  di  sua  perfezione,  e  che  la  re- 
sero sì  ammirabile, osservavano  esattamente  nel- 
le loro  opere  cinque  parti,  che  sono  propriamen- 
te suoi  principi  fondamentali  ;  perciocché  senz'es- 
si ella  non  è,  che  un'Arte  chimerica,  e  un  sem- 
plice imbratto  di  colori .  Ma  avanti  di  darne  l'in- 
strnzione,  io  voglio  dar  l'onore  di  questa  ricerca 
a  Francesco  Giunio  Olandese  ,  che  da  venticin- 
que anni  in  qua  messe  alia  luce  un  bel  trattato 
della  Pittura  degli  antichi,  ove  tutta  l'istoria  di 
quest'Arte,  dalla  sua  nascita  fino  all'ultima  sua 
perfezione  è  eccellentemente  descritta;  e  se  non 
che  questo  libro  è  in  latino,  e  per  conseguente 
fuor  dell'uso  ordinario  de' Pittori  d'oggidì,  mi 
sarei  contentato  di  rinviarli  a  questo  autore:  ec- 
co adunque  come  ei  ne  parla  al  cominciamento 
del  terzo  libro. 

Gli  Antichi ,  dice  egli ,  osservavano  esattamen- 
te nelle  lor  Tavole  queste  cinque  parti;  l'Inven- 
zione, ovvero  l'Istoria;  la  Proporzione,  o  la  Si- 
metria;  il  Colore,  il  quale  comprende  altresì  la 


giusta  dispensazione  de*  chiari,  e  degli  scuri;  i 
Movimenti,  ove  sono  espresse  le  Azioni,  e  le  Pas- 
sioni; e  filialmente  la  Collocazione  ,  ovvero  Posi- 
tura regolare  delle  figure  in  tutta  l'opera. 

Ma,  come  questo  è  detto  in  termini  sì  gene- 
rali, ch'e'sarìa  quasi  impossibile  agli  artefici  di 
cavarne  frutto,  e  l' instruzion  necessaria  per  lor 
pratica;  io  ne  spiegherò  qui  per  ordine,  e  ben 
ampiamente  ciascheduna  parte,  affine  di  render- 
la intelligibile  per  ragioni,  e  per  esempli. 

Dell'Invenzione,  Prima  Parte. 

L'invenzione,  o  il  genio  di  storiare,  e  di  con- 
cepire una  bella  idea  sovr'il  suggetto,  che  si  vuol 
dipignere,  è  un  talento  natuiale,  che  non  s'acqui- 
sta ne  per  lo  studio,  ne  per  la  fatica;  questo  è 
propriamente  il  fuoco  d'ingegno,  il  quale  ec- 
cita l'imaginazione,  e  la  fa  operare.  Ora  come 
questa  parte  dell'invenzione  tiene  naturalmente 
il  primo  luogo  nell'ordine  delle  cose  (poiché  sa- 
rìa  cosa  inutile,  e  ridicola  a  un  Pittore,  prepa- 
rarci suoi  colori,  e  i  suoi  pennelli,  se  non  aves- 
se per  lo  innanzi  ben  risoluto  ciò  ch'e' vuole  rap- 
presentare) così  mostra  ella  più  che  alcuna  altra 
la  qualità  dell'ingegno;  s'egli  è  fecondo,  giudi- 
cioso,  e  elevato;  o  al  contrario,  s'egli  è  scerile, 
confuso,  e  basso. 

Della  Proporzione.  Seconda  Parte. 

Per  quello,  che  concerne  la  Proporzione ,  cioè 
«  dire    la  simetria,   e  corrispondenza  del  tutto 


9 

colle  sue  parti,  è  una  cosa  facile,  e  secondo  la 
portata  di  tutti  gl'intelletti;  il  che  fa,  che  l'i- 
gnoranza è  inescusabile ,  perciocché  1' uomo  può 
impararla  senza  fatica,  e  ancora  per  uno  studio 
interamente  meccanico;  ma  il  solo  mezzo  di  per- 
venire a  sua  perfezione,  e  d'averne  una  cogni- 
zione ben  chiarita,  è  d'andare  per  lo  cammino 
della  Geometria,  che  è  la  sorgente,  e  la  guida 
di  tutte  l'Arti.  Ora  tra' Pittori ,  e  gli  Scultori 
dell'  antichità  ,  che  sono  stati  eccellenti  in  questa 
parte,  Plinio,  Quintiliano,  e  alcuni  altri  hanno 
notati  singularmente  Parrasio,  Prassitele,  Zeusi, 
Lisippo,  Policleto,  Eufranore  ,  e  il  celebre  Ascle- 
piodoro ,  a  cui  Apelle  il  più  considerabile  di  tut- 
ti ,  cede\^a  nientedimeno  nella  giustezza  delle 
proporzioni. 

Del  Colore,  Terza  Pane, 

Per  questa  terza  Parte ,  che  è  il  Colore ,  non 
si  deve  solamente  intendere  il  Colorito,  percioc- 
ché questo  talento ,  benché  molto  considerabile 
in  un  Pittore  ,  cede  nulladimeno  alla  scienza  de' 
chiari,  e  degli  scuri,  la  quale  è  in  qualche  ma- 
niera un  ramo  della  Prospettiva ,  ove  il  centro 
del  corpo  luminoso  rappresenta  l'occhio;  e  la 
sezione,  che  si  fa  de' suoi  raggi  sul  piano,  o  so- 
vra ogni  altra  superficie,  esprime  precisamente 
il  vero  contorno,  e  la  forma  medesima  del  corpo 
illuminato.  E  chiunque  sapra  fare  suo  profitto  di 
questa  osservazione,  potrà  trovare  diversi  mezzi 
comodissimi  per  la  pratica  di  queste  prospettive 
capricciose,  che  si  veggono  alcuna  volta  sopra 


to 

superficie  irregolari ,  le  quali  sembrano  sì  irre- 
golari,  e  sì  difficili  a  coloro,  che  non  ne  hanno 
il  segreto,  né  l'intelligenza. 

De'  Movimenti y  ovvero  dell*  Espressione. 
Quarta  Pane. 

Ma  come  le  tre  prime  Parti  sono  necessarissi- 
me a  tutti  i  Pittori,  questa  quarta,  che  riguarda 
Tespressione  de' movimenti  dell'animo,  è  eccel- 
lente sopra  tutte  l'altre,  e  affatto  ammirabile: 
poiché  ella  non  dà  solamente  la  vita  alle  figure 
per  la  rappresentazione  di  loro  gesti ,  e  di  loro 
passioni,  ma  e' pare  ancora,  ch'elle  parlino,  e 
ch'elle  discorrano.  E  da  questo  principalmente 
si  dee  giudicare  ciò  che  vale  un  Pittore,  poiché 
egli  é  certo,  eh' e' si  dipigne  lui  medesimo  nelle 
sue  Tavole,  che  sono  altrettanti  specchi  del  tem- 
peramento del  suo  umore,  e  del  suo  genio. 

Non  vi  ha  persona,  che  non  osservi  facilmen- 
te in  facendo  comparazione  delle  composizioni, 
e  delle  figure  di  Raftaello  a  quelle  di  Michela- 
gnolo,  che  quel  primo  era  la  dolcezza,  e  la  gra- 
zia medesima,  dove  che  tutto  al  contrario  Mi- 
chelagnolo  era  sì  rustico,  e  sì  malgrazioso,  che 
non  aveva  alcun  riguardo  all'onestà.  Ciò  che  si 
vede  manifestamente  nella  sua  grand' Opera  del- 
la Cappella  del  Vaticano,  ove,  volendo  rappre- 
sentare il  Giudizio  universale  della  fin  del  Mon- 
do sull*  Altare  medesimo  di  quel  Santuario  ,  ha  in- 
trodotte più  figure  in  attitudini  estremamente  in- 
decenti; dove  eh' e' pare,  che  Raffaello  abbia  ap- 
portato delia  modestia  ne' suggetcii più  licenziosi. 


I! 

Da  questo  noi  possiamo  cognetturare,  quanto 
sìa  importante,  che  questa  parte  dell'Espressio- 
ne, che  è  la  più  eccellente  della  Pittura,  sia  ac- 
compagnata da  un  giudizio, e  da  una  circospezio- 
ne particulare;  poiché  da  lei  è,  che  l'uomo  co- 
nosce della  qualità  dell'  animo  del  Pittore  ,  il  qua- 
le ben  lungi  da  acquistarsi  dell'onore  per  sue 
opere,  allorché  egli  offenderà  le  regole  dell'one- 
stà, sarà  senza  dubbio  biasimato,  e  meno  stima- 
to da  ciascuno;  poiché  similmente  i  più  liberi 
tra  le  persone  di  condizione  s'astengono  di  prof- 
ferire parole  sporche ,  questa  sfacciataggine  (  ben- 
ché di  passaggio,  e  meno  perniciosa  di  quelle, 
che  feriscono  gli  occhi  lungo  tempo)  non  essen- 
do praticata  che  per  la  più  vile  canaglia  del  po- 
polaccio .  Ora  il  Pittore,  che  fa  professione  d' 
un'arte  sì  nobile,  é  sommamente  obbligato  di 
guardar  la  modestia  in  tutte  sue  opere;  e  di  non 
maneggiar  giammai  ,  che  suggetti  degni  d'  esser 
veduti  da  occhi  casti .  Perchè,  come  e' si  sforza, 
quanto  può, di  fare,  che  le  sue  Tavole  sieno  ri- 
cercate ,  e  considerate  da  tutto  il  Mondo  ,  cosi 
accade  assai  ordinariamente,  che  quelle,  nelle 
quali  si  é  data  troppa  licenza  ,  venendo  a  cadere 
in  mani  scrupolose,  si  tolgano  dalla  vista  degli 
uomini,  e  così  egli  è  defraudato  della  sua  pre- 
tensione. 

Non  é  per  questo  eh' e' bisogni  avere  la  delica- 
tezza di  certi  pinzocheri  ,che  non  potrebbero  ve- 
dere alcuna  sorta  di  nudità,  e  che  per  una  scioc- 
chezza insopportabile,  senza  aver  riguardo  all' 
eccellenza  d'un' Opera,  né  all'Istoria,  che  vi  si 
rappresenta ,   fiinno  ricoprire,  e  abbigliare  per 


12 

mano  d'imbrattatori  le  figure  nude,  che  si  tro- 
vano alcuna  volta  nelle  Tavole  di  riputazione,  e 
per  questa  impertinenza,  distruggono  la  lor  Ta- 
vola ,  e  rendon  l'iscuria  nello  stesso  tempo  ridicola. 

Ecco  il  primo  scoglio,  onde  il  Pittore  deesi 
prender  guardia  in  questa  quarta  Parte,  che  con- 
cerne l'Espressione  ;  e  benché  a  prima  vista  l'os- 
servazione paiane  intempestiva,  stantechè  d'or- 
dinario in  tali  suggetti  i  Pittori  rincontrano  me- 
glio da  dare  spinto,  e  azione  alle  loro  figure; 
nulladimeno,  quando  si  sarà  fatta  riflessione  sul- 
la bassezza  di  questo  talento  per  così  dire ,  li- 
bertino, e  che  si  sarà  ben  considerato,  che  egli 
è  infinitamente  più  facile  di  riuscire  in  queste 
rappresentazioni  matte,  e  capricciose,  che  ne' 
suggetti  severi ,  e  eroici ,  nello  stesso  modo,  eh'  e- 
gli  è  più  facile  di  fir  ridere,  che  di  dare  della 
maraviglia;  io  non  dubito  punto,  che  uno  non 
dispregi  tutte  queste  rappresentazioni  stravagan- 
ti ,  che  non  si  veggono  altresì  mai ,  che  nelle  case 
di  non  so  quali  sciocche  genti,  che  si  pascono 
di  queste  scimunitaggini. 

Talmentechè  un  Pittore,  che  si  vorrà  segna- 
lare nella  sua  professione,  deve  studiare  in  altre 
migliori  idee,  e  tener  per  massima  indubitatissi- 
ma,  che  niente  può  esser  bello,  s'egli  non  ò  o- 
iiesto.  E  questo  sia  solamente  detto  come  anti- 
cipatamente, e  in  passando,  fino  a  che  nell'ap- 
plicazione, che  io  farò  trappoco  di  ciascuna  co- 
sa ,  io  particolareggi  davvantaggio  ,  e  esamini 
per  lo  minuto  tutto  ciò,  che  potrà  servire  alla 
pratica  di  questo  avviso. 


Della  Positura  regolare  delle  Figure. 
Quinta  Pane. 
Ma  fermiamo  innanzi  la  nostra  quinta  Parte, 
toccante  l' Allogamento,  o  la  Positura  regolare 
delle  Figure  nella  Tavola, poiché  ella  è  la  base  di 
tutto  l'edifizio  della  Pittura,  e  per  così  dire  il 
vincolo ,  e  1'  unione  delle  quattro  prime ,  che  senza 
questa  non  hanno  rè  forma,  né  sussistenza.  Per- 
ché, come  non  é  a  bastanza  a  un  Architetto  d'a- 
ver fcitto  un  grande  ammassamento  di  tutte  sorte 
di  materiali ,  né  d'aver  data  la  forma  particulare 
a  ciascun  membro  di  suo  bastimento,  se  e' non 
sa  oltreacciò  collocargli  tutti  a'ior  propri  luo- 
ghi; né  a  uno  Scultore  d'avere  intagliate  pezzo 
per  pezzo  tutte  le  parti  d'un  corpo  umano,  con 
una  giusta  proporzione  ,  s'è' non  sa  ancora  in  con- 
seguenza metterle  insieme ,  posando  ciascuna  pre- 
cisamente in  suo  luogo,  e  in  sua  situazion  na- 
turale ;  di  tal  maniera  che  non  solamente  non  va- 
da ad  attaccare  un  braccio  in  luogo  d'una  gamba, 
né  mettere  un  pie  nel  luogo  d'una  mano,  ma  che 
e*  non  prenda  similmente  una  mano  per  l'altra, 
né  la  gamba  manca  scambi  per  la  diritta;  per- 
ciocché altrimenti  farebbe  un  mostro,  e  non  un 
uomo;  medesimamente  un  Pittore  avrebbe  fati- 
cato invano,  e  perduto  suo  tempo,  se  dopo  aver 
satisfatto  alle  quattro  prime  Parti,  non  satisfaces- 
se a  quest'ultima,  ove  consiste  tutta  la  buona 
consonanza  dell'arte,  e '1  magistero  della  pittura: 
perciocché  non  serve  a  nulla  l'aver  inventato,  e 
composto  un  suggetto,  ed  averne  studiata  la  bel- 
lezza, e  la  giusta  proporzione  di  ciascuna  figura 
ricercata,  l'essere  eccellente   coloritore,  il  saper 


«4  , 
dare  l'ombre,  e  i  lumi  a  tutti  i  corpi  con  loro 
tince,  e  loro  colori  naturali,  ed  il  possedere  an- 
cora con  tutto  questo,  il  divino  talento  dell'e- 
spressione de' moti  dell'animo,  e  delle  passioni, 
(che  è  come  l'anima  della  t^ittura)  se  dopo  tutte 
queste  nobili  parti,  l'uomo  si  trova  in  fine  spro- 
visto  d'intelligenza  nel  fatto  della  Positura  rego- 
lare delle  Figure  nel  Quadro,  o  nella  Tavola. 

Bisogna  adunque  concludere,  che  sé  le  altre 
Parti,  o  tutte  insieme,  o  presa  ciascuna  di  per  sé 
sono  utili,  e  avvantaggiose  a  un  Pittore,  questa 
qui  gli  è  assolutamente  necessaria.  Perchè,  ben- 
ché una  Tavola  non  abbia  intieramente  satisfatto 
ad  alcuna  delle  quattro  prime  Parti  ;  o  che  mede- 
simamente sia  debole,  e  in  qualche  maniera  difet- 
tosa in  tutte  insieme;  nientedimeno  se  quest'ulti- 
ma ,  di  cui  noi  trattiamo,  vi  si  trova  in  sua  per- 
fezione, l'opera  sarà  sempre  stimabile,  e  degna 
d'un  Pittore;  perciocché  l'ordine  é  la  sorgente, 
e  il  vero  principio  delle  Scienze  :  e  per  il  riguardo 
delle  Arti,  egli  ha  questo  di  particolare,  e  di  me- 
raviglioso, ch'egli  è  il  Padre  della  bellez,za,  e  che 
dk  medesimamente  della  grazia  a  cose  le  più  me- 
diocri,  e  le  rende  considerabili. 

Vegghiamo  dunque,  in  che  consiste  questa  Parte 
sì  imporrante,  e  per  maniera  di  dire,  così  totale, 
che  finisce  non  solamente  di  formare  un  Pittore, 
ma  che  comprende  tutto  ciò,  che  la  Pittura  ha  dì 
scientifico,  e  che  la  cava  dal  numero  dell'Arti 
meccaniche,  per  darle  luogo  tra  le  Scienze. 

I  Geometri ,  che  sono  i  veri  maestri  di  questa 
questione,  per  esprimerne  l'intelligenza,  si  ser- 
vono del  nome  d'Optica,  volendo  dire  per  que- 


sto  termine, che  e  l'arte  di  vedere  le  cose  perii 
ragione ,  e  cogli  occhi  dell'  intendimento  ;  percioc- 
ché uno  sarebbe  bene  impertinente  ad  imagi- 
narsijChe  gli  occhi  del  corpo  fussero  da  lor  me- 
desimi capevoli  d'una  sì  sublime  operazione, 
qual  è  di  potere  essere  giudici  della  bellezza,  e 
dell'  eccellenza  d' una  Tavola  ;  donde  ne  seguireb- 
be una  infinità  d'assurdi.  E  come  il  Pittore  fa 
professione  d'imitare  le  cose  secondo  eh' e' le  ve- 
de ,  egli  è  certo,  che  s'è' le  vede  male,  le  rap- 
presenterà conformi  alla  sua  cattiva  imaginazio- 
ne, e  farà  una  malvagia  pittura  ;  talché  avanti  di 
prendere  lo  scile,  e  i  pennelli,  bisogna,  che  ag- 
giusti l'occhio  suo  col  discorso  per  li  principj 
dell'Arte,  che  insegna  a  vedere  le  cose  non  so- 
lamente così  come  sono  in  lor  medesime,  ma 
ancora  secondo  che  elle  devono  essere  figurate. 
Poiché  sarebbe  ben  sovente  una  lorda  mancanza 
dipignerle  precisamente  come  l'occhio  le  vede, 
benché  ciò  sembri  un  paradosso. 

Ora  quest'Arte  sì  necessaria,  che  i  Savi  hanno 
nominata  Ottica,  e  che  i  Pittori,  e  tutti  i  Dise- 
gnatori appellano  comunemente  la  Prospettiva, 
dona  mezzi  infallibili  di  rappresentare  precisa- 
mente sur  una  superficie  (tale  qual  è  la  tela  d'un 
Quadro,  una  parete,  un  foglio  di  carta,  o  altra 
tal  cosa  )  tutto  ciò ,  che  l' occhio  vede ,  e  può  com- 
prendere con  una  sola  occhiata  ,  mentre  eh' e'  di- 
mora fermo  in  uno  stesso  luogo. 

Non  voglio  arrestarmi  qui  a  trattare  de' suoi 
principj,  né  de' diversi  metodi,  che  i  Pratici 
hanno  inventato  per  metter  in  opera;  essendo 
questo  fuori  del  mio  proposito ,  e  cosa  di  troppo 


tó 

lunga   digressione.    Ma  presuppoHcndo,  che   il 
lettore  ne>  abbia  una  cognizione  ragionevole,  io 
gli  mostrerò  per  esempli,   e  per  l'esame  critico 
di  diversi    pezzi  d'opere  tli  Rafflicllo,   che  veg- 
gonsi  in  istatnpa   (il  più  celebre  de' Pittori  mo- 
derni,  e '1  pili  esatto   nelle  sue  opere)  di  quale 
importanza  si  è  questa  Prospettiva,  o Collocazio- 
ne regolare  di  Figure  in  una  Tavola  ;  giacche  da 
lei  è,  che   uomo  decida  precisamente,  e  con  di- 
mostrazione ciò  che  sta  bene,  e  ciò  che  sta  male. 
Né  si  deve  punto  imputarmi  a  presunzione,  se 
nella  rivista  che  io  farò  di  queste  Stampe,  io  non 
rispiarmo  Raffaello  medesimo  nelle  cose,  ove  io 
troverò  un  poco  da  dire;  non  si  trattando  qui  di 
nuocergli,  ne  d'adularlo;  oltreché  senza  dubbio 
una  parte  de' difetti,  che  io  potrò  rincontrare  in 
queste  Stampe  verranno  sovente  dagli  spropositi 
degF  Intagliatori ,   che  avranno  male   imitati,   e 
alteraci  i  Disegni  originali.  Perchè  in   effetto  ho 
bene  osservato,  che  le  srampe  d'Andrea  Mante- 
gna ,  e  d'Alberto  Duro,  che  sono  intagliate  della 
propria  mano  degli  Autori,  appariscono  più  rego- 
lari, e    più  giuste,  che  quelle  di  Raffaello,  che 
non  lìanno  avuto  il  medesimo  vantaggio.  E  se  la 
maniera  di  disegnare  di  que'duc  gran  Pittori,  fos- 
se stata  così  graziosa,  e  cosi  nobile,  come  ella  è 
esatta,  le  loro  Stampe   non  avriano  pari  ;  eccet- 
tuando però  quelle,  che  Marcantonio  ha  inessc  in 
opera  sotto  la  direzione  di  Raffaello,  che  si  pre- 
se una  cura  straordinaria,  di  fargli  non  solamen- 
te disegni  finiti,  e  assai  fermati, ma  ancora  d'in- 
struirlo  nella  maniera  di  suo  intaglio.  E  sarebbe 
forte  da  desiderare  per  li  curiosi,  che  tutto  ciò, 


che  si  vede  intagliato  dell'  opere  di  Raffaello, 
fusse  di  Marcantonio;  o  almeno  que' grandi  com- 
ponimenti, ch'egli  ha  dipinti  nelle  Sale  del  Va- 
ticano, al  Campidoglio,  e  in  diversi  altri  luoghi 
di  Roma,  come  la  battaglia  di  Costantino  centra 
Massenzio,  la  Scuola  d'Atene,  1'  Assemblea  de* 
Padri,  e  de' Dottori  della  Chiesa  circa  '1  Santo  Sa- 
gramento,  e  molti  altri  simili,  a' quali  i  malvagi 
Intagliatori  hanno  ben  tolto  di  lor  perfezione  ori- 
ginale. 

Ora  per  intavolare  la  nostra  critica  da  un  buo- 
no augurio,  stimo  eh' e'  sia  a  proposito,  per  la 
gloria  di  Raffaello,  e  per  nostra  propria  satisfa- 
2Ìone,  di  cominciare  per  li  buoni  esempli,  e  di 
darci  come  un  antisaggio  di  quattro,  o  cinque 
delle  migliori  cose  di  Marcantonio,  affine  che 
vedendo  in  conseguenza  quelle  degli  altri,  noi 
conoschiamo  meglio,  qual  disgrazia  è  d'un  Pit- 
tore il  cascar  tra  le  mani  d'un  cattivo  Intaglia- 
tore, e  qual  perdita  a  noi  è  stata,  che  tante  ec- 
cellenti opere  del  medesimo  genio  siansi  così 
notabilmente  disfigurate  sorto  tali  bulini. 

Prima  Stampa  . 
Del  Giudizio  di  Paride. 

La  prima  Carta,  che  portò  II  nome  di  Raffael- 
lo fuori  d'Italia,  e  che  fece  conoscere  a  tutti  i 
Pittori  del  suo  secolo,  che  egli  era  loro  cima* 
fu  la  nobile  ,  e  famosa  Stampa  del  Giudizio  di 
Paride,  ove  Raffaello  fece  un  sì  felice  tentativo 
per  lui  ,  e  per  lo  suo  allievo  Marcantonio,  che 
dipoi  egli  continuò  di  mantenerlo  in  questo  me- 


desimo  impiego,  e  a  quest'effetto  gli  disegnò  a 
posta  più  altre  belle  cose  ,  che  noi  non  avremmo 
forse  vedute  senza  questa  occasione,  perciocch'e- 
gli  non  le  ha  giammai  dipinte. 

Esaminiamo  ora  nelle  figure  di  questa  Stampa, 
se  il  Pittore  ha  sufficientemente  satisfatto  alle 
nostre  cinque  parti  fondamentali;  e  affine  di  pro- 
cedere con  ordine  nella  nostra  ricerca ,  comin- 
ciamo dalla  prima  parte,  che  è  l'Invenzione. 
Ma  in  quanto  ch'egli  è  assolutamente  necessario 
per  poterne  f.irc  una  discussione  ragionevole,  il 
sapere  le  circostanze  di  questa  istoria  poetica, 
eccola  in  poche  parole. 

Paride  figliuolo  del  Re  Priamo,  essendo  stato 
abbandonato  sul  monte  Ida  incontanente  appres- 
so la  sua  natività  alle  bestie  selvaggie  (a  causa 
d'un  sogno  funesto,  che  sua  madre  Ecuba  fece 
di  lui  durante  sua  gravidanza)  fu  raccolto  da  uno 
de' Pastori  della  contrada,  che  l'allevò  come  suo 
figliuolo.  Questo  giovane  Principe  incognito  al 
suo  balio,  e  a  se  medesimo,  per  una  segreta  vir- 
tù di  suo  real  sangue,  si  rese  da' suoi  primi  anni 
così  perfetto,  che  e* sorpassava  tutti  gli  altri  di 
sua  età,  in  forza,  in  bellezza,  in  agilità,  e  in 
tutto  ciò  ch'egli  vi  avea  di  ragguardevole  fra 
loro.  Ma  i  Poeti,  che  sono  in  qualche  maniera 
le  camerate  de' Pittori,  vi  hanno  in  conseguenza 
mischiate  più  fantasie  capricciose  ;  e  dicono,  che 
.in  quel  tempo  tutti  gli  Iddii  essendo  stati  convi- 
tati alle  nozze  di  Peleo  con  Teti,  fuorché  la  sola 
Dea  Discordia  ;  questa  maliziosa  per  vendicarsi 
del  dispregio,  che  s'era  fatto  di  lei,  gettò  segre- 
tamente nella  folla  dell'assemblea  un  pomo  d'o- 


ro  sul  quale  era  scritto.  Sia  dato  alla  piìi  bella. 
Mercurio  il  più  imbroglione  di  tutti  gl'Iddìi,  es- 
sendosene avvisto,  lo  raccolse  ,  e  leggendo  adat- 
ta voce  l'astuzia  di  questo  pernizioso  presente, 
accese  tanto  di  gelosia  tra  le  Dee ,  che  si  piccava- 
no d'esser  belle,  che  Giove  medesimo  non  volle 
esserne  il  giudice,  per  paura  d' offendere  la  sua 
donna  Giunone  ,  s'è' pronunziava  in  favore  d'un'  '^' 

altra;  o  di  parere  sospetto,  e  interessato,  s'egli 
l'avesse  preferita.  Le  sole  rivali  di  Giunone  fu- 
rono la  fiera  Minerva^  e  la  piacevole  Venus. 
Talché  questa  quisrione  essendo  rimessa  di  co- 
mune consentimento  al  giudizio  del  Real  Pastore 
Paris  (che  era  egli  medesimo  in  quel  tempo  un 
perfetto  modello  di  bellezza)  Mercurio  gli  fu  in- 
contanente spedito  da  parte  di  Giove  con  questo 
pomo,  che  dovea  dare  a  colei  delle  tre,  che  egli 
giudicherìa  essere  la  più  bella. 

Ecco  ciò,  che  Raffaello  s'è  proposto  di  rap- 
presentare in  questo  Disegno,  ove  per  una  con- 
siderazion  generale,  e  quasi  sempre  necessaria, 
egli  ha  collocate  le  principali  figure  del  suggetto 
nel  mezzo  di  sua  disposizione,  e  le  ha  fatte  vede- 
re in  una  grande  varietà  d' aspetti ,  e  d'espressio- 
ni: perchè  Minerva  tutta  ripiena  di  sdegno  di  non 
aver  avuta  la  stima,  che  ella  pretendeva,  volta 
le  spalle  al  giudice,  con  atti,  e  modi  d'estremo 
disprezzo.  Venere  in  favor  di  cui  la  sentenza  fu 
pronunziata,  e  nel  mezzo  delle  sue  due  rivali,  ri- 
cevendo il  gaggio  di  sua  vittoria  con  una  mode- 
stia accompagnata  da  tutta  la  grazia,  che  si  può 
imaginare.  Il  Pittore  ha  voluto  farcela  vedere  per 
lo  profilo ,  che  è  la  banda  più  avvantaggiosa  per 


20 
mostrar  la  forma,  e  la  regolarità  delle  parti  d'un 
bel  viso.  Giunone  la  più  orgogliosa  delle  preten- 
denti, ferita  dal  dispetto  di  non  essere  stata  pre- 
ferita apparisce  portarsi  a  terribili  minacce  con- 
tro Paride,  che  con  tutto  ciò  non  dimostra  d'es- 
serne smosso;  e  dimorando  sopra  il  suo  seggio, 
assiso,  come  si  deve  alla  qualità  di  giudice,  eh' 
egli  ivi  tiene,  dà  la  sua  sentenza  col  pomo  fatale, 
che  cagionò  poscia  tanti  disordini  nella  Grecia, 
e  in  fine  la  mina  intiera  della  deplorabile  città 
di  Troja,  luogo  della  nascita  di  Paride.  Questa 
ultima  Dea  apparisce  di  fronte,  come  più  ardita, 
che  l'altre  due  ;  e  Kalfiiello  le  ha  disegnate  a  posta 
tutte  e  tre  in  aspetti  differenti,  per  dare  altrettan- 
to che  fosse  possibile  di  contrasto  alle  sue  figure. 
Io  noto  similmente  ancora  in  quella  del  Pastor 
Paride  qualche  varietà  di  profilo  da  quello  di  Ve- 
nere; perchè  se  questa  bella  ci  discopre  nel  suo 
profilo  una  parte  di  suo  seno,  Paride  al  contra- 
rio si  mostra  dalla  banda  delle  spalle;  tanto  il  no- 
stro Pittoie  è  esatto  a  fare,  che  ciascuna  parte 
della  sua  Tavola  sia' diversificata. 

Oltre  queste  quattro  figure  principali,  ove  tut- 
ta l'istoria  era  sufficientemente  espressa,  egli  ha 
ancora  introdotto  Mercurio  in  un  certo  andamen- 
to, che  dà  visibilmente  a  intendere,  che  avendo 
terminata  la  sua  commissione,  è  pronto  a  ritor- 
nare a  dire  a  Giove,  quale  n'è  stato  l'evento,  e 
chi  è  l'avventurata ,  la  quale  era  stata  coronata 
dalla  vittoria . 

Dopo  questo,  il  resto  di  questa  composizione 
non  è  più  che  un'accompagnatura  poetica  del 
genio  del  Pittore  per  arricchire  la  bella  ordinan- 


21 

za  della  sua  Tavola  ;  perchè  tutte  quelle  Ninfe 
colle  loro  urne  ,  e  le  due  figure  d'uomini  ignudi, 
e  sedenti,  con  canne  in  mano,  senza  dimostrare 
alcuna  attenzione  a  ciò  chQ  passa  ;  non  vogliono 
dire  altra  cosa,  se  non  che  il  monte  Ida  è  ab- 
bondantissimo in  fiumi,  e  in  fontane  ;  e  per  quel 
che  appare ,  colui  che  s'appoggia  sur  un  ...  è  il 
fiume  Xanto,  che  bagnava  le  mura  di  Troja,  e 
il  suo  vicino  è  il  fiume  Simoente,  i  quali  hanno 
tutti  due,  loro  sorgenti  nel  medesimo  monte,  e 
innaffiando  per  diversi  giri  la  campagna  della 
Troade,  vanno  in  fine  a  congiugnersi  all'imboc- 
catura del  mare  Ellespontico,  presso  il  promon- 
torio di  Sigeo.  Ora,  siccome  non  vi  ha  in  questa 
grande  composizione  alcuna  parte, che  il  Pittore 
non  abbia  trattata  con  giudizio,  così  per  far  co- 
noscere, che  il  monte  Ida  era  altissimo,  e  ferti- 
lissimo non  ne  ha  fatto  vedere, se  non  una  parte, 
la  quale  montando  sempre  successivamente  verso 
l'uno  degli  angoli  della  sua  Tavola,  e  trovan- 
dosi di  già  parallela,  e  medesimamente  più  ele- 
vata d'alcune  nuvole,  fa  giudicare  subito,  che 
l'altezza  sia  prodigiosa.  La  quantità  d'  arbori,  e 
d'animali,  de' quali  egli  è  coverto,  mostrano  al- 
tresì la  sua  fertilità.  Ma  di  tutta  questa  rappre- 
sentazione la  cosa  più  difficile  a  dicifrare  è  quel- 
lo, che  passa  fra  gl'lddii  nelle  nuvole:  perchè 
da  una  banda.  Giove  venendo  su  la  sua  aquila, 
con  un  fulmine  in  mano,  portato  per  un  vento, 
e  accompagnato  da  Diana  con  due  altre  Dee;  e 
Apollo  dall'altra  banda  fratello  di  Diana,  armato 
del  suo  Zodiaco,  e  guidato  da  due  giovani  Ca- 
valieri (che  sono  verisimilmente  Castore,  e  Poi- 


Ì>2 

Juce,  i  fratelli  d* Elena)  correndo  con  assai  fie- 
rezza al  riscontro  di  Giove,  sembrano  essere  là, 
come  una  specie  di  pronostico  della  catastrofe  , 
che  ebbe  questa  gelosa  questione,  onde  s'accese 
ben  tosto  un  sì  terribile  incendio  contro  il  disgra- 
ziato Giudice,  che  e'mise  sua  casa,  sua  stirpe, 
e  sua  Città  in  cenere,  e  fece  medesimamente  tra 
gli  Iddii  un  tal  disordine,  che  ciascuno,  pren- 
dendo partito  secondo  sua  passione,  se  ne  for- 
mò una  lega  in  Cielo,  la  quale  durò   dieci  anni . 

Quel  che  resta  di  questa  fa  vola,  non  avendo  più 
parte  nella  nostra  Tavola,  è  inutile,  che  io  mi 
trattenga  a  raccontarla  in  questo  luogo  :  e  forse  an- 
cora ,  che  parrà. ,  che  io  sia  stato  di  già  un  po'  lun- 
go ;  ma  io  l'ho  fatto  a  disegno,  che  dopo  che  si 
saranno  considerate  nella  Stampa  tutte  queste  os- 
servazioni, e  che  non  vi  è  niente  in  questa  ricca 
composizione,  che  non  sia  molto  essenziale  al 
suggetto  ;  l'idea  del  Pittore,  e  la  gentilezza  del 
suo  spirito  ne  apparisca  di  vantaggio,  perchè  ve- 
dendo ,  che  in  sì  poco  spazio,  e  senza  molte  figu- 
re, ci  ha  mostrato  tutto  in  una  volta  una  seguenza 
di  tante  cose  diverse,  si  ammirerà  la  forza  del 
genio  d'Invenzione ,  che  è  il  talento,  di  cui  trat- 
tiamo, e  la  prima  Parte  di  questo  esame. 

La  seconda,  che  concerne  la  proporzione  del- 
le figure,  non  dimanda  qui  una  lunga  discussione; 
ella  è  troppo  visibile  a  quelli,  che  avranno  occhi 
di  Pittore.  Si  può  solamente  osservarvi  in  pas- 
sando una  differenza,  che  Raffaello  ha  data  molto 
giudiziosamente  a  ciascuna  di  sue  figure,  confor- 
me a  lor  qualità  particularc;  perchè  le  tre  Dee, 
come  le  più  nobili,  e  le  principali  della  Tavola, 


.        ^3 

sono  d'una  statura  più  bella,  e  meglio  formata, 
che  l'altre.  11  Pastor  Paride  con  Mercurio,  e  A- 
pollo  mostrano  una  proporzione  più  gaja  ,  che 
gl'Italiani  chiamano  svelta  ;  i  due  Fiumi  sono  più 
robusti,  e  più  pesanti,  e  le  Ninfe  delle  fontane 
sono  un  po' grassette,  perciocch' elle  rappresen- 
tano la  fertilità . 

La  terza  Parte  che  tocca  la  projezione ,  ovve- 
ro dispensazione  dell'ombre,  e  de' lumi  sopra 
gli  oggetti,  non  ha  bisogno  più  della  precedente, 
d'essere  esaminata  per  minuto,  apparendovi  tut- 
to generalmente  secondo  le  regole.  Basterà  dun- 
que di  prender  guardia  a  una  licenza  ordinaria 
a' Pittori  in  tali  suggetti  come  questo,  ove  Apollo 
(che  è  il  Sole,  e  per  conseguente  il  centro,  e 
la  sorgente  del  lume  universale)  avendo  ad  ap- 
parire altresì  sotto  forma  umana,  come  una  fi- 
gura particulare  dell'istoria,  che  si  rappresenta, 
non  solamente  non  illumina  l'altre  figure,  ma  ha 
bisogno  lui  medesimo  d'essere  illuminato,  e  om- 
breggiato, secondo  il  punto  della  luce,  che  il 
Pittore  dà  alla  sua  Tavola  . 

Per  la  quarta  Parte,  che  è  l'Espressione,  ta- 
lento ammirabile,  e  principale  della  Pittura,  che 
mostra  non  solo  in  ciascuna  figura  ciò,  ch'ella 
fa,  e  ciò  ch'ella  dice,  ma  ancora  ciò  ch'ella 
pensa,  che  è  una  cosa  presso  che  incredibile,  io 
la  passerò  altresì  senza  farne  molti  discorsi,  per- 
ciocché io  l'ho  già  bastevolmente  esaminata  nel- 
la narrazione  di  questa  istoria,  in  parlando  dell* 
invenzione  ,  e  dell'  intenzione  del  Pittore  ,  ove  io 
ho  notato  ne' modi,  e  nel  portamento  delle  tre 
Dee  tre  passioni  differenti  giudiciosamente  espres- 


24 

se.  Il  disprezzo  nella  prima,  che  è  Minerva,  la 
quale  volgendo  il  dosso  al  suo  giudice  gli  getta 
uno  sguardo  sulla  spalla,  alzando  il  braccio  d' u- 
na  maniera  forte  dispettosa.  Nella  seconda  Dea 
(che  è  Venere  ricevente  il  glorioso  pregio  della 
vittoria)  ho  osservata  una  gioja  segreta,  e  mo- 
desta ,   accompagnata   da   tutte    le    grazie ,  delle 
quali  la  bellezza  è  capace-  Qiiant' a  Giunone  ella 
è  affatto  riconoscibile  secondo  che  i  Poeti  ce  la 
dipingono ,  per  collerica  ,  vendicativa ,  arrogante  ; 
perch'clla  minaccia   fieramente  il  suo  giudice  in 
una  foggia  estremamente  ardita.  Si  vede  in  con- 
seguenza Mercurio  in  una  positura  di  passo ,  che 
mostra  bene,  ch'egli  è  diligente  ne' suoi  messag- 
gi, stante  che  nel  medesimo  tempo  parla, e  cam- 
mina, con  una  furberìa,  e  con  una  cera,  che  fan 
ben  conoscere,  ch'egli  era  lesto,  e  proprio  a' me- 
stieri, ove  egli  era  impiegato.  Il  Pastor  Paride, 
che  tiene  qui  in  qualche  maniera  il  pi  imo  posto, 
benché   in  mezzo  a    Deitadi,  è   in    un   contegno 
molto  posato,  come   e' conviene  a   un    giudice. 
Il  suo  cane  medesimo,  che  è  accosto  a  lui,  non 
è  ne  addormentato  ,  ne  importuno  ad  abbajare; 
e  sembra  di  prestare  altresì  dalla  parte  sua  qual- 
che attenzione  a  questo  giudizio.  Tutte  l'altre 
figure  de'fiumi,  e  delle  fontane  pajono  assai  in- 
dillerenti  a  ciò  che  si  fa,  come  io  ho  già  notato. 
Contuttociò  io  aveva  stimato  a  prima   vista, 
che  la  Ninfa  assisa   presso  de' due  fiumi,  e  che 
pare  sì  melancolica  e,  sì  pensosa  ,  potesse  essere 
Enone  la  Dama  di  Paride,  alla  quale  questo  af- 
fare dovea  dare  della  gelosia;  ma  la  sua  capella- 
tura d'erbe,  e  sua  urna,  non  quadrano  punto  a. 


25 

questa  pensata.  Nelle  nuvole  Apollo  co* suoi  due 
anticonieri ,  pieni  d'ardore,  e  di  precipitazione, 
sono  ivi  come  gli  agui acori  della  guerra,  che 
inondò  poco  tempo  appresso  la  Grecia  per  lo  fu- 
rioso risentimento,  eh'  ebbero  le  Dee  irritate  con- 
tro al  lor  giudice,  e  per  la  vendetta  spaventevo- 
le, che  esse  esercitarono  sopra  tutta  la  sua  stirpe. 
Il  che  mostra  bene,  ch'egli  è  sempre  pericoloso 
mescolarsi  negli  affari,  e  nelle  contese  tra'grandi. 

Que'  che  sanno  i  principi  dell'Astrologia  giudi- 
ciaria  conosceranno  ancora  nella  posizione  de* 
Segni  attorno  del  Zodiaco,  come  il  Pittore  non  è 
stato  solamente  esatto  a  metterli  ben  di  seguito 
ciascuno  secondo  il  suo  ordine,  ma  ch'egli  era 
medesimamente  intelligente  in  ciò, che  concerne 
la  figurazione  degli  Oroscopi  ;  perchè  volendo 
rappresentare  i  gran  disastri  che  doveano  nasce- 
re da  questa  fatale  contesa,  ha  voltato  verso  il 
luogo,  ove  ella  si  tratta,  il  segno  d'Ariete,  che 
è  la  casa  di  Marte,  nella  quale  nascono  i  tuoni,  e 
tutti  i  disordini.  Il  segno  seguente  è  il  Toro,  casa 
di  Venere ,  la  quale  è  quivi  con  vantaggio .  I  Ge- 
melli, che  vengono  appresso,  tengono  ancora  lo 
stesso  partito,  e  sono  dell'istoria;  questo  segno 
rappresentando  i  due  giovani  Cavalieri  anticor- 
rieri d'Apollo.  Da  queste  particularità  così  ricer- 
cate puossi  inferire  ,  quanto  il  resto  di  questa 
composizione  sia  giudicioso,  e  studiato. 

Non  vi  è  altro  da  considerare  nella  nostra  Stam- 
pa, che  la  figura  di  Giove,  che  viene  sopra  Eolo, 
con  un  apparato  straordinario,  accompagnato  da 
tre ,  o  quattro  Divinità,  il  fulmine  alla  mano,  e 
sua  aquila  presso  di  lui,  fiera,  e  irritata,  come. 


26  ^ 

prendente  ancor*  essa  interesse  a  questo  intrigo. 
Tutto  questo  ci  da  ancora  un  presagio  di  qual- 
che tempesta . 

Terminiamo  finalmente  d'esaminare  con  quale 
intelligenza  la  nostra  quinta,  e  principal  parte, 
toccante  la  posizione  prospettiva  delle  figure  sa- 
rà stata  osservata  in  questa  ordinazione,  e  dispo- 
sizione . 

11  comun  de'Pittori  s'immagina,  che  la  Pro- 
spettiva non  sia  altro  che  una  cosa  particulare 
per  certe  rappresentazioni  d'Architettura,  che 
essi  appellano  medesimamente  Prospettive,  non 
credendo,  che  ella  sia  niente  da  vedersi  nell'i- 
storie, che  son  tutte  di  figure  tali ,  quali  forse  è 
questa  qui -,  e  in   effetto  ella  vi  apparisce  molto 
meno  sensibilmente  all'occhio  di  questi  mezzi  Pit- 
tori,  che  non  la  discernono,  che  per  una  non  so 
qual  pratica  meccanica   d'un  concorso  di  linee 
tendenti  a  un  punto  della  veduta ,  che  è  il  termine 
d'ogni  loro  notizia.  Ma  i  gran  Maestri,  che  san- 
no, eh' ella  è  la  base  generale  di  loro  arte,  la  van- 
no ricercando ,  e  osservando  fino  alle  minime  par- 
ti d'  una  Tavola  ,•  come  io  pretendo  di  mostrarlo  in 
quest'esempio,  che  è  altrettanto  più  comodo  per 
mio  disegno,  che  uno  non  vi  vede  di  subito  alcu- 
na apparenza,  che  Raffaello  abbia  dovuto  avere  ia 
questa  composizione  il  minimo  pensiero  di  Pro- 
spettiva; tanto  il  suggetto  pare  libero, e  disimpe- 
gnato da  ogni  sorte  di  suggezione  ;  poiché  non  vi 
ha  né  degradazione  di  piano,  ne  flibbriche ,  né 
alcuna  forma  d'orizzonte,  donde  i  semplici  pra- 
tici della  Prospettiva  lineale  abbian  modo  di  tira- 
re una  sola  coniettura ,  sulla  quale  e'  possano  as- 


settare  la  bussola  di  loro  meccanica.  Ma  e' biso- 
gna ,  eh'  e*  sappiano ,  che  è  un  raffinamento  questo 
eccellente  nella  Pittura,  di  farvi  le  cose  esattamen- 
te regolari,  e  per  l'appunto,  e  di  nasconderne 
l'artifizio. 

Cominciamo  dunque  dal  determinare  il  punto 
della  vista,  poiché  questo  è  come  il  centro,  ove 
ciascuna  parte  della  Tavola  ha  sua  relazione.  E 
perciocché  noi  non  abbiamo  in  questo  alcuna 
guida  lineale,  che  ci  conduca,  bisogna  fare  in  ma- 
niera, che  la  ragion  ce  lo  mostri. 

Il  suggetto  di  cui  si  tratta  in  questa  istoria, 
essendo  della  Veduta,  e  Paride  fra  tutte  l'altre 
figure  facendo  principalmente  questa  funzione, 
il  Pittore  non  poteva  collocare  più  giudiziosa- 
mente il  suo  punto  di  veduta,  che  all'occhio  di 
Paride,  ch'egli  ha  medesimamente  per  quest'ef- 
fetto rappresentato  in  profilo,  affine  di  mostrare 
ancora  per  questo,  eh' e' non  ve  ne  deve  avere 
altro,  che  uno  precisamente,  come  i  Geometri 
insegnano  nell'  Òttica,  ove  rappresentano  la  vi- 
sione per  una  forma  di  piramide  radiosa,  alla 
punta  della  quale  è  l'occhio. 

Posto  questo,  e  ben  inteso,  si  osserva  appresso 
sufficientemente  nell'ordinazione  di  questo  com- 
ponimento, che  il  piano,  ove  sono  le  tre  Dee  ri- 
vali, porta  la  sua  degradazione  verso  l'occhio  di 
Paride,  e  che  tutto  il  resto  della  Tavola  vi  è  vol- 
to. Ora  la  Prospettiva  essendo  un'arte  composta 
di  proporzioni  reciproche,  ne  segue,  che  dair in- 
telligenza d'una  parte  si  può  passare  a  quella  d'un* 
altra,  e  per  questa  relazione  alterna  venire  in  fine 
alla  conoscenza  di  tutte  insieme  i  talché  da  que- 


i8 
sto  primo  punto  di  veduta,  e  dalla  diininuzione 
successiva  delle  tre  prime  figure,  e  agevole  l'in- 
ferire un  altro  punto  essenziale,  e  necessarissimo 
per  la  pratica  del  disegno,  che  si  chiama  comu- 
nemente  il  Punto   di  Distanza,  il  quale    deter- 
mina lo  spazio,  che  è  tra  la  Tavola,  e  l'occhio 
di  colui,  che  la  riguarda;  quanto  alla  linea  retta, 
che  è  compresa  tra  il  punto  di  distanza,  e 'I  pun- 
to di  veduta,  ella    rappresenta  l'asse  della  Pira- 
mide visuale  ,  il  qual  deve  sempre  dimorare  fisso, 
e  parallelo  al  livello  del  piano,  e  all'altezza  dell'o- 
rizzonte .Questo  punto  di  distanza  ha  certi  limici 
regolari,  fuor  de' quali  egli  riesce  male,  perchè, 
s'egli  è  troppo  vicino,  fa  parere  il  piano  così  e- 
levato....,  e  le- diminuzioni  delle  figure  così  su- 
bite, che  l'occhio  ne  resta  tutto  sorpreso;  ma 
pel  contrario  s'egli  è  allontanato  più  che  non  bi- 
sogna, rende  le  cose  confuse,  e  tioppo  appiastra- 
te; di  sorte  eh' e' deve  esser  messo  a  una  distanza 
moderata,  che  i  Savi  nell'Ottica  hanno  stabilita 
nell'apertura  dell'angolo  del  triangolo  equilate- 
ro. Per  questa  massima  generale  si  scuopre  subi- 
to, ove  è  questo  termine  preciso  della  distanza, 
che  noi  cerchiamo.  Perchè  io  non  m'  arresterò 
davvantaggio,  stantechè  il  mostrar  ciò  per  mi- 
nuto è  inutile  aquei  che  sanno  di  già  questa  pra- 
tica ,  e  sarìa  troppo  difficile  a  concepire  per  gli  al- 
tri, che  non  ne  hanno  punto  ancora  udito  parlare. 
Presupponendo  dunque,  che  queste  prime  o- 
perazioni  siano  disposte  secondo  l'arte,  non  bi- 
sogna se  non  considerare  se  le  figure  (tanto quelle 
che  posano  alla  maniera  ordinaria  sul  terreno,  che 
quelle,  che  sono  elevate  in  aria,  e  fra  le  nuvole) 


2p 

si  trovino  in  un  aspetto  convenevole  a  lor  situa- 
zione, avuto  riguardo  al  punto  di  veduta,  e  se 
elle  scemano  proporzionatamente  a  misura  ch'elle 
seguono  la  degradazione  del  piano;  perchè  in  que- 
ste due  parti  solamente  consiste  tutta  l'intenzio- 
ne, e  tutto  l'effetto  della  Prospettiva  nella  Pittu- 
ra. E  benché  elle  sieno  presentemente  molto  ne- 
gligentate  daque'della  professione,  nientedimeno, 
la  conseguenza  ne  è  tale ,  che  colui ,  che  l' ignora , 
non  è  degno  del  nome  di  Pittore:  e  tutte  le  Tavo- 
le, ove  questa  parte  è  difettosa,  sono  spregievo- 
lissime,  e  ridicole  agli  occhi  de' periti,  che  cre- 
dono vedere  tante  chimere,  quanti  sono  i  corpi 
rappresentaci  fuori  della  possibilità  naturale. 

L'importanza  di  questa  osservazione  si  cono- 
scera  meglio  per  gli  esempli  delle  cattive  opere, 
che  di  quella  di  cui  parliamo,  nella  quale  tutto  è 
assai  regolare,  e  conforme  all'arte.  Perchè  se 
noi  esaminiamo  il  primo  effetto  della  Prospettiva 
nelle  figure,  che  è  di  mostrarle  più  piccole  o  più 
grandi ,  secondo  eh'  elle  sono  o  più ,  o  meno  avan- 
zate nel  fondo  del  piano,  egli  è  manifesto  qui  che 
elle  diminuiscono  successivamente  in  tal  manie- 
ra, che  dalla  prima,  che  è  Minerva  ,  comparata 
con  Mercurio  il  più  avanzato  nella  Tavola,  vi  è 
una  notabile  differenza  d'altezza;  e  da  Venere  a 
Giunone  ella  vi  si  riconosce  ancora  sensibilmen- 
te,  benché  in  una  diminuzione  mezzana,  e  con- 
venevole al  poco  di  distanza,  che  si  trova  tra 
r  una,  e  l'altra.  Sarà  facile  di  continuare  il  mede- 
simo esame  nel  resto  delle  figure  ;  perchè  io  flirò 
meglio  di  passare  all'  ultima  parte  più  importan- 
te,  che  concerne  il  loro  aspetto,  e  lor  positura, 


avuto  risguardo  al  punto  di  reduta.  E  affine  di 
procedere  con  mecolo  all'intelligenza  di  questa 
ricerca,  bisogna  di  subito  far  riflessione  su  questi 
Assiomi  della  Prospettiva. 

Assioma  L 

Il  punto  della  veduta  rappresenta  l'occhio, che 
vede  la  Tavola.  E  questo  punto  è  la  prima  cosa 
da  cercarsi  in  una  Tavola,  per  conoscere  se  l'o- 
pera è  di  mano  d'un  savio  Pittore  ,  o  d'un  sem- 
plice Pratico . 

Assioma  li. 

Il  punto  di  veduta  è  sempre  precisamente  ali* 
altezza  della  linea  dell'  orizzonte  . 

Assioma  III. 

Tutto  ciò,  che  è  più  alto  della  linea  orizzonta- 
le, si  vede  di  sotto;  e  tutto  ciò,  che  posa  più 
basso  ,  si  vede  di  sopra ,  e  sembra  montare  verso 
l'orizzonte. 

Assioma  IV. 

Le  figure  d'  eguale  altezza ,  essendo  sulla  me- 
desima linea  parallela  alla  base  della  Tavola,  so- 
no sempre  eguali . 

Assioma  V. 

Le  figure,  che  avanzano  più  o  meno  nella  pro- 
fondità del  piano  della  Tavola,  si  diminuiscono 
proporzionalmente  alla  degradazione  del  medesi- 
mo piano.  Per  esempio,  se  il  piano  è  degradato 
in  quadrati ,  le  figure  averanno  tra  loro  una  me- 


3^  . 

desima  proporzione  ,  che  i  quadrati    degradati, 
su' quali  elle  posano. 

Assioma  VI. 

Le  figure  situate  parallelamente  alla  base  della 
Tavola  ,  si  vedranno  nel  medesimo  aspetto  pro- 
spettivo, che  la  forma  de' quadrati  del  piano  de- 
gradato ,  su' quali  elle  avranno  loro  posizione. 

Facciamo  adesso  l'applicazione  di  tutti  questi 
assiomi  su  ciascuna  figura  di  nostra  Stampa.  Il 
punto  di  veduta  (cIiQ  è  la  prima  cosa  da  osserva- 
re,  perciocché  e' serve  di  bussola  a  tutto '1  resto) 
trovandosi  precisamente  all' occhio  di  Paride,  le 
figure,  che  sono  in  aria,  come  la  Vittoria,  che 
viene  a  coronare  Venere ,  Apollo  nel  suo  Zodiaco, 
Eolo ,  che  serve  di  sostegrio ,  e  di  ....  a  Giove ,  e 
a  altre  Divinità  di  suo  seguito,  sono  tutte  vedu- 
te di  sotto  'n  su,  secondo  il  terzo  Assioma.  Di- 
scendendo appresso  sul  terreno,  verso  la  parte 
dritta,  la  più  lontana  dal  punto  di  veduta,  si  ri- 
scontra la  figura  del  fiume Xanto,  assisa,  e  mezza 
coricata  per  la  lunghezza  d' una  linea  parallela  al- 
la base  della  Tavola;  talché  per  lo  nostro  ultimo 
Assioma^  questa  figura  dee  apparire  nello  stesso 
aspetto  prospettivo,  che  farla  la  forma  d'un  qua- 
drato degradato  nel  medesimo  luogo.  Perchè, 
come  ella  riguarda  verso  il  punto  di  veduta , 
donde  ella  è  assai  lontana,  la  parte  dello  stoma- 
co (che  seguendo  la  posizione  di  quel  corpo,  non 
si  vedrebbe,  se  e'  si  fosse  trovato  in  diritto  colla 
linea  perpendicolare  del  punto  di  veduta)  si  di- 
scopre quasi  altrettanto  in  questa  distanza,  che 
se  la  figura  fosse  disegnata  di  fronte,  dove  che 


3" 

ella  è  disegnata  interamente  di  profilo  a  riguardo 
del  piano;  e  Ja  linea  traversale  delle  spalle  monta 
altresì  un  poco  verso  l'orizzonte,  secondo  il  ter- 
zo Assioma.  Si  diia  l'istessa  cosa  della  Ninfa, 
che  è  assisa  presso  di  questo  fiume,  di  cui  la  si- 
tuazione d'aspetto,  benché  contraria,  avuto  ri- 
sguardo alle  facce,  è  nientedimeno  sulla  medesi- 
ma linea  parallela,  e  nella  medesima  positura  sul 
piano,  poiché  l'una.  e  l'altra  è  veduta  di  profilo. 
Perchè  presupponendo,  che  si  faccia  avanzare  il 
piano  di  lor  posizione  parallelamente  verso  il 
punto  di  veduta ,  egli  è  certo ,  che  a  misura ,  ch'es- 
se si  avvicineranno,  tutti  i  contorni  di  ciascuna 
parte  anderanno  altresì  succcssivamence  diverbifi- 
candosi ,  senza  che  per  questo  vi  sia  cangiato  ni- 
ente in  loro  attitudine;  e  venendo  in  fine  in  di- 
ritto colla  linea  perpendicolare  del  punco  di  ve- 
duta ,  queste  fi  Ture  appariranno  allora  precisa- 
mente in  profilo;  che  è  in  effetto  la  loro  vera,  e 
reale  posizione  nella  Tavola. 

Che  se  si  vuole  continuare  ancora  di  passarle 
di  la  del  punto  di  veduta,  più  elle  cammineranno 
verso  la  man  manca  della  Tavola,  e  più  elle  cain- 
bieranno  di  forma  apparente,  e  si  troveranno  in 
fine  in  un  aspetto  sì  contrario  al  lor  primo,  che 
ia  figura,  che  mostra  qui  la  parte  dello  stomaco, 
si  vedrà  Ik  per  le  spalle;  e  così  dell'altra  figura. 

L'intelligenza  di  questa  dimostrazione  pratica, 
non  sarà  punto  difficile  a  coloro,  che  hanno  il 
genio  dell'arte,  ne  a' Geometri,  che  ne  conosce- 
ranno incontanente  il  mistero:  ma  ella  è  sì  gene- 
ralmente impoi tante  a  tutti  i  Pittori,  che  chiun- 
que non  la  concepisce,  può  assicurarsi  ch'e'tra- 


33 

vaglia  come  un  cieco  nella  professione;  e  parci- 

culaniience  quelli,  che  accomoJano  ne'lor  dise- 
gni figure  prese  in  presto,  e  copiate  dalle  stampe 
di  diversi  maestri,  o  medesimamente  ancora  loro 
propri  studi  d'Accademie;  devono  sopra  tutto 
prender  guardia  a  collocarle  talmente  nelle  lor 
Tavole,  ch'elle  vi  si  trovino  precisamente  ag^iu- 
stac^^,  secondo  la  ragone  del  punto  di  veduta, 
sotto'!  quale  elle  sono  state  primieramente  dise- 
gnate. Perchè  e' bisogna  tenere  per  un  principio 
di  prospettiva,  che  qualunque  figura  che  sia ,  es- 
sendo una  volta  posata  sur  ui  piano ,  ella  non  può 
giammai  esser  veduta  per  l'appunto  a  quel  modo  in 
qualunque  altro  luogo  del  piano ,  che  uomo  la  possa 
trasporcare,  il  punto  di  voluta  >lim  ):ando  fisso. 
Talm  .ntechè  ejjiè  a.>solutamentc impossibile,  do- 
po aveie  rubata  qualche  parte  di  lavoro  d'un  altro 
Pittore  ,  il  collocai  la  coni'  e'  b^sogna  in  una  novella 
composizione,  senza  l'aiuto  della  prospettiva. 

Potrei  fa'e  ancora  somiglianti  osservazioni  sul 
resto  delle  figure  di  nostra  Stampa  .  Ma  questo  sa- 
rebbe un  importunamente  ridire  le  medesime  co- 
se, e  si  batterebbe  sempre  nello  stesso:  pe'chè 
sarà  meglio  sceglierne  un'altra,  nell'esame  della 
quale ,  e  delle  seguenti  mi  contenterò  ormai  di  toc- 
care, come  in  passando,  ciò,  che  avrà  più  biso- 
gno d'osservazione,  rimettendo  il  resto  alla  dili- 
genza particulare  degli  studiosi ,  che  seguendo  il 
disegno,  che  io  ho  loro  qui  dinanzi  fatto,  ave- 
ranno  la  curiosità  di  fare  le  medesime  ricerche 
su  ciascuna  delle  nostre  cinque  parti  fondamen- 
tali della  Pittura,  conforme  all'ordine,  che  io 
l'ho  messe  in  questo  Trattato. 
3 


34 

Seconda  Stampa  . 

Della  Strage  de gV  Innocenti. 

La  seconda  Stampa ,  che  Raffaello  fece  intaglia- 
re a  Marcantonio  fu  la  Strage  degl'innocenti. 
Questa  Istoria  è  troppo  comune,  peiciiè  io  mi 
trattenga  a  raccontarla.  Non  ho  ancora  da  esa- 
minare la  proporzione  di  ciascuna  figura  per  la 
minuta;  basta  di  dire  generalmente, che  il  Pittore 
per  una  considerazione  giudiziosissima,  ha  fatto 
che  le  femmine  vi  appariscono  tutte  molto  cari- 
che di  seno,  come  balie;  e  i  carnefici  al  contra- 
rio, d'una  tatuila  magra,  e  scarna,  convenevole 
a  scherani,  ch'egli  ha  similmente  fatti  tucci  i- 
gnudi ,  a  fine  di  rendergli  più  spaventosi,  e  più 
laidi  a  vedere;  perchè  questo  Pittore  ha  sempre 
guardata  una  gran  modestia  nelle  sue  opere;  e  se 
questa  sfacciataggine  non  avesse  dovuto  servire 
all'espressione  del  suo  sirigetto  ,  gli  avrebbe  sen- 
za dubbio  coperti  di  qualche  abbigliamenti  solda- 
teschi. Non  trovo  niente  altresì  nella  terza  parte 
concernente  l'ombre,  e  i  lumi,  che  sia  degna 
d'una  osservazione  particulare,  tutto  apparendo- 
vi in  una  regolarità  assai  ragionevole.  Ma  venen- 
do all'esame  della  quarta  parte,  che  è  l'espres- 
sione, io  confesso,  che  io  mi  sarei  promesso  dav- 
vantaggio di  Rafiaello,  in  un  suggetto  cosiavvan- 
taggioso;  perchè,  per  vero  dire,  egli  ha  trattate 
queste  passioni  violenti  con  poca  forza  ;  donde 
l'uomdce  giudicare,  che  il  suo  spirito  era  dolce, 
e  intieramente  contrario  a  tali  rappresentazioni 
tragiche,  e  furiose.  Avrei  voluto,  che  gli  assas- 
sini di  questi  poveri  Innocentini  avessero  portato 


35 
fisonomie  feroci,  e  stravaganti  :  che  il  terrore,  la 

furia,  la  rabbia,  e  la  disperazione  apparissero  sul 
visngfjio,  e  ne' gesti  di  loro  disgraziate  madri, 
scapigliate,  e  scarnificate  di  colpi  nella  difesa 
de'loi-  fiiliuoli  lattanti,  contra  que' carnefici  di- 
spietati. Che  il  suolo  fusse  coperto  di  braccia, 
di  gariìbe,  di  teste  trinciate,  di  corpi  mozzi,  e 
scannati.  Che  tutto  all' intorno  si  vedesse  un  or- 
ribile macello,  con  una  confusione  sDaventevole 
di  gemi  inorridite;  gli  uni  correnti,  gli  altri  gri- 
danti; femmine  svenute,  e  transite  allato  a' loro 
infanti  morti,  e  macellati;  altre  m  atto  di  fuggi- 
re ,  e  di  tentare  di  salvargli ,  qua ,  e  la .  Finahrjen- 
te  chQ  da  tutte  le  bande  non  apparesse,  che  de- 
solazione, che  sangue,  che  strage.  Ma  l' idea  di 
nostro  Pittore  era  più  fredda  ;  e  sarebbe  senza 
dubbio  meglio  riuscito  in  una  composizione  me- 
no violenta,  e  più  conforme  al  suo  genio. 

Giudichiamo  adesso,  con  quale  regolarità  egli 
s'è  tenuto  dentro  a*  termini  della  prospettiva, 
che  è  l'ultima  prova  del  nostro  esame.  Questa 
discussione  non  sarà  sì  difficile  in  questo  disegno, 
come  nel  precedente,  il  piano  essendo  degradato 
qui  in  tal  maniera,  che  il  punto  di  veduta,  e  tut- 
to il  resto,  che  ne  depende,  si  presenta  all'oc- 
chio, senza  eh' e' bisogni  mettersi  in  pena  di  cer- 
carlo per  confetture,  le  quali  non  son  giammai  s; 
per  appunto. 

Que' che  avranno  la  curiosità  d'osservare  esat- 
tamente le  diminuzioni  proporzionali  di  ciascuna 
figura,  secondo  la  degradazione  del  piano,  ove 
elle  si  trovano,  così,  come  io  ho  insegnato  qui 
dinanzi  al  primo  esempio,  vedranno  bene,  che 


3(5  ^ 
tutto  vi  è  giusto.  E  per  Io  secondo  effetto  (che 
è  ancora  il  più  considerabile,  e  come  il  principa- 
le della  prospettiva)  toccante  gli  aspetti  de' cor- 
pi,  avuto  riguardo  a  lor  situazione  sul  medesimo 
piano ,  e  al  punto  di  veduta ,  non  vi  è  niente ,  che 
non  sia  forte  regolare,  perchè,  benché  questa  fi- 
gura di  femmina,  che  si  vede  sul  dinanzi  della 
Tavola  ,  con  un  ginocchio  a  terra ,  tenente  il  suo 
bambino  sotto  il  braccio  dritto,  e  difendendolo 
coir  altro  da  un  soldato,  che  è  in  atto  di  scaricar- 
gli un  riverso  di  coltellaccio  sulla  testa  ;  e  la  fi- 
gura del  soldato  medesimo  sembrassero  a  prima 
vista,  e  runa,e  l'altra  dover  essere  più  tosto  ve- 
dute per  la  banda  delle  spalle,  che  per  la  banda 
del  petto  ;  nientedimeno  quando  si  considera ,  che 
la  lincazione  di  loro  posizione  è  direttamente  vol- 
ta verso  la  diagonale  de'quadrati  del  piano,  si 
giudica  altresì  subito,  che  il  loro  aspetto  deve  es- 
sere ben  differente  da  quelle,  di  cui  la  situazio- 
ne è  parallela  alla  base  della  Tavola:  oltreché  nel 
contrasto  di  queste  due  figure  si  vede,  ch'elle  fan- 
no ancora  una  contorsione  di  corpi  assai  violen- 
ta verso  la  parte,  che  esse  ci  discuoprono  -  Tutto 
il  restante  di  questa  composizione  non  può  fare 
veruna  difficultk;  perchè  io  passo  a  una  terza 
Stampa,  appresso  aver  detto  in  generale  di  que- 
sta, che  se  senz'aver  riguardo  all'espressione  delle 
passioni,  uno  la  consideri  solamente  per  la  giu- 
stezza del  disegno  nelle  figure,  per  la  regolarità 
nella  prospettiva;  per  li  be' contorni  di  ciascun 
membro,  per  la  diligenza,  e  per  la  delicatezza 
dell'intaglio  è  un  eccellente  pezzo  d'opera. 


3? 

Terza  Stampa. 
Delia  Deposizione  di  Croce  di  Nostro  Signore . 

Eccone  un'altra  della  medesima  mano,  ma  che 
è  molto  più  stimabile  pel  merito  del  suggetto, 
ch'ella  rappresenta,  e  d'una  più  grande  idea; 
piena  di  rare  considerazioni,  e  d'una  espressione 
ammirabile. Questa  è  un  Deposto  di  Croce, a  pie 
della  quale  vedesi  la  Vergine  passata  dal  dolore, 
e  svenuta  tra  le  braccia  delle  Marie,  mentre  che 
Giuseppe  d'Arimatìa,  e  Nicodemo-  dischiodano 
nostro  Signore ,  e  travagliano  con  S.  Giovanni 
suo  più  caro  discepolo,  a  scenderlo  dalla  Croce 
per  portarlo  nel  sepolcro,  che  gli  aveano  pre^ 
parato . 

E'  difficile  che  questa  Storia  sia  rappresentata 
con  più  devozione,  più  amore,  più  dolore,  ne 
con  espressione  più  toccante,  né  meglio  divisa- 
ta; la  devozione  in  Giuseppe  d'Arimatìa,  l'amo- 
re in  S.  Giovanni ,  e  il  dolore  nella  Vergine  colle 
Marie;  il  paesaggio  medesimo  inspira  della  tri- 
stezza per  una  sterilita  apparente,  e  per  l'asprez- 
za della  situazione .  Ecco  alcune  considerazioni 
generali;  ma  per  non  turbare  l'ordine,  che  ho 
fermato  in  questo  Trattato ,  e  osservato  qui  di- 
nanzi nell'esame  delle  composizioni  precedenti; 
cominciamo  dalla  nostra  prima  parte ,  che  è  l'In- 
venzione, cioè  a  dire  l'ordine  delle  figure  nel  di- 
segno, di  cui  l'una  delle  più  considerabili  massi- 
me si  è,  di  collocarle  con  questa  diserezione,  che 
la  principale  figura  del  suggetto  si  trovi  sempre 
verso  il  mezzo  della  Tavola,  o  nel  luogo  il  più 
apparente,  come  l'ho  di  già  notato  nel  Giudizio 


38 
di  Paride  .  Questo  nondimeno  non  essendo  prati- 
cato, che  da' Pittori  più  giudiziosi,  io  lo  ripeto 
aiicoja  una  volta,  affinchè  all'esempio  di  Ralla- 
elio  uno  apprenda  ad  essere  esatto  in  ciascuna 
delle  nostre  cinque  parti  fondamentali  della  Pit- 
tura, poiché  non  vi  ha  altro  cammino  per  arri- 
vare alla  perfezione  di  essa. 

Ora  avanti  di  parlare  della  situazione  delle  fi- 
gure in  questo  disegno,  è  necessario  di  conside- 
rare primieramente,  che  il  quadro  della  Tavola  è 
d'una  forma  ben  differente  dalle  due  precedenti, 
ove  l'estensione  del  terreno  eccedeva  lo  spazio 
dell'altezza,  dove  che  qui  l'altezza  domina  la 
larghezza,  che  è  molto  minore,  convenevolmen- 
te alla  forma  della  croce,  che  è  la  figura  princi- 
pale, e  come  la  regola  di  quesro  quadro.  11  che 
io  osservo  anticipatamente,  affinchè  in  parlando 
tantosto  della  situazione,  o  collocazione  prospet- 
tiva di  ciascun  corpo,  si  conosca  meglio  la  dif- 
ficultà  particulare,  che  si  incontra  in  tali  suggctti 
come  questo,  ove  la  più  parte  delle  figu'e  si  tro- 
vano in  aria,  e  sospese  sopra  al  piano,  fuori  del 
terreno . 

Posto  questo,  osserviamo  con  quale  circospe- 
zione il  nostro  Pittore  ha  collocato  il  suo  Cristo 
non  solamente  in  mezzo  della  sua  Tavola  ,  ma  an- 
cora come  egli  l'ha  volto  verso  la  parte  ritta, 
donde  prende  suo  lume,  e  lo  fa  discendere  tra 
le  braccia  del  suo  amato  discepolo  S.  Giovanni, 
che  Io  riceve,  e  con  una  compassione,  e  con  un 
amore,  che  si  vede  meglio,  che  e' si  possa  dire. 

Ora  questa  composizione  di  Tavola  ha  questo 
di  singulare,  ch'ella  contiene  come  due  diversi 


39  . 
ordini  di  figure  quasi  egualmente  considerabili, 

l'uno  d' uomini,  e  l'altro  di  femmine  ,  de' quali  il 
primo ,  eh'  è  rutto  in  aria ,  rappresenta  coloro ,  che 
travagliano  a  dischiodarlo,  e  a  calare  dalla  croce 
il  corpo  di  nostro  Signore ,  e  questi  son  gli  uo- 
mini, come  più  forti,  e  più  operanti,  che  mec- 
ton  mano  a  questa  penosa  impresa.  Quant' all' al- 
tro ordine,  che  è  disposto  alla  maniera  ordinaria 
sul  piano,  questo  è  quattro  femmine,  tra  le  quali 
la  Vergine  è  unicamente  considerabile;  altresì 
tiene  ella  il  più  degno  posto  a  pie  della  croce , 
ove  le  Marie  intorno  a  lei ,  le  rendono  in  qualche 
maniera  i  medesimi  officj ,  che  Giuseppe  d'  Ari- 
matìa,  e  suoi  compagni  f^mno  al  suo  figliuolo. 
Queste  osservazioni  giudiciose  si  trovano  sempre 
neir  opere  de' Pittori  della  scuola  di  Raffaello, 
ma  perciocché  elle  sono  in  piccolissimo  numero, 
e  che  Raffaello  ancora  pare  assai  esserne  stato  il 
maestro,  giacché  in  ricercando,  e  studiando  sue 
composizioni  sul  paragone  di  quelle  degli  altri 
Pittori;  l'uomo  vi  osserva  sempre  qualche  tratto 
d'ingegno  più  trascendente,  io  ne  toccherò  qui 
solamente  uno  per  passaggio, che  è  di  quella  ma- 
niera, che  gl'Italiani  appellano  comunemente  il 
Costume . 

Esplicazione  del  Costume» 

E  come  questa  parola  non  è  un  termine  parti- 
cularmente  usato  nella  Pittura,  ma  è  altresì  co- 
mune a' Poeti,  e  agli  Storici,  che  dicono  le  me- 
desime cose,  che  i  Pittori  sono  soliti  di  rappre- 
sentare ;  io  non  devo  imputare  solamente  a'  Pie- 


4° 
tori  di  nostra  nazione ,  tutto  il  rimproccio  di  non 

avere  ancora  dato  nome  a  questa  eccellente  parte 
dell'Arte i  donde  pare,  che  si  possa  inferire,  che 
ella  non  è  dunque  conosciuta,  né  praticata  fra 
loro.  Sarà  sempre  più  a  proposito,  e  più  utile 
d'esplicarne  il  mistero,  e  di  fare  concepire  la  for- 
za, e  la  vera  intelligenza  di  questo  Costume ,  che 
è  a  propriamente  parlare,  uno  stile  prudente, 
una  espressione  giudiziosa,  una  convenenza  par- 
ticulare,  e  specifica  a  ciascuna  figura  del  suggct- 
to,  che  si  tratta.  Di  sorte  che  questa  parola  bene 
intesa  comprende,  e  vuol  dire  tante  cose  essen- 
ziali a  nostro  proposito,  che  non  si  può  dare  il 
troppo  neir  esaminarla ,  e  nello  esplicarla  ;  perchè 
io  voglio  ancora  provarmi  di  farla  intendere,  e  di 
schiarirla  più  dimostrativamente  per  alcune  mas- 
sime generali ,  e  per  esempli ,  prima  di  farne  l' ap- 
plicazione al  nostro  disegno. 

Che  si  tratti  adunque  di  dipignere  la  storia  d'A- 
damo, e  d'Eva  nel  Paradiso  terrestre,  allorché 
alla  sollicitazione  del  Serpente ,  mangiarono  del 
frutto  vietato.  Bisognerà  ben  guardarsi  d' intro- 
durvi altre  figure  umane,  né  di  far  vedere  nel 
paese  alcuna  sorta  di  fabbriche:  il  che  sarebbe 
una  brutta  mancanza  contra  '1  Costume  ,  di  cui 
parliamo.  Nientedimeno  per  grossolana  ch'ella 
paja,  non  é  che  non  sia  scappata  al  nostro  gran 
Pittore  in  una  delle  sue  più  curiose  Stampe  dell'in- 
ta^io  di  Marcantonio:  tanto  egli  è  avvantaggio- 
so,  e  medesimamente  il  più  sovente  necessa- 
rio d'essere  avvertito  di  schifare  solJecitamente 
queste  assurdità. 

Eccone  un'altra  meno  perdonabile,  che  io  ho 


4' 

notata  in  una  Tavola  del  più  gran  maestro  degli 
Oltramontani,  Albeuo  Duro,  ove  avendo  dipin- 
ta la  Natività  di  nostro  Signore  con  tutta  la  de- 
vozione,  che  s'era  potuto  immaginare  in  ciascu- 
na tìguia,  tanto  della  Vergine,  che  de*  pastori, 
che  lo  venivano  ad  adorare,  fa  altresì  il  buon 
San  Giuseppe  pregar  inginocchioni ,  e  tenente 
una  coroncina  in  mano;  che  è  veramente  una 
inezia  affatto  gottìca.Se  ne  trovano  ancora  alcu- 
ne altre  nelle  sue  Stampe,  d'  una  idea  più  bassa, 
e  se  è  lecito  il  dirlo  ,  più  spropositate  ;  come  è 
quella  d'avere  attaccata  una  Scimmia  (  il  più  ri- 
dicolo, e  forse  il  più  libidinoso,  e '1  più  vizioso 
animale  della  natura)  allato  alla  Madonna,  la 
quale  tiene  il  suo  figliuolino  nelle  braccia,  che  è 
a  mio  giudizio  la  più  sciocca,  e  la  più  stravagan- 
te visione,  che  possa  nascere  nella  fantasia  d'un 
Pittore  sopra  questo  suggetto:  perciocché  ella 
non  va  solamente  contr'al  Costume,  di  cui  noi 
parliamo,  ma  ella  ferisce  direttamente  il  senso 
comune. 

Questi  pochi  esempli  bastano  per  far  conosce- 
re 1'  importanza  di  questa  parte  dell'Arte,  senza 
la  quale  un  Pittore,  per  gran  disegnatore,  perito 
nella  prospettiva,  e  buon  coloritore  ch'e'  possa 
essere,  e  benché  egli  abbia  tutto 'I  resto  della  più 
eccellente  pratica,  se  con  questo  non  è  istrutto 
di  ciò,  che  concerne  il  Costume,  darh  soven- 
te attacco  a  censurare  le  siie  opere.  E  benché 
le  mancanze  di  questa  spezie  non  siano  visibi- 
li, che  agli  occhi  dell'  intelletto,  elle  non  ne 
sono  meno  biasimevoli,  e  vergognose:  pel  con- 
trario coniecchè  elle  sono  principalmente  cono- 


sciuce,  e  suggette  alla  censura  di  persone  giudi- 
ziose, e  di  gente  di  lettere,  non  sarà  possibile  lo 
scusarle;  oltre  che  sono  ancora  d'una  più  nota- 
bile conseguenza;  nella  stessa  maniera  che  sarìa 
più  rinfacciabile  a  un  Istorico  d'avere  inserita 
nelle  sue  relazioni  alcuna  cosa  falsa,  o  d'essersi 
disviato  in  qualche  ragionamento  fuor  di  propo- 
sito, e  impertinente,  che  d'avere  usato  nel  suo 
discorso  qualche  termine,  o qualche  frase  di  par- 
lare, che  non  fusse  in  uso. 

Bisogna  dunque,  che  un  Pittore,  che  aspira  a 
qualche  grado  di  gloria  nella  sua  professione,  sia 
forte  esatto  a  ciò,  che  risguarda  il  Costume ,  e  che 
ne  faccia  per  così  dire  suo  capitale,  perciocch'e- 
gli  e  generalmente  comune  a' nostri  cinque  prin- 
cipi fondamentali,  e  che  ne  compone  la  con- 
sonanza di  tal  maniera,  che  e' si  deve  conside- 
rarlo come  il  tutto  di  queste  cinque  parti.  Ma 
e' bisogna  ben  guardarsi  dal  credere,  che  per  sa- 
tisfare all'intenzione  del  Costume,  sia  abbastan- 
za lo  schifare  queste  inezie ,  e  queste  brutte  man- 
canze, delle  quali  or  ora  ho  osservato  alcuni  e- 
sempli  ;  se  oltr'a  questo  uno  non  apparisce  inge- 
gnoso, e  dotto  nell'espressione  de'suggctti,  che 
si  trattano.  Perchè  se  un  pittore  avendo  a  rappre- 
sentare qualche  battaglia  d'Amazoni,  o  di  Parti, 
o  qualche  trionfo  di  Giulio  Cesare,  si  fosse  con- 
tentato d'osservare  le  considerazioni  generali, 
che  convengono  all'ordinare  battaglie,  e  trion- 
fi, senza  particolareggiarvi  alcuna  cosa  propria, 
e  singulare  a  ciascuna  di  queste  storie ,  non  a- 
vrcbbe  satisfatto  all'  espressione  del  nostro  Co- 
stume, che  Vuole,  che  i  Parti  sieno  diiferenti, 


43 

e  riconoscibili  dall'altre  nazioni,  tanto  per  loro 
armi,  che  ^er  loro  maniera  di  combattere,  che 
è  GÌ  non  .bcoccare  mai  lor  fi  ecce ,  che  in  volendo 
la  spaila  verbo')  nemico,  e  battendosi  sempre  nel- 
la ntiiaca  .  Non  bisognerà  far  di  manco  per  le 
Am  rzoni ,  perchè ,  benché  e'  paja ,  che  esse  doves- 
sero essc-re  assai  notabili  per  lo  loro  sesso  (  poiché 
di  .acce  le  nazioni  dei  mondo  non  ve  ne  ha  giam- 
mài avuto  alcuna  altra, ove  questo  sesso,  natural- 
mente timido, e  fievole,  si  sia  talmente  rivoltato 
contra  sua  propria  natura,  e  si  sia  mostrato  sì 
fiero,  e  sì  baldanzoso,  che  abbia  avuto  1' a:  dire 
di  prendere  il  mestiere  de' più  bravi  uomini) 
è  nientedimeno  ancora  bene  a  proposito  il  dar 
loro  qualche  contrassegno  particulare,  che  dimo- 
stii,  che  il  Pittore  l'avrebbe  ben  sapute  far  co- 
noscere fuori  d'una  battaglia,  alla  foggia  di  lor 
vestire,  che  non  copriva  la  spalla  manca  fino 
socto  alla  mammella;  e  quinto  alla  mammella 
dritta,  che  esse  si  facevano  biuciare  fin  dalla  lo- 
ro giovanezza ,  alfine  ch'elle  potessero  trarre  d'ar- 
co più  comodamente,  non  ne  dovrà  segnare  al- 
cuna apparenza  SDtto  il  lor  abito  da  quella  ban- 
da. Non  si  trova  ancora,  che  si  servissero  di  spa- 
da ,  ma  bendi  frecce,  di  accette,  e  di  giavellotti. 
Il  brocchiere  ,  cui  elle  imbracciavano  era  piccolo, 
e  in  forn)a  di  mezza  luna,  o  d'un  quarto  di  luna. 

Per  quello ,  che  concerne  il  Costume  nella  fi<iu- 
ra  di  Giulio  Cesare,  è  necessario  di  sapere,  ch'e- 
gli era  calvo,  e  che  si  faceva  radere  il  mento, 
talmentechè  non  bisognerebbe  dipignerlo  con  una 
bella  capellatura,  ne  dargli  una  lunga  barba,  co- 
me si  fa  a  Pompeo,  e  ad  alcuni  altri  Imperatori, 


44  , 
perche   non  sarebbe  punto  desso  agli   occhi  di 

color,  che  sanno. 

Ecco  alcune  singularita  specifiche  a  ciascuno 
de' nostri  tre  esempli,  che  basteranno  per  servi- 
vire  di  guida  in  questo  cammino,  che  mena  al- 
la perfezione  della  Pittura;  perchè  qui  princi- 
palmente consiste  il  suo  più  eccellente,  e  più  ra- 
ro magistero .  E  non  è  forse  stato  altro  ,  che  in 
questo  genere,  che  que'gran  Pittori  dell'antichi- 
ù. ,  Apelle ,  Timante ,  Protogene  ,  Zeusi ,  e  lor  si- 
miglianti,  hanno  sorpassato  i  nostri  moderni, 
stantechè  ne  per  opera  di  colorito,  ne  della  re- 
golarità della  prospettiva,  ne  delle  proporzioni 
de' corpi,  ne  delle  diverse  maniere  di  dipigncre, 
né  di  tutto  '1  resto  del  meccanico  dell'Arte ,  non  vi 
è  verisimilitudine ,  ch'egli  abbiano  avuto  alcuno 
avvantaggio  sopra  li  nostri .  Così  Filostrato ,  Quin- 
tiliano, Plinio,  e  tutti  gli  altri,  che  gli  hanno  im- 
mortalati per  loro  scritti ,  non  gli  lodano  princi- 
palmente che  di  questa  finezza  di  giudizio,  e 
dell'eccellente  talento,  che  fanno  parere  nelle 
loro  opere ,  come  si  può  giudicare  da  ciò  eh'  e'  di- 
cono del  nobii  lavoro  dei  sacrifizio  d'Ifigenia, 
ove  r  ingegnoso  Timante  avendo  dipinto  per  una 
espressione  giudiciosissimamente  partita ,  tutti  i 
gradi  dei  dolore,  e  della  pietà  sul  viso  di  coloro, 
ch'erano  presenti  a  quel  funesto  spettacolo,  e 
dopo  aver  di  già  voti,  e  consumati  tutti  i  tratti 
del  suo  pennello,  e  tutte  le  forze  dell'Arte,  a- 
vanti  d'esser  venuto  infino  al  padre  di  quella  in- 
nocente, e  deplorabile  vittima  ,  non  gli  restando 
più  alcun  modo  di  rappresentarlo  assai  degna- 
mente, come  sarebbe  abbisognato,  gli  coprì  il 


45 ., 
viso,  lasciando  così  da  pensare  a  ciascuno,  ciò 

che  se  ne  poteva  immaginare. 

Ecco  ciò,  che  ne  dice  Plinio  al  trentacinque- 
simo libro,  Cap.X.  e  incontanente  appresso  ag- 
giugne  ancora  a  lode  di  questo  gran  maestro, 
che  in  tutte  le  sue  opere,  dava  sempre  a  inten- 
dere più  cose  di  quelle,  eh' e' faceva  vedere,  e 
che,  benché  la  Pittura  sia  un'Arte  eccellentissi- 
ma, e  sublime,  l'ingegno  di  quel  Pittore  era  eoa 
tutto  ciò  più  elevato. 

Sarebbe  a  mio  avviso  una  cosa  di  molto  dilet- 
to, se  si  potesse  rendere  possibile,  il  fiir  vedere 
questa  famosa  Tavola  antica  a'  nostri  curiosi  mo- 
derni ,  per  esporla  al  loro  esame  -,  perchè  io  non 
credo,  eh'  e'fussero  sì  impertinenti,  né  sì  teme- 
rari ,  che  non  ne  facessero  stima ,  dopo  l' alta  ri- 
putazione, che  ella  ha  goduto  fra  i  grandi  uo- 
mini dell'antichità  :  ma  io  dubito  altresì,  se  e' vi 
trovassero  queste  beltà  novelle,  e  alla  moda  del 
tempo,  che  corre,  nelle  quali  nientemeno  fanno 
consistere  tutta  l'eccellenza ,  e  tutto  il  raffina- 
mento della  Pittura  ;  in  proposito  delle  quali  han- 
no medesimamente  inventato  apposta  un  linguag- 
gio particolare ,  col  quale  esagerano  magnifica* 
mente  per  via  di  gesti,  e  d'espressioni  molto  en- 
fatiche,  per  fare  ammirar  la  Freschezza,  e  la  Va- 
ghezza del  Colorito,  la  Franchezza  del  Pennello, 
i  Tocchi  arditi,  i  Colori  bene  impastati,  e  ben  no- 
driti ,  il  Distaccamento  de' Massi,  i  Panni  ben  get- 
tati, i  bei  Panneggiamenti,  i  Colpi  da  Maestro,  la 
Grande  Maniera,  i  Muscoli  ben  risentiti,  i  be'Din- 
torni,  le  belle  Tinte  ,  e  la  Morbidezza  delle  Carna- 
gioni, i  be' Gruppi,  i  be' Bocconi,  e  in  quantità 


±6 

altre  bellezze  chimeriche  di  questa  natura ,  che 
non  si  sono  giammai  ossei  vate  nell'opere  di  que* 
gran  Pittori  antichi  ,  che  senza  dubbio  ancora 
non  si  proponevano  cose  manco  di  queste  nella 
rappresentazione  di  loro  Tavole.  Perchè  egli  è 
certo,  che  dopo  tutte  queste  beltà  superficiali ,  o 
più  tosto  immaginarie,  se  l'invenzione  del  sug- 
getto,  che  si  tratta,  non  è  ben  ragionata,  se  le 
figure  non  sono  giuJiciosamente  ordinate  nella 
Tavola  ,  e  con  una  espressione  convenevole;  se  l'i- 
storia non  è  sufficientemente  ripiena  di  tutte  le 
sue  circostanze  necessarie;  se  la  regolarità  della 
prospettiva  non  è  precisamente  mantenuta  per 
tutto  nella  posizione,  nell'aspetto  delle  figure; 
e  conscguentemente  altresì  nell'ombre,  e  ne' lu- 
mi, e  in  fine,  se  il  Costume,  che  testé  abbiamo 
esplicato  bene  a  lungo  per  far  conoscere  sua  im- 
portanza ,  non  vi  è  di  più  esattamente  osservato, 
giammai  un'opera  non  darà  riputazione  al  suo 
autore  fra  gli  scienziati.  Co^ì  di  tutto  il  volgo 
de' Pittori  dell'antichità,  che  non  avevano  che 
il  talento  meccanico,  e  che  perla  sterilita,  e  per 
la  bassezza  di  lor  genio  non  s'attaccavano,  se 
non  alla  scorza  della  Pittura ,  non  se  ne  trova  al- 
cuno, di  cui  il  nome  sia  venuto  infino  a  noi,  per- 
chè i  Critici  di  quel  tempo  guardavano  una  esat- 
tezza sì  rgorosa  nell'esame  di  ogni  Tavola,  che 
benché  fussero  esattamente  lavorate  secondo  le 
regole  dell'Arte,  se  il  suggetto,che  rappresenta- 
vano ,  non  aveva  ancora  una  convenenza  ragione- 
vole al  luogo,  ov' eir erano  dipinte  ,  questo  solo 
era  capace  ,  ch'elle  fussero  vituperate,  e  scacciate  ; 
tanto  le  mancanze  di  giudizio  in  un  Pittore  avvili- 
vano la  sua  opera . 


47 
Vitruvio  nel  settimo  libro  al  Gap.  V.  rapporta 
un'Istoria  grandemente  considerabile  a  questo 
proposito,  d'un  Pittore  per  nome  Apaturio,  di 
cui  l'esempio  è  così  giusto,  che  e' non  abbisogna 
altro  per  dissuggellarci  gli  occhi ,  e  levarci  dalia 
folle  preoccupazione  di  stima,  che  la  fortuna  di 
certi  Pittori  ha  stabilita  loro  con  un  possesso  cosi 
assoluto,  e  sì  tirannico,  che  l'uomo  non  osereb- 
be quasi  di  trovare  da  dire  nelle  loro  opere ,  le 
quali  passano  sempre,  come  originali  di  perfe- 
zione, tra  la  cabala  de' curiosi,  a' quali  basta  di 
sapere  i  nomi  de'  Pittori ,  e  di  riconoscere  lor  ma- 
niere per  essere  virtuosi.  Ma  come  egli  è  giusto, 
che  la  ragione  sia  più  forte,  che  non  è  questa 
cabala,  non  si  deve  dubitare  altresì  d'esaminar- 
ne la  verità,  in  ordine  a* nostri  principi,  che  so- 
no guide  sicurissime . 

E  per  farne  di  subito  una  prova  utile,  e  dimo- 
strativa, cominciamo  da  quel  Capo  d'Opera  si  ri- 
nomato,  sì  incomparabile,  sì  ammirabile,  il  più 
gran  suggetto,  e 'I  più  vasto,  che  possa  mai  en- 
trare neir  idea  d' un  Pittore .  Questo  è  l' istoria  del 
tremendo  Giudizio  universale  della  fine  del  mon- 
do, che  vedesi  a  Roma  nelhi  Gappclla  del  Pupa 
al  Vaticano,  in  faccia  all'altare  di  quel  santo  luo- 
go; il  più  venerabile,  e'I  più  aui^usto  della  Gri- 
stianità,  dipinta  dalla  mano  famosa  del  gran  Mi- 
chelagnolo,  quel  Paragone,  o  piuttosto  quell'An- 
tagonista de' Pittori  antichi,  e  il  Gorifeo  di  tutti 
i  moderni . 

Ghe  non  si  sarebbe  l'uomo  dovuto  prometter- 
si d'un  lavoro  di  tale  importanza,  in  un  concorso 
così  avvantaggioso  di  tutte  le  bande,  donde  gli  è 


48         . 

potuto  venire  deirajutoper  Io  successo  di  sua  per- 

fezione?  Ma  Orazio  in  un  Trattato,  ch'egli  fa 
dell'  Arte  Poetica  (la  quale  è  propriamente  la  so- 
rella nata  a  un  corpo  della  Pittura)  esprime  am- 
mirabilmente in  due  piccoli  versi,  ciò  che  pro- 
ducono per  l'ordinario  queste  grandi  aspettative. 
Quid  dignum  tanto  feret  hic  promissor  fiiaiu^ 
Parturient  niontes ,  nascetur  ridiculiis  nius. 
Renderei  senza  dubbio  un  cattivo  uficio  all'auto- 
re di  questa  prodigiosa  composizione,  se  io  ne 
volessi  far  qui  la  medesima  rivista,  che  ho  co- 
minciata sur  alcune  di  Raffaello,  seguendo  i  prin- 
cipi ^^  questo  Trattato;  perciocché  questi  due  Ge- 
nii  hanno  tra  di  loro  una  antipatìa  sì  generale, 
che  tutto  ciò  che  fa  per  l'uno,  nuoce  all'altro; 
e  si  potrìa  dire  in  verità,  che  l'uno  è  buono,  e 
l'altro  il  cattivo  Angelo  della  Pittura  ;  perchè, 
come  si  not*  nella  più  parte  delle  composizioni 
di  Raffaello  una  gentilezza  d'invenzione  nobile, 
e  poetica,  noi  veggiamo  altresì  quasi  sempre  in 
quelle  di  Michelangelo  una  gravezza  rustica,  e 
villana;  e  se  la  grazia  è  stata  uno  de' principali 
talenti  del  primo,  pare  che  l'altro  abbia  preso  in 
pruova  di  parere  rozzo,  e  raalgrazioso  per  una 
certa  durezza  affettata  nella  sua  maniera  di  dise- 
gnare,  muscolosa,  e  tagliente  ne' dintorni  delle 
figure,  e  per  li  stravaganti  scorci,  eh' e' fa  lor  fa- 
re indiscretamente  per  tutto,  senza  dar  loro  me- 
.desimamente  alcuna  varietà  di  proporzioni;  di 
sorte  eh'  e'  pare ,  eh'  e'  non  abbia  giammai  avuto , 
che  u'i  ficchmo  per  modello;  dove  che  il  nostro 
giudizioso  Raffaello  teneva  una  maniera  più  dol- 
ce, e  più  conforme  alla  natura,  che  si  compia- 


49 

ce  tutto  dì  a  mettere  qualche  varietà  nelle  sue 

fcitcure. 

AvQva.  ancora  singularmente  a  cuore  di  non 
dipig'iere  niente  di  troppo  licenzioso,  né  che  po- 
tesse offendere  la  modestia,  e  l'onestà.  Ma  l'al- 
tro al  contrario  faceva  gloria  apertamente  di  non 
avere  vergogna  d'alcuna  cosa,  e  medesimamente 
di  profanare  e  i  luoghi,  e  le  scorie  le  più  sante, 
per  lo  suo  infame  libercinaggio.il  che  non  appa- 
risce se  non  troppo  nel  suggetto ,  di  cui  si  tratta 
del  gran  giorno  del  Giudizio,  il  più  importante 
articolo  di  nostra  Fede,  il  quale  è  srato  figurato, 
o  per  meglio  diie,  disfigurato  per  quel  fanfarone 
della  Pittura  Michelangelo,  con  una  temerità  tal- 
mente empia  ,  che  e' sembra  avere  avuto  disegno 
di  renderlo  favoloso,  e  tutto  chimerico,  per  le 
sciocche,  e  ridicole  smorfie,  ch'e'fa  fare  a  una 
parte  di  sue  figure  con  azioni  sì  odiose  a  occhi  ca- 
sti,  ch'elle  non  sarebbero  medesimamente  sop- 
portabili in  luoghi  profani,  lo  lasserò  fare  tutto 
il  minuto  di  suo  esame  a  coloro,  che  avranno  as- 
sai curiosità  per  divertirvisi  ;  appresso  avere  so- 
lamente dato  in  generale  qualche  biasimo  a  ciò, 
che  concerne  il  Costume,  che  è  la  Tesi, .che  noi 
agitiamo  al  presente,  e '1  principale  mezzo,  don- 
de r  uom  conosce,  se  un  Pittore  è  giudizioso,  e 
savio;  qualità  assolutamente  necessarie,  e  senza 
le  quali  non  deve  giammai  essere  stimato  virtuo- 
so uomo . 

Consideriamo  dunque  primieramente  ciò,  che 
l'Evangelio  c'insegna  di  questa  Istoria  a  venire; 
affine  di  veder  meglio,  se  l'idea,  che  questo 
grande  ingegno  di  Michelagnolo  ne  avea  conce- 


pita ,  ce  ne  formi  qualche  rappresentazione  ra- 
gionevole. 

Si  legge  in  diversi  luoghi  della  Bibbia,  ma 
particularmentc  verso  la  fine  del  Vangelo  di  San 
Matteo:  Che  in  quell'ultimo  dì  del  Giudizio,  il 
Sole  sarà  oscurato,  la  Luna  dimorerà  senza  luce, 
le  Scelle  caderanno  dal  Cielo,  il  Segno  del  Fi- 
glìuol  dell' Uomo  sarà  inalberato  al  cospetto  di 
tutte  le  nazioni  della  terra,  che  allora  si  trove- 
ranno in  una  strana  costernazione,  vedendo  ve- 
nire in  mezzo  alle  nuvole  quel  terribile  Giudice, 
seguito,  e  circondato  da  tutta  la  Corte  Celestia- 
le ,  sedente  sur  un  Trono  formidabile ,  in  una  gran 
maestà,  avendo  a  man  ritta  i  dodici  Apostoli,  per 
fare  altresì  Tuficio  di  Giudici;  e  in  conseguenza 
tutto  il  resto  della  compagnia  de'Beati  in  bell'or- 
dine. Ma  alla  manca  si  vedrà  la  folla  innumera- 
bile de' riprovati,  con  una  confusione  orribile. 

Che  direm  noi  adesso  della  Pittura  di  Michel- 
agnolo,  se  tutto  questo  non  vi  si  trova?  Sarà  egli 
possibile,  ch'egli  non  l'abbia  studiato  avanti  di 
prendere  il  suo  pennello,  e  che  si  fusse  così  in- 
consideratamente ingaggiato  a  comporre  una  Isto- 
ria senza  saperla,  e  un'Istoria  del  Giudizio? 

In  verità  questo  Pittore  moderno  sarebbe  stato 
ben  disgraziato  a  abbattersi  al  tempo  de' Critici 
dell'Antichità,  che  erano  sì  rigorosi,  e  sì  esatti, 
che  non  perdonavano  alcuna  cosa,  medesimamen- 
te a  que'gran  Maestri,  che  per  l'eccellenza  di 
lor  pennello,  e  per  la  sublimità  di  loro  ingegni 
aveano  fatto  montar  sì  alto  il  nome  di  Pittore, 
e  condotta  la  gloria  di  lor  professione  per  un  cam- 
mino così  elevato,  che   verisimilmentc  sarebbe 


5t 

stato  inaccessibile  a  questi.  Perchè,  bench'egli 
si  fusse  a  mio  avviso  segnalato  fra  loro  nella  par- 
te meccanica  delia  Pittura  (  perchè  in  effetto  egli 
era  un  assai  buono  disegnatore  per  li  dintorni,  e 
per  la  giustezza  delle  proporzioni  delle  figure) 
nientedimeno  V  impertinenza  del  suo  spirito  in 
ciò,  che  concerne  l'Invenzione,  e  sue  idee  cer* 
velioriche,  che  non  formavano,  che  Espressioni 
villane,  e  ridicole,  l'avrebbero  sempre  renduto 
incapace  d'essere  ammesso  tra  l'ordine  de' Pie* 
lori;  e  non  sarebbe  stato  contato  fra  quelle  gen- 
ti, che  come  un  Sofista  tra' veri  Filosofi,  o  come 

uno  Scarpellino,  o  un  Manuale  tra degli 

Architetti. 

Esame  del  Giudizio  di  Michelagnolo . 

E  per  farne  una  prova  assai  graziosa,  e  anco- 
ra con  questo  bene  dimostrativa,  finghiamo,  che 
e'  si  fusse  trovato  all'  esame  dell'Opera  di  Timan» 
te  ,  rappresentante  il  sacrificio  d'Ifigenia,  di  cui 
noi  abbiamo  qui  avanti  parlato;  e  che  nella  pre- 
senza de' medesimi  giudici,  che  pronunziarono 
in  suo  favore  contra  Colete  suo  competitore  di 
gloria  in  questa  occasione,  il  nostro Michelagno- 
Io  si  fusse  altresì  presentato  a  questa  onorabile 
contesa,  con  discoprire  loro  il  suo  insigne  lavoro 
della  Cappella  del  Vaticano,  dopo  aver  loro  suf- 
ficientemente esposto  le  circostanze  necessarie 
all'intelligenza  di  questa  divina  Istoria  del  Giu- 
dizio della  fine  del  mondo,  affinchè  que' sovrani 
arbitri  della  Pittura  la  potessero  considerare  giu- 
diziosamente,  stabilendo  loro   nel  resto  per  un 


5«. 

un  principio  fondamentale,  e  universale  in  tutti 

i  mistei  j  della  Religion  Cristiana  ,  di  non  v'  in- 
trodurre giammai  niente  di  fiivoloso,nè  di  ca- 
priccioso, non  essendo  permesso  di  mescolare 
ie  cose  profane  per  me'  le  sante . 

Supposto  questo  noi  possiamo  entrare  conse- 
guentemente nel  Concistoro  di  questi  Notabili, 
per  vedere  decidere  la  preminenza  tra'  nostri 
Pittori  moderni ,  e  gli  antichi,  per  l'esame  dell'O- 
pera di  Michelagnolo,  di  cui  è  questione. 

Ma  di  qual  sorte  il  nostro  Moderno  potrà  egli 
rispondere  a  tutte  le  obiezioni,  che  essi  gli  ven- 
gono a  fare,  sopra  ciascuna  parte  della  sua  Ta- 
vola, che  si  troverà  contraria  alle  massime  di 
loro  esame,  di  cui  eccone  le  quattro  più  genera- 
li, e  più  essenziali . 

I.  Nella  composizione  d' una  Istoria,  la  verità 
vi  sia  primieramente  molto  esatta,  e  pura. 

II.  Si  abbia  grande  considerazione  del  luogo, 
ove  ella  sarà  rappresentata. 

III.  Si  prenda  ben  guardia  a  non  discoprire 
giammai  le  parti,  che  non  si  possono  mostrare 
onestamente.  Questa  massima  è  sempre  stata  fra 
loro  talmente  a  cuore,  che  medesimamente  sof- 
frivano piuttosto,  che  la  Storia  restasse  difettosa 
in  qualche  cosa,  che  passar  oltre  i  confini  del- 
la modestia . 

IV.  E  finalmente  per  lo  quarto  grado  di  perfe- 
zione: si  trovi  modo  di  rappresentare  le  cose  no- 
bihnente  ,  ingegnosamente  ,  e  d'  una  maniera 
grande  ,  e  magnifica. 

Ecco  le  quattro  parti  principali,  che  fanno  il 
conserto,  e  per  così    dire,  l'armonia   della  Pit- 


53 

tura,  per  la  giusta  relazione,  che  eli' hanno  tra 
di  loro.  Il  che  i  noscri  Critici  cercheranno  rigo- 
rosamente nell'Opera,  che  loro  si  presenta;  ove 
io  ho  ben  paura,  eh' e' non  trovino  assai  il  lor 
conto  per  lo  successo  della  pretensione  del  no- 
stro Moderno.  Perchè  andando  per  ordine,  come 
riconosceranno  eglino  la  verità  della  Storia  ,  di 
cui  si  tratta  in  questa  rappresentazione  del  Giu- 
dizio universale,  vedendo  un  Giudice  stante  in 
piedi,  giovane,  e  come  parlante  con  minacce, 
circondato  tumultuariamente  da  più  figure,  sen- 
za alcuna  attenzione  a  ciò ,  eh'  e'  pronunzia ,  senza 
rispetto  a  sua  presenza,  gli  uni  volgendogli  il 
dosso,  gli  altri  parlando  confusamente  a  lui,  e 
fra  loro,  la  più  parte  vergognosamente  scoperti, 
alcuni  medesimamente  avanti  di  sua  Persona  se- 
denti, e  giacenti  senza  discrezione,  e  in  positure 
indecenti.  Del  resto  la  Santa  Vergine  tutta  sola 
del  suo  sesso,  in  mezzo  a  tante  villane  nudità,  e 
senza  che  ninno  di  quelli  che  le  sono  attorno, 
faccia  segno  di  volerle  rendere  alcun  rispetto; 
che  è  uno  sgarramento  di  giudizio  troppo  odio- 
so, e  insopportabile  in  un  tal  suggetto;  dopo  di 
che,  che  si  può  attendere  di  buono  del  rimanen- 
te di  questa  Pittura:  poiché  di  subito,  e  in  tutto 
il  capitale  dell'Istoria,  vi  s'incontrano  tante  cose 
stravaganti,  e  direttamente  contrarie  alla  verità 
del  Vangelo?  Perchè  egli  dipigne  ritto,  e  senza 
alcuno  apparato  quel  gran  Giudice,  che  il  santo 
Testo  dice  espressamente,  ch'egli  verrà  sedente 
sopra  un  Trono  maestoso  ,  circondato  da  tutta  la 
Corte  di  Paradiso.  Lo  fa  giovane,  e  senza  bar- 
ba, bench*egli  abbia  l'età  di  crentatrè  anni  pas- 


sati.  Di  più,  si  dcbbon  vedere  intorno  a  lui  i  do- 
dici Apostoli  sedenti,  e  come  Consiglieri  assisten- 
ti a  questa  ultima  Giustizia  universale;  e  qui  non 
si  riconoscono  né  anche  tra  gli  altri.  11  medesi- 
mo Vangelo  porta  ancora,  che  i  giusti  saranno 
schierati  a  man  ritta,  i  riprovati  a  man  manca: 
nientedimeno  questo  capriccioso  ha  voluto  met- 
tergli tutti  confusamente  qua,  e  ik,  senz' alcun 
riguardo  a  una  si  notabile,  e  sì  essenziale  circo- 
stanza. Di  più  ci  rappresenta  questo  Giudice  in 
iscorruccio,   come  pronunziante  ,  e  fulminante 
sua  spaventevole  sentenza,  che  farà  tremare  gli 
Angioli  medesimi  con  tutta  la  natura  ;  e  frattan- 
to in  questa  stesso  tempo,  che  tutto  dovrebbe 
essere  in  un  profondissimo  silenzio ,  e  in  una  in- 
tiera costernazione,  suonano  le  Trombe,  e  fan- 
no tutto  il  più  gran  romore  ,  che  possono .  Il  che 
sarebbe  veramente  qui  una  inconsiderazione  no- 
tabilissima, s*  ella  non  fusse  accompagnata  da  più 
altre  ancora  più  impertinenti,  e  meno  perdona- 
bili. Perchè  durante  questo  strepito  di  Trombe, 
e  per  mezzo  l'orrore,  che  dovrebbe  causare  que- 
sta sentenza  irrevocabile,  che  si  pronunzia,  e 
che  è  sì  generalmente  importante  a  ciascheduno, 
non  si  vede  quasi  persona,  che  vi  presti  atten- 
zione; ma  la  più  parte  si  trattengono,  e  si  par- 
lano indiscretamente,  come  se  non  avessero  in- 
teresse a  ciò,  che  passa.  Ve  n'è  similmente  al- 
cune,  che  s'abbracciano,  e  fanno  altre  scioc- 
cherie estremamente  sciocche . 

Che  dirà  Timante,  e  suoi  somiglianti,  a  que- 
sto temerario,  e  ridicolosissimo  competitore ,  che 
non  ha  pure  il  minimo  talento  di  Pittore,  e  che 


55 
nulladimeno  si  viene  a  presentare  in  concorren- 
za con  loro,  davanti  a  giudici  intendentissimi,  e 
discretissimi,  che  vengono  a  riempirlo  di  confu- 
sione, e  cacciarlo  vergognosamente  di  loro  as- 
semblea ,  non  trovando  nella  sua  inetta  composi- 
zione, né  la  verità  dell'Istoria,  eh' e'  pretende 
trattare,  ne  la  convenenza  delle  figure  al  sugget- 
co,  e  al  luogo ,  ov'  elle  son  dipinte  ;  né  la  discre- 
zione in  ciò,  che  appartiene  alla  decenza  ;  né  la 
gran  maniera  d'esprimere  le  cose,  né  in  fine  al- 
cuna parte  di  ciò,  che  concerne  il  Costume  ;  ol- 
treché in  tutto  Questo  vasto,  e  tumultuoso  am- 
massamento  di  figure,  non  vi  appare  alcun  tratto 
d'ingegno;  tanto  il  suo  Genio  é  sterile,  e  pove- 
ro. Potrà  egli  dir  loro  pur  questo  solamente,  per- 
chè non  ha  date  Tale  a  quegli  Angeli;  poiché 
questo  è  il  loro  più  ordinario  segnale  nella  Pittu- 
ra,  e  che  era  certamente  necessario  in  questo 
Caos  di  figure,  ove  quelle  de' Corpi,  e  degli  Spi- 
riti, degli  Angeli,  e  de' Demoni ,  degli  Eletti ,  e 
de' Riprovati  non  sono  riconoscibili  l'une  dall'al- 
tre; perchè  e' dipigne  medesimamente  gli  Angeli 
sotto  apparenze  d'uomini  sì  grossi,  e  materiali, 
e  in  posture  sì  poco  conformi  all' ufizio,ov' egli 
gì' impiega,  che  non  si  possono  riguardare  senza 
Eversione  ,  a  causa  degli  scorci  stravaganti ,  e 
delle  smorfie,  che  loro  fa  fare,  o  sia  a  prendere 
in  bocca  le  lor  trombe,©  sia  a  sostenere  nell'aria 
la  Croce,  e  gli  altri  strumenti  della  Passione  ;  co- 
me se  per  derisione  si  fosse  dilettato  di  renderli 
più  difformi ,  e  più  brutti ,  che  i  Diavoli  medesimi . 
Ciò  che  mi  dà  materia  di  metterlo  in  sospetto 
^*  un  libertinaggio  sì  insolente  si  è ,  che  Lo  vèg- 


5*         . 

go,  ch'egli  ha  ancora  finito  di  profanare  la  sua 

opera  con  una  più  grande  impietk;  avendo  avuto 
l'ardire  d'introdurre  in  questa  Stona  sì  santa,  e 
sì  seria  la  sciocca  favola  del  Baic.iiuolo  inferna- 
le, nomato  Caronte  per  li  Poeti  del  Paganesimo, 
che  lo  fingevano  srare  sulle  rive  de' fiumi  St.ge,- 
Cocito,  e  Acheronte  con  una  barca  per  passare 
l'anime  de' morti  nell'altro  mondo;  che  è  in  que- 
sto luogo ,  e  in  questo  suggetco  una  spezie  di  sa- 
crilegio più  criminale,  e  ancora  più  abominevo- 
le, che  tutte  le  sue  altre  sfacciatezze;  che  non 
troverìa  medesimamente  scusa  presso  di  Timan- 
te, ne  davanti  i  suoi  giudici,  benché  Pagani,  per- 
ciocché avrebbero  senza  dubbio  orrore  deli'  im- 
pietà  di  questo  falso  Cristiano. 

Ma  io  mi  perdo  insensibilmente  nel  laberinto 
di  questa  Pittura  esorbitante,  ove  non  vi  è  nien- 
te in  generale,  che  non  sia  contrario  alle  leggi 
del  Costume  ,  che  noi  abbiamo  qui  teste  stabili- 
te ,  come  il  centro  della  perfezione  dell'  Arte ,  al 
quale  tutto  il  ragionevole,  il  giudizioso,  il  dotto, 
e  lo  spiritoso  della  Pittura  deesi  riferire.  E  se  non 
che  io  ho  stimato  necessario,  o  almeno  forte  av- 
vantaggioso  per  la  dim.ostrazione  de' principi  di 
questo  Trattato,  il  fargli  vedere  per  diversi  esem- 
pli, e  che  dopo  i  buoni,  che  ho  osservati  in  al- 
cune Opere  di  Raffaello,  ho  voluto  ancora  farli 
conoscere  per  li  loro  contrarj,  affinchè  e' lascias- 
sero nell'animo  una  più  forte  impressione  di  loro 
effetti,  avrei  risparmiata  volentierissimo  questa 
lunga  Dissertazione,  che  similmente  sarà  sentita 
male  dagli  Artefici ,  che  non  hanno  imparata  la 
Pittura,  che  come  un  mestiere,  non  avendo  mai 


^1 

avuto  per  fine  nel  loro  studio,  che  di  disegnare, 
e  distornare  da  Artista  le  cose,  che  veggano,  e 
di  colorire  sempre  col  più  gran  rilievo,  che  pos- 
sono; in  che  fanno  consistere  tutta  l'cccelltfiza 
di  lor  professione  ,  e  qualche  volta  vi  riescono 
sì  bfne,  che  la  loro  opera  se  ne  trova  star  peg- 
gio, se  si  consideri  per  ragion  dell'Ottica  ,  e  se- 
condo le  regole  della  Prospettiva .  Il  che  sia  detto 
ancora  di  passaggio  per  li  giudiziosi,  a' quali  ba- 
sta di  essere  avvertiti  per  concepire  altresì  tosto 
l'intelligenza  di  questo  paradosso. 

Ora  egli  è  tempo,  che  noi  riprendiamo  il  filo 
del  nostro  primiero  discorso,  e  che  Raffaello  riven- 
ga nel  luogo  di  Michelagnolo,  per  rimetterci  sulle 
buone  vie  della  Pittura,  dalle  quali  noi  eramo  be- 
ne smarriti  nel  pVendere  questo  cambio.  Ripas- 
siamo dunque  sulle  nostre  prime  pedate,  e  finia- 
mo d'esaminare  l'ingegnosa,  e  devota  idea,  che 
il  nostro  vero  Pittore  Raffaello  ha  formata  sulla 
Deposizione  di  Croce  del  nostro  Signore,  ove  noi 
abbiamo  di  già  osservate  tutte  le  parti,  che  dan- 
no la  perfezione  a  un'opera.  Eccetto  nondime- 
no ciò,  che  concerne  il  Costume,  in  proposito 
del  quale  noi  abbiam  fatta  questa  lunga  digres- 
sione sul  Giudizio  di  Michelagnolo. 

Ripresa  delV  Esame  della  Deposizione  di  Croce 
di  nostro  Signore» 

Ma,  come  io  ho  assai  ampiamente  esplicato 
per  esempli  di  tutte  sorte,  l'intenzione  di  questo 
Costume  nella  Pittura;  non  è  più  d'uopo  di  far- 
ne una  esatta  ricerca  sopra  ciò,  che  resta  da  esa- 


58 
minare   nella  nostra  Stampa   di   RafFaelIo  ;   ove 

ciascuna  figura  può  sufficientemente  dar  luogo  di 
giudicare,  che  questo  raro  Pittore  era  forte  cir- 
cospetto, come  e' si  vedrà  facilmente,  se  si  pon 
mente,  che  delle  nove  figure,  onde  quest'ordi- 
namento di  Tavola  è  composto,  quella  di  tutte, 
che  pare  di  subito  la  meno  operante  in   questo 
suggetto  pieno  di  espressione,  e  d'attività,  e  la 
quale  sembrerebbe  per  conseguente  la  meno  stu- 
diata, è  la  Maddalena;  ma  se  uno  la  considera 
dopo,  secondo  ch'ella  è  dipinta  in  S.  Luca  al 
Capitolo  ventesimo,   allorché  sua  sorella  Marta 
si  lamentò  a  nostro  Signore,  ch'ella  le  lasciava 
tutta   la  cura  del  ministero  di  sua  casa  ,   senza 
mettersi  in  pena  di  questa  faccenda,  né  pensare 
a  metter  la  mano  a  alcuna  co^a  per  sollevarla , 
ella  parrà  senza  dubbio  qui  più  ingegnosamente 
espressa  per  la  sola  compassione,  e  per  lo  dolore 
interiore,  in  cui  uom  la  vede,  che  se  Raflfaello 
l'avesse  altresì  messa  bene  affaccendata  attorno 
la  Vergine,  come  le  due  altre  Marie,  che  la  reg- 
gono tra  le  braccia,  o  ch'egli   l'avesse  rappre- 
sentata ne' trasporti  d*una  afflizione  inconsolabi- 
le, alla  maniera  de' Pittori  volgari,  che  credono, 
che  perch' ella  sia  riconoscibile,  bisogni  che  si 
vegga  prostrata  bocconi  in  terra,  o  abbracciantè 
il  pie  della  Croce  tutta  piangente ,  eh'  ella  abbia. 
i  suoi  capelli  sparsi  in  grande  abbondanza  sovra 
le  spalle,  e  sempre  suo  vasello  d'unguento  tra  le 
mani,  senza  di  che  non   la   prenderebbero  mai 
per  la  Maddalena .  Ma  il  nostro  gran  Pittore  ave- 
va bene  egli  altre  idee  più  sollevate ,  e  più  confor- 
mi a  ciò,  che  ne  dice  1'  Evangelista. 


.^9 

Lascio  il  rimanente  di  questa  composizione 
all'esame  de' nostri  curiosi  intelligcnci,  che  fa- 
cendo r  applicazione  del  Costume  su  ciascuna 
dell'altre  figure,  vi  troveranno  tutto  straoidina- 
riamente  bene  pensato  ,  e  così  ragionevole  j  che 
dopo  questo  studio,  avranno  senza  dubbio  una 
grande  disistima  verso  le  rapsodie  di  Michelagno- 
lo,  e  de' suoi  seguaci,  e  conosceranno  meglio, 
quanto  la  scuola  di  Raffaello  era  giudiziosa,  ed 
eccellente  sopra  quella  di  cotesto  disegnatore 
meccanico . 

Ma  prima  di  passare  a  un'altra  Stampa  voglio 
ancora  chiarire  un  dubbio,  che  darebbe  forse  da 
pensare  a  qualcuno; cioè  di  vedere  là  presso  del- 
la Croce,  sovra  un   terreno,  che  non  apparisce 
altro  che  uno  scoglio  affatto  sterile ,  un  grande 
albero  solo ,  coperto  di  foglie ,   come   di  piena 
state,  senza  che  l'Evangelio  abbia  fatta  menzio- 
ne di  nulla  di  somigliante.  Sopra  di  che  avendo 
Studiata  l'intenzione  del  nostro  savio  ,  e  giudi- 
ziosissimo   componitore ,  ho  riconosciuto  ,  che 
quello  era  un  Cedro ,  perciocché  egli  è  grande, 
diritto,  e  senza  frutto.  E  in  effetto  questa  intro- 
duzione mistica  è  ingegnosissima,  poiché  il  Ce- 
dro è  il  vero  simbolo  di  Gesù  Cristo ,  che  è  ap- 
pellato lo  Sposo  in  tanti  luoghi  del  vecchio  Te- 
stamento, e  particularmente  nel  Cantico  de' Can- 
tici, ove  egli  è  ritratto  curiosissimamente,  e  sua 
beltà  comparata  perfino  a'Cedri  del  Monte  Libano. 
Species  eius  ut  Libani y  electus  ut  Cedri,  poiché 
quest'arbore  è  d'una  bellezza  straordinaria,  in- 
corruttibile, di  buonissimo  odore,  inflessibile,  ac- 
concio per  gli  ediiicj ,  e  portante  un'ombra  mol- 


6o 
co  salutare;  di  sorte  che  per  tutte  queste  eccellenti 
proprietà  conviene  unicamente  a  rapprescncare 
nello  stesso  modo  la  Chiesa,  e  i  principali  testi- 
monj  che  la  compongono,  come  gli  Apostoli,  i 
Profeti,  i  Santi  Padri.  Può  ancora  essere  preso 
misticamente  per  la  Croce  di  nostro  Salvatore  , 
poiché  l'olio  del  Cedro  serviva  a  guarire,  e  pu- 
rificare i  leprosi.  Finalmente  apparisce  visibil- 
mente, che  questo  è  messo  qui  con  un  discorso 
sì  giudizioso  ,  e  sì  trascendente,  che  da  una  tale 
cosetta  ancora  si  può  concludere  a  vantaggio  del 
nostro  raro  Pittore  moderno,  eh' egli  è  veramen- 
te degno  della  medesima  gloria ,  che  è  stata  data 
a'  più  celebri  dell'antichità  ,  poiché  le  sue  Opere 
mostrano  il  medesimo  genio  ,  che  si  ammirava 
in  quelle  di  Timante,  peichè  anche  le  minime 
cose  in  apparenza  non  lasciano  di  trovarsi  gran- 
di, e  considerabili  per  l'intenzione  misteriosa, 
che  il  Pittore  ha  avuta  alle  circostanze  del  suo 
suggetto;  e  danno  altrettanto  da  pensare  a' dotti, 
quanto  le  principali  figure  dell'Istoria;  cUq  è  il 
talento,  che  Plinio  considera  singularmente  in 
tutte  l'Opere  di  Timante;  e  donde  prese  occj- 
sione  di  dir  di  lui;  che  in  omnibus  eius  Operibus 
imdligitur  plus  scmper  quam  pingiiur  ,  ei  cum  ars 
summa  sit  y  ingcniuni  lanien  ultra  artcm  est.  Lib. 
XXXV.  Cap.  X.  Parole  eccellenti,  e  gloriosissi- 
me a  quel  Pittore,  le  quali  io  avea  di  già  rappor- 
tate avanti  in  nostra  lingua,  in  proposito  del  suo 
incomparabile  lavoro  del  sacrificio  d' Ifigenia  ;  ma 
le  ripeto  ancora  qui  a  dise<ino  di  farle  convenire 
altresì  a  Raffaello.  Nientedimeno,  come  io  pre- 
veggo, che  quelli   tra* nostri  virtuosi,  che  non 


hanno  rocchio  dello  spirito  così  svegliato,  ne  sì 
chiaramente  veggente,  che  gli  occhi  del  corpo, 
e  che  considerano  più  le  Tavole  per  la  parte 
meccanica,  cioè  a  dire  per  la  delineazione  delle 
figure  ,  che  per  l'intenzione  del  Pittore  ,  troveran- 
no la  conseguenza,  ch'io  tiro  qui  all'avvantaggio 
del  nostro  Moderno,  un  po' troppo  iirdita,  avuto 
risguardo  al  suo  fondamento;  non  essendo  atti  a 
giudicare  della  grandezza,  e  della  forza  del  Lio- 
ne da  una  delle  sue  unghie  ;  io  voglio  prevenire 
le  obiezioni,  che  essi  potrebber  fare  con  appa- 
renza di  ragione,  se  prendendo  il  senso  di  que- 
sta proposizione  a  rigore,  s'immaginassero,  che 
il  mio  pensiero  fusse  di  mettere  tra  questi  due 
Pittori  una  egualità  di  merito,  e  di  sufficienza, 
che  io  dessi  loro  il  medesimo  posto  Bisogna  dun- 
que ,  che  io  mi  esplichi  sopra  questo,  e  che  si 
sappia  primieramente  che  qualunque  sia  la  sti- 
ma, che  io  dimostri  per  Raffaello,  mio  sentimen- 
to è  però  sempre  di  rendere  un  grande  ossequio 
a  quegl'  illustri  Antichi  pari  a  Timante  ;  e  di  cre- 
dere, che  i  Pittori  del  nostro  secolo  sono  loro  in- 
feriori; e  poi  voglio  inferire  da  questo,  a  com- 
iiendazione  di  Raffaello,  che  avendo  saputo  tro- 
vare meglio  degli  altri  il  cammino,  che  que'gran 
Maestri  aveano  tenuto,  e  che  essendo  nato  con 
un  genio  pari  a  loro,  è  non  solamente  pervenu- 
to al  primo  posto  de' moderni,  Aa  ancora  pare, 
ch'e'si  sia  come  incorporato  nella  medesima  set- 
ti di  que' vecchi  fondatori  della  Pittura,  che  ci 
hanno  lasciate  sì  gloriose  idee  di  loro  eccellenza, 
nelle  memorie  degli  Storici. 

Ora,  se  noi  consideriamo,  come  essi  ne  par- 


62 

lano,  e  qual  cosa  pareva  loro  più  ammirabile 
nelle  loro  Opere,  noi  osserveremo  facilmente, 
eh'  e'  facevano  lucti  una  singulare  scima  della 
novità,  e  per  così  dire,  dell'arguzia,  edell'in- 
gegnosirà  de' pensieri,  e  delle  invenzioni; mo- 
strando per  questo,  che  la  Pittura  è  un'arte  tutta 
dello  spirito.  Perchè  ciò,  che  consiste  solamente 
nella  parte  meccanica, è  così  materiale,  che  non 
lo  contavano  quasi  per  niente;  simigliantementc 
non  regolavano  il  pregio  delle  Tavole  dalla  quan- 
tità, né  dalla  grandezza  delle  figure.  Accadeva 
medesimamente  qualche  volta,  che  la  strettezza 
del  luogo  a  dipignere,  e  la  sterilità  della  mate- 
ria, davano  occasione  a  que' begl* Ingegni  di  ca- 
varne vantaggio,  e  fare  una  fattura  d'ingegno, 
che  sorpassava  in  grandezza  di  stima  le  più  ab- 
bondanti composizioni.  Il  che  Plinio  c'insegna 
ancora  nello  stesso  Capitolo,  ove  egli  fa  una  sì 
bella  relazione,  e  una  sì  elegante  descrizione  del 
sacrificio  d' Ifigenia  dipinto  perTimante ,  del  qua- 
le secondo  che  e' pare  ,  vi  aveva  una  assai  nume- 
rosa moltitudine  di  figure;  perchè  e' ragiona  suc- 
cessivamente d*  un'altra  Opera  della  medesima 
mano,  che  rappresentava  unPolifemo  dormente, 
ma  in  una  piccola  Tavola ,  di  cui  il  poco  spazio 
non  lasciava  modo  al  Pittore  di  disegnarvi  real- 
mente un  corpo  gigantesco,  tale, quale  dovea  es- 
sere quello  di  quel  prodigioso  Ciclope  ;  talché 
questa  strettezza  diede  luogo  all'  ingegnoso  Ti  man- 
te di  fare  conoscere,  che'l  suo  spirito  era  in  ef- 
fetto più  elevato,  e  più  possente,  che  tutte  le 
forze  della  Pittura.  S'avvisò  dunque,  per  sup- 
plire al  difetto  della  materia ,  di  far  vedere  sola- 


^3 

mente  agli  occhi  dell' intelletto  ciò  che  non  po- 
teva mostrare  a  quei  del  corpo . 

Ingegnosa  Rappresentazione   d*  un  gran  Ciclope 
in  un  piccol  luogo ,  dipinto  da  Timante, 

A  quest' effetto  introduce  una  gentile  frangia 
nel  suo  suggecto,  che  era  da  se  troppo  semplice, 
non  avendo  a  rappresentare,  che  una  figura  dor- 
mente, e  una  figura  sconcertata,  e  orrida.  Ora 
questa  frangia,  o  accompagnatura  era  una  trup- 
pa di  Satiri ,  eh' e' messe  attorno  del  suo  Ciclope 
dormente  ;  gli  uni  spaventati  a  un  incontro  cosi 
orribile  ,  e  prendenti  la  fuga  ;  altri  consideran- 
dolo da  lontano, con  un  contegno  mescolato  d'or- 
rore, e  di  maraviglia;  alcuni  de' quali  essendosi 
un  poco  accostati  a  uno  de' suoi  bracci,  ch'egli 
allungava  assai  lungi  dal  busto,  provavano  di  mi- 
surargli il  dito  grosso  co'loro  tirsi,  ovvero  ba- 
stoni inghirlandati  d'ellera,  ma  tutto  soavemen- 
te senza  toccarlo,  per  paura  ch'egli  non  si  risve- 
gliasse; talmentechè  per  la  comparazione,  che  si 
f  Lceva  di  questi  Satiri  col  Ciclope  (ove  appari- 
\  ano  più  piccoli  similmente  d'una  delie  sue  dita) 
giudicavasi  incontanente  della  massa  prodigiosa 
di  Polifemo.  E  questo  pensiero  del  Pittore  fu  sti- 
mato cosi  ingegnoso,  e  così  nuovo,  che  diede 
una  grande  riputazione  alla  sua  Tavola ,  che  con 
rutto  ciò  era  per  se  medesima  molto  piccola,  e 
d'un  suggetto  assai  poco  considerabile. 


<54         .      . 

Imitazione  del   medesimo   suggello 
per  Giulio  Romano, 

E*  mi  sovviene  d'aver  veduto  a  Roma  nel  Palaz- 
zo di  Vigna  Madama  questo  medesimo  suggetto 
trattato  d' un'altra  maniera  similmente  molto  ga- 
lante, benché  il  pensiero  non  sia  propriamente  se 
non  una  imitazione  di  questo  ;  ma  egli  ha  pertanto 
un  non  so  che  di  particulare,  che  sembra  ancora 
di  migliorare  in  qualche  maniera  1'  originale  . 
Qjesta  è  un'opera  del  più  eccellente  allievo, 
che  abbia  fatto  Ralfaello,  che  si  può  con  ragione 
chiamare  il  suo  Oiscepol  Maestro,  ingegno  il  più 
pellegrino  (come  parlano  gl'Italiani)  che  gli  ul- 
timi secoli  abbiano  veduto  nascere  per  la  Pittu- 
ra; al  quale  pare, che  Raffaello  avesse  depositato, 
e  come  trasmesso  tutto  il  suo  genio  in  morendo; 
così  lo  fjce  egli  suo  principale  erede  per  suo  te- 
stamento. 

Quebtcì  Tavola  è  dipinta  a  fiesco  sur  un  mu- 
ro, che  f)rniva  d'uno  spazio  più  che  necessario 
per  potervi  disegnare  il  Ciclopo  rutto  per  lo  lun- 
go, senza  che  il  Pittore  avesse  bisogno  d'altro 
arcificio  per  {dv  wtdQYn  sua  grandezza  smisurata. 
Con  tutto  ciò,  come  l'iperbole  ha  qualche  volta 
altresì  buonagrazia  nella  Pittura  ,  che  nella  Poe- 
sia, e  come  che 'ancora  il  pennello  di  questo  Pit- 
tore era  straordinariamente  poetico,  s'avvisò  d'in- 
trodurre molto  graziosamente  in  questa  compo- 
sizione altri  Satiri  più,  che  quelli  di  Timante  , 
pazzeggiando  attorno  al  Ciclope,  mentre  che  e2;U 
dorme;  alcuni  de'quali essendosi  impadroniti  delle 
sue  sampogne,  e  avendole  tirate  da  banda  sdruc- 


<?5 

ciolano  per  entro  (come  parlano  i  ragazzi)  a 

scorcicaculo  per  la  lunghezza  di  ciascuna  canna, 
tenendo  loro  tirsi  tra  le  gambe  per  iscorrere  me- 
glio; con  più  altre  bcrtucciate  molto  capriccio- 
se, che  fanno  ridere,  e  danno  nell'istesso  tempo 
a  conoscere  quale  enorme  gola  bisognava  a  quel- 
lo spaventoso  Musico  per  mettersi  in  bocca  un 
tal  flauto . 

Ecco  una  specie  di  imitazione  sì  rara,  e  sì  spi- 
ritosa, ch'ella  può  andare  in  concorrenza  coll'o- 
riginale  medesimo,  e  io  m'assicuro,  che  se  Ti- 
mante  l'avesse  vista,  in  luogo  di  prendere  della 
gelosia  di  questa  galante  emulazione  avrebbe  sti- 
mata la  gentilezza  dello  spirito  del  nostro  mo- 
derno, e  fatto  gran  conto  della  sua  Opera. 

Questo  solo  esempio  di  Giulio  Romano  potrà 
servire  di  bussola  a  quei,  che  avendo  di  già  fatto 
abito  al  disegno,  e  al  colorito,  non  hanno  più 
bisogno,  se  non  d'imbarcarsi  nel  diritto  cammi- 
no dell'Arte,  e  di  svegliare  lor  genio  all'Inven- 
zione; perchè  allora  basta  loro  di  considerare  le 
composizioni  de' Maestri,  a' quali  hanno  inclina- 
zione, e  di  studiarne  generalmente  i  pensieri,  e 
r  intenzione,  senza  trattenersi  a  prendere  ciascuna 
figura  a  pezzo  a  pezzo  in  un'Opera,  come  fanno 
tutti  questi  copisti,  che  non  vedendo  che  la  cor- 
teccia della  Pittura,  hanno  sempre  questa  disgra- 
zia nella  loro  fatica,  eh' e' non  saprebbero  mai 
pervenire  a  uguagliare  loro  originale  ;  dove  che 
nell'operazioni  dell'ingegno,  e  nell'invenzione, 
la  natura  è  talmente  infinita,  che  l'imitatore  ha 
quasi  sempre  vantaggio  su  chi  è  primo . 

Per  questa  strada  Raffaello,  e  Giulio  Romano 

5 


66 

hinno  no!i  solamente  avanzato  tutti  gli  altri  Pit- 
tori di  lor  secolo,  ma  si  sou  renduti  anche  in 
qualche  maniera  comparabili  a'più  famosi  dell'an- 
cichità. 

Or  per  fare  qualche  reflessione  utile  su  queste 
due  diverse  composizioni  della  medesima  cosa, 
cioè  a  dire  d'un  Polifcmo  dormente;  la  prima, 
che  è  diTimante  ci  insegna,  che  una  piccola  Ta- 
vola può  divenire  qualche  volta  un  gran  lavoro, 
secondo  che  l'idea  del  Pittore  è  elevata;  e  quindi 
si  giudica  ancora,  che  e' non  vi  è  argomento  sì 
povero,  che  un  ingegno  fecondo,  e  ingegnoso 
non  renda  assai  ricco,  e  che  gli  è  similmente 
spesso  più  avvantaggioso  per  sua  gloria  ,  e  per  la 
Stima  di  sua  Opera,  l'avere  a  ornare,  e  cultivare 
una  materia  sterile,  che  l'essere  affogato  dall'ab- 
bondanza d'una  grande  Storia  ,  donde  e' bisogni 
troncare  più  tosto  qualche  cosa  d'  essenziale  , 
che  aggiugnervi  di  suo. 

Quanto  all'altra  composizione,  che  è  del  no- 
stro moderno  Giulio  Romano,  ella  ci  mostra  in 
effetto!,  ch'una  imitazione  ingegnosa  può  egua- 
gliare ,  e  anche  passare  l' originale ,  e  che  per  con- 
seguente non  è  meno  glorioso  d'imitare  così  per 
concorrenza  d'ingegno,  il  pensiero  d'un  altro, 
e  d'arricchirlo,  come  egli  ha  fatto,  di  quel  che 
e' sia  vergognoso  a  un  Pittore  di  copiare  mecca- 
nicamente figura  per  figura  tutta  una  Tavola  sen- 
za apportarvi  del  suo  altra  cosa,  che  la  pena,  e 
la  suggczione  servile  d'un  semplice  artefice;  que- 
sta faticai  non  essendo  tanto  reputata  l'opera  d'un 
Pittore,  quanto  lo  studio  d'un  discente.  Così 
vegghiamo  noi,  che  i  copiatori,  che  hanno  lo 


«7 

Spirito  assai  ba^so  per  tenersi  quivi,  e  farne  lor 
capitale,  non  son  gidiTìinai  stati  contaci  nel  nu- 
jnero  de' Pittori;  tra'qu-ili  sono  soLimente  com- 
presi come  i  castrati  tni  gli  uomini,  essendo  in- 
capaci di  generazione,  e  non  avendo  per  loro  al- 
cuna specie  particulare . 

Questa  digressione  ci  ha  uà  poco  allontanati 
da  Ratfaello  nostro  principale,  e  primiero  ogget- 
to, benché  nientedimeno  noi  l'abbiamo  sempre 
seguito  di  vista,  e  camminato  sulle  sue  orme, 
Giulio  Romano  in  questo  mentre  facendoci  scor- 
ta, e  servendo  di  guida.  Ma  egli  è  tempo  ormai 
di  raggiugnerlo,  per  non  prendere  il  cambio  sulla 
fine  di  questa  Dissertazione,  della  quale  egli  ha 
somministrato  fino  a  qui  tutta  la  materia  per  le 
sue  eccellenti  Opere,  l'esame  delle  quali  ci  ha 
aiutati  meravigliosamente  a  formare  l'idea  visi- 
bile, e  dimostrativa  della  verità,  e  della  necessi- 
tà de' principi,  che  noi  abbiamo  stabiliti  per  ar- 
rivare alla  perfezione  della  Pittura.  Ritorniamo 
dunque  a  quella  prima  Tavola  di  Raffaello,  am- 
ne  di  terminare  il  nostro  discorso  col  medesimo 
stile,  e  col  medesimo  spirito,  che  noi  l'abbiamo 
cominciato.  Ora  questo  nobile  Pittore,  di  cui 
l'Opere  ci  sono  altrettanti  Esemplari,  ove  noi 
possiamo  studiare  le  regoledell' Arte,  ne  ha  fatte 
tante  di  tutte  le  sorte ,  che  fra  questa  abbondan- 
za è  difficile  il  risolversi  a  scerne  l'una  più  tosto, 
che  l'altra,  quella,  che  l'uomo  vede  l'ultima, 
parendo  sempre  essere  la  più  bella:  nientedime* 
no,,  come  non  è  nostra  intenzione  il  criticare  le 
sue  composizioni  per  lo  minuto,  per  farne  un 
giudizio  decisivo  di  preferenza  {cìxq  sarebbe  una 


6B 

impresa  odiosa,  e  temeraria)  basta  di  prenderne 
una  delie  più  notabili,  che  sia  in  istanipa,  af- 
finchè i  curiosi,  avendola,  quando  a  loro  piace- 
rà, davanti  agli  occhi,  e  potendola  osservare  co- 
modamente, e  ad  agio,  possano  farne  altresì  loro 
siudicamento  insieme  con  esso  noi. 

Quinta  Stampa , 

Del  Ginnasio ,  ovvero  Accademia 

de-  Filosofi  d' Atene , 

Ora  in  questa  liberta  di  scelta,  io  non  ne  vo- 
glio cercare  altra,  che  quella,  che  io  ho  presen- 
temente traile  mani,  poiché  l'occasione  me  l'of- 
ferisce con  assai  vantaggio  per  contentarmi  ;  per- 
chè in  effetto  ella  mi  pare  una  delle  più  belle 
composizioni,  ch'egli  abbia  mai  dipinte;  e  d'una 
grandissima  idea,  e  magnifichissima.  Questa  è  la 
rappresentazione  d'uno  di  que' famosi  Ginnasj 
della  Grecia,  ove  T  uom  vede  una  Assemblea  ge- 
nerale di  tutti  i  Dotti  dell'antichità,  tanto  Filo- 
sofi, che  Geometri,  Astrologi,  e  altri  illustri. 

Ma  avanti  di  venire  al  particulare  di  questa 
composizione,  io  voglio  avvertire  i  curiosi,  che 
l'Intagliatore,  che  l'ha  disegnata,  e  messa  in 
luce ,  è  stato  male  informato  del  suggetto,  ch'ella 
rappresenta,  perciocché  s'è  avvisato  di  scrivere 
sotto  al  suo  disegno  queste  parole:  Paulus  Athe- 
nis  per  EpiciircoSy  et  Stoicos  quosdani  etc.  cioè, 
che  questa  era  S.  Paolo  predicante  nell'Areopago, 
sull'occasione  d'  un  Altare  ,  ch'egli  aveva  veduto 
dedicato  per  gli  Ateniesi  al  Dio  Incognito.  Que- 
sta Istoria  è  negli  Atti  degli  Apostoli  al  Capito- 
lo diciassettesimo. 


69 

Ciò  che  mi  da  materia  di  fare  osservare  questa 
Iscrizione,  si  è  la  conseguenza  che  e' vi  ha  di  sa- 
pere al  vero  l'Istoria  di  cui  si  tratta,  perchè  se 
questo  bel  Dottore  ci  dicesse  il  vero, la  composi- 
zione di  Raffaello  sarebbe  sciocchissima, laddove 
intendendola  bene  ,  e  conforme  all'  intenzione 
dell'autore,  ella  è  eccellente,  e  ammirabile,  co- 
me noi  lo  vedremo  appresso.  Quanto  appartiene 
a  cotesto  Intagliatore  (di  cui  il  mestiero,  come 
quello  di  tutti  gli  altri  semplici  copiatori ,  non 
è  da  gente  di  spirito) sarebbe  in  qualche  maniera 
scusabile  in  questa  ignoranza,  s'egli  fosse  stato 
più  giusto,  e  più  esatto  n^li'aggiustare  il  suo  di- 
segno; ma  e'  vi  ha  fatte  correre  tante  lorde  man- 
canze in  ciò, che  concerne  la  prospettiva  dell'Ar- 
chitettura, e  nella  delineazione  delle  figure,  che 
Raffaello  ne  gli  avrebbe  sicuramente  voluto  ma- 
ìe,  s'egli  avesse  visto,  di  qual  sorta  e' disfigura- 
va, e  alterava  la  sua  Opera. 

Ma  che  direni  noi  d'uno  de' nostri  Pittori  mo- 
derni, famoso  per  la  sua  penna,  e  pel  suo  pen- 
nello, i' Istoriografo  della  Pittura,  il  Panegirista 
di  tutt-'i  Pittori  suoi  contemporanei,  e  de' suoi 
predecessori  di  due,  o  tre  secoli,  Autore  di  tre 
assai  grossi  volumi  sopra  questa  materia,  Giorgio 
Vasari,  che  nella  Vita  di  ciascheduno,  ci  ha  con- 
tate, non  solamente  come  per  un  inventario  tut- 
te lor Opere,  ma  di  più  ne  ha  voluto  essere  an- 
cora l'interprete;  in  che  egli  ha  fatto  apparire 
la  forza,  e  la  qualità  del  suo  ingegno.  Questo  bel 
discorritore  venendo  dunque  all'esplicazione  di 
questa,  di  cui  si  tratta;  dopo  aver  detto  in  ge- 
nerale per  qual  mezzo  Raffaello  fu  chiamato  al 


servizio  di  Papa  Giulio  II.  comincia  così .  „  La- 
onde Raffaello  nella  sua  arrivata  avendo  ricevu- 
te molte  carezze  da  Papa  Giulio,  cominciò  nella 
Camera  della  Segnatura  una  Storia,  Quando  i  Teo- 
logi accordano  la  Filosofia  ,  e  l'Astrologia  con 
la  Teologia,  dove  sono  ritratti  tutti  i  Savi  del 
mondo,  che  disputano  in  vari  modi.  Sonvi  in  di- 
sparte alcuni  Astrologi ,  che  hanno  fatto  figure  so* 
pra  certe  tavolette,  e  caratteri  in  vari  modi  di 
Geomanzia,  e  d'Astrologia,  e  ai  Vangelisti  le 
mandano  per  certi  Angeli  bellissimi,  i  quali  Van- 
gelisti le  dichiarano.  Fra  costoro  è  un  Diogene 
con  la  sua  tazza  a  giacere  in  sulle  scale,  figura 
molto  considerata,  ed  astratta,  che  per  la  sua  bel- 
Jez» ,  e  per  lo  suo  abito  così  accaso ,  è  degna  d'es- 
sere lodata.  Similmente  vie  Aristotile,  e  Platone; 
l'uno  col  Timeo  in  mano,  l'altro  con  l'Etica; 
dove  intorno  li  fanno  cerchio  una  grande  Scola 
di  Filosofi;  né  si  può  esprimere  la  bellezza  di 
quelli  Astrologi ,  e  Geometri,  che  disegnano  con 
Je  seste  in  su  le  tavole  moltissime  figure,  e  ca- 
ratteri. Fra  i  medesimi  nella  figura  d'un  giovane 
di  formosa  bellezza,  il  quale  apre  le  braccia  per 
maraviglia,  e  china  la  testa,  è  il  ritratto  di  Fe- 
derigo II.  Duca  di  Mantova,  che  si  trovava  allora 
in  Roma.  Evvi  similmente  una  figura,  che  china- 
ta a  terra  con  un  pajo  di  seste  in  mano,  le  gira 
sopra  le  tavole,  la  quale  dicono  essere  Bramante 
Architettore,  che  egli  non  è  men  desso,  che  se 
e'fusse  vivo,  tanto  è  ben  ritratto.  E  allato  a  una 
iigura,  che  volta  il  di  dietro,  e  ha  una  palla  del 
Cielo  in  mano,  è  il  ritratto  di  Zoroastro,  e  alla- 
to a  esso  è  Raffaello  Maestro  di  quest'  Opera  ,  ri- 


.  2»   ^ 

trattosi  da  se  medesimo  nello  specchio.  Questo  è 
una  testa  giovane,  e  d' aspetto  molto  modesto, 
accompagnato  da  una  piacevole,  e  buona  grazia, 
con  la  berretta  nera  in  capo.  Ne  si  può  espri- 
mere la  bellezza,  e  la  bontà,  che  si  vede  nelle 
teste  ,  e  figure  de'  Vangelisti ,  a'  quali  ha  fatto  nel 
viso  una  certa  attenzione,  e  accuratezza  molto 
naturale,  e  massimamente  a  quelli,  che  scrivo- 
no; e  così  fece  dietro  ad  un  S.  Matteo,  mentre 
che  egli  cava  di  quelle  tavole  dove  sono  le  fi- 
gure, i  caratteri  tenuteli  da  un  Angelo,  e  che  le 
distende  in  su  un  libro,  un  vecchio,  che  messosi 
una  carta  in  su'l  ginocchio,  copia  tanto  quanto 
S.  Matteo  distende;  e  mentre  che  sta  attento, 
in  quel  disagio,  pare,  che  egli  torca  Je  mascella, 
e  la  testa,  secondo  che  egli  allarga,  e  allong4 
]a  penna.  E  oltra  le  minuzie  delle  considerazio- 
ni, che  sono  pure  assai,  vi  è  il  componimento  di 
tutta  la  Storia ,  che  certo  è  spartito  tanto  con  or- 
dine, e  misura,  che  egli  mostrò  veramente  un 
sì  fatto  saggio  di  se,  che  f^ce  conoscere,  che  e- 
gli  voleva  fra  coloro,  che  toccano  i  pennelli* 
cenere  il  campo  senza  contrasto. 

Adornò  ancora  questa  Opera  di  una  Prospetti- 
va ,  e  di  molte  figute,  finite  con  tanto  delicata, 
e  dolce  maniera,  che  fu  cagione,  che  Papa  Giu- 
lio facesse  buttare  a  terra  tutte  le  Storie  degli  al- 
tri Maestri,  e  vecchi,  e  moderni  ec. „ 

Ecco  una  lunga  citazione  in  verità,  ma  ella  è 
altresì  forre  necessaria  per  fiir  conoscere  a  fon- 
do, e  visibilmente  la  qualità  dell'ingegno  dique- 
st' Iscorico ;  perchè,  senza  una  tale  dimostrazio- 
ne, ampia,  e  tutta  originale  come  questa,  non 


72 
avrei  mai  potuto  persuadere  l'inezia,  e  la  bas- 
sezza de' discorsi  di  quel  gran  Dicitore  da  nulla; 
perciocché  i  suoi  libri  sono  stati  fino  a  quest'ora 
stimati,  e  tenuti  molto  cari  per  gli  amatori  della 
Pittura,  che  hanno  in  effetto  qualche  ragione  di 
ricercarli,  in  quanto  uno  vi  trova  in  generale  le 
principali  circostanze  della  Vita  de' Pittori,  e  il 
catalogo  di  loro  più  considerabili  Opere;  oltre  che 
l'autore  essendo  passabilmente  buon  disegnato- 
re, e,  come  e' pare  assai,  avendo  più  l'ingegno 
alla  fine  delle  dita,  che  nella  testa,  arricchì  il 
suo  discorso  di  lor  ritratti,  che  fanno  senza  dub- 
bio la  più  curiosa  ,  e  la  miglior  parte  de'  suoi  libri . 

Ma  benché  per  questa  qualità  di  disegnatore 
si  avesse  luogo  di  credere  in  qualche  maniera, 
ch'egli  era  buon  Pittore,  nientedimeno  la  stra- 
vaganza di  sua  idea  (  che  gli  ha  fatto  vedere ,  o 
più  tosto  fantasticare  tante  chimere  in  questa  com- 
posizione di  Raffaello,  che  la  renderebbe  aifatto 
sconcia,  e  fuor  di  proposito)  è  come  una  prova 
indubitabile  non  solamente  di  sua  ignoranza  nel- 
la vera  cognizione  della  Pittura,  ma  ancora  della 
fievolezza,  e  dell'incapacità  de)  suo  genio  a' due 
principali  talenti  di  questa  eccellente,  e  giudizio- 
sissima Professione,  che  sono  l'Invenzione,  e 'i 
Costume, onde  egli  mostra  bene,  per  sue  ridico- 
le ammirazioni,  che  non  avea  né  anche  una  leg- 
gera tintura,  né  alcuna  disposizion  naturale  ad 
acquistarli.  Ed  è  stata  una  specie  di  riisgrazia  a 
Raffaello,  l'avere  avuto  un  tale  panegirista  delle 
sue  Opere,  che  in  pensando  lodarle  non  fa  che 
avvilirle  per  lo  contrario  sentimento,  e  pel  catti- 
vo visaggio,  ch'ei  da  loro. 


73 
Come  e*  non  era  permesso  anticamente  ad  o- 
gnuno  d'andare  a  Corinto,  così  non  è  cosa  in- 
differentemente da  ogni  Pittore,  esaminare,  e 
discorrere  sulle  Tavole  di  questo  raro  Maestro;  e 
gli  sarebbe  stato  più  avvantaggio  ,  che  il  Vasari 
si  fusse  contentato  di  parlar  di  lui  da  semplice 
istorico,  senza  intramettersi  d'essere  l'interprete 
de' suoi  pensieri  alle  composizioni  delle  sue  Ope- 
re. Perchè  se  quella,  di  cui  fa  qui  la  descrizio- 
ne a  suo  modo,  e  eh' e' si  sforza  di  rendere  am- 
mirabile per  sue  esagerazioni   stravaganti  ,  non 
fusse  visibile  se  non  ne'  suoi  scritti ,  che  si  po- 
trebbe giudicarne  di  ragionevole?  Queste  scioc- 
che lodi  fanno  sempre  molto  più  di  pregiudicio, 
che  d'onore  ,  e  in  tali  occasioni  è  assai  a  propo- 
sito il  dire,  che  Pessimum  inimicorum  genus  lau- 
Janre^. Perciocché  gl'impertinenti  adulatori  nuo- 
cono  sovente  più,  che  i  veri  inimici. 

Io  dimanderei  volentieri  a  questo  novello  Fi- 
lostraco ,  ove  egli  ha  trovato ,  che  i  Teologi  abbia- 
no giammai  avuto  disegno  d'  accordare  la  Filoso- 
fìa, l'Astrologia,  e  la  Geomanzia  coli' Evange- 
lio, per  accomodare  questa  vision  fantastica  a 
una  delle  più  ragionevoli  composizioni  di  Raf- 
faello, di  cui  l'intelligenza  erada  se  medesima 
sì  facile,  e  sì  naturale.  Ma  quando,  per  supposi- 
zione ,  ciò  fusse  vero ,  che  avrebbe  che  fare  Dio- 
gene fra  que'  Dotti,  egli,  che  non  facendo  pro- 
fessione d'alcuna  scienza,  menava  una  vita  da 
<^ane,  abbacando  senza  restare  dietro  ad  ognuno, 
sbnza  proporsi  alcun  altro  oggetto  in  sua  Morale, 
che  di  dispregiare,  e  calpestare  l'onore,  che  si 
rendeva  alle  genti  di  spirito,  dimanierachè  in 


74      ^        . 
questa  afiettazione  brutale  amava  meglio  parere 

un che  un  Filosofo  galancuomo;  e   non  a- 

vrebbe  sicuramente  preso  partito  per  nessun  ver- 
so in  questa  quistione,  in  cui  non  avrebbe  altre- 
sì inteso  niente  .  Contuttociò  ,  secondo  il  giudica- 
mento  del  nostro  Panegirista,  questa  è  una  figu- 
ra, che  gli  pare  singularmente  considerabile  tra 
l'altre  di  questa  famosa  Assemblea.  Perchè  di 
subito  l'osserva  la  prima,  dandole  questi  belli  e- 
logj.  Fra  quelli,  dice,  è  un  Diogene  con  sua  taz- 
za, giacente  sulle  scale.  Ecco  un  luogo,  e  una 
positura  ben  onorevole,  e  ben  decente  a  un  con- 
sultante,e  un  mobile  appresso  di  lui  ben  conve- 
nevole al  mestiere,  che  gli  fa  fare .  Avrebbe  a- 
vuto  più  tosto  in  una  tale  occasione  a  portare  la 
sua  lanterna,  che  la  sua  tazza  ;  stante  che  la  bi- 
sogna, ove  il  Vasari  impiega  lui,  e  tutti  i  suoi 
compagnoni,  è  assai  oscura,  ed  ha  bisogno,  che 
uno  loro  faccia  lume.  Ma  per  inspirare  più  for- 
temente al  lettore  la  sua  idea  ammirativa,  sulla 
rappresentazione  di  questo  Diogene,  aggiugne 
questa  bella  ,  e  giudiciosa  reflessione  in  questi 
termini.  Figura,  dice  egli,  molto  considerata  e 
astratta,  che  per  la  sua  bellezza,  e  per  lo  suo  a- 
bito  così  a  caso  è  degna  d'essere  lodata.  Vera- 
mente questo  stile  è  così  chimerico,  che  si  po- 
trebbe credere,  che  il  Vasari  fa  più  tosto  il  per- 
sonaggio d'un  Pascariello,  o  d'un  Arlecchino, 
che  d'un  Istorico;  o  almeno  mostra,  ch'egli  era 
cattivo Fisonomista,  e  che  cojiosceva  ancora  peg- 
gio l'ingegno,  e  l'umore di  quel  Cinico,  il 

quale  non  era  in  ninna  maniera  astratto,  né  do- 
tato d' alcuna  considerazione  ragionevole ,  la  sua 


75 
villana  maniera  d'operare  avendolo  fenduto  trop- 
po sgraziato,  e  alfacco  incapace  di  queste  quali- 
tadi.  Cosi  Raliaeilo  s'è  ben  guardato  di  darli  pur 
una  minima  espressione  nel  suo  portamento,  nel 
suo  abito,  e  nella  sua  fisonomia,  donde  se  ne  po- 
tesse trarre  alcun  giudizio  avvantaggioso;  pel 
contrario  volendo  mobtrare  la  rusticità  di  questo 
Filosofo  salvatico,  nel  bel  mezzo  del  Concilio  ge- 
nerale di  tutti  gl'Illustri  dell'antichità,  1'  ha  mes- 
so solo  solo,  abbandonato  da  ciascheduno,  e  co- 
ricato come  una  bestia  sulle  scale  di  quel  Ginna- 
sio Accademico,  con  una  cera  rinfrignata,  e 
un'  accompagnatura  conveniente  alla  sciocca  vi- 
ta ,  eh'  e'  professava  . 

Non  voglio  fermarmi  di  vantaggio  a  fare  una 
chiosa  continua  sino  alla  fine  di  questa  lunga,  e 
importunissima  cicalata  del  Vasari;  la  mia  incli- 
nazione essendo  naturalmente  inimica  d'  ogni 
sorta  di  critica;  contuttociò  non  ho  potuto  ta- 
cermi nel  vedere  il  nostro  povero  Raffaello  tra 
le  mani  d'un  sì  pericoloso  amico,  come  questo, 
che  pensando  di  lusingarlo,  gli  fa  un  oltraggio 
insopportabile;  per  la  folle  commissione,  che  e' s'è 
data  d'interpretare  le  sue  Opere,  e  d'essere  il  tur- 
cimanno delle  sue  invenzioni.  Questo  piccolo 
schizzo  n'è  una  prova  sì  dimostrativa,  eh' e' bi- 
sognerebbe avere  l'occhio  dell'intelletto  affatto 
chiuso  per  non  ne  vedere  l'importanza; percioc- 
ché non  vi  ha  niente  di  sì  bello ,  ne  di  sì  perfetto , 
che  non  possa  esser  reso  difformissimo  per  queste 
sciocche  genti,  che  infettano  colla  loro  inezia  tutte 
le  cose,  delle  quali  si  mettono  a  discorrere,  per- 
ciocché le  prendono  sempre  male ,  e  al  contrario . 


Ora  ciò,  che  io  trovo  straordinariamente  ridi- 
colo in  questa  si  è,  che  non  si  concenti  di  dici- 
frare nell'ordinamento  istorico  del  nostro  Fitto- 
re,  le  figure,  che  vi  sono  realmente,  visibili  ad 
ognuno,  ma  ne  osserva  ancora  dell'altre,  che 
persona  non  vi  ha  mai  vedute  fuori  di  lui ,  e  alle 
quali  Raffaello  non  ha  mai  pensato:  ciò  sono  i 
begli  Angeli,  per  li  quali  e'dice,che  gli  Astrolo- 
gi mandano  lor  caratteri  di  Geomanzia  a' Van<- 
gelisti,  perchè  li  dichiarino.  Se  questo  discorri- 
tore avesse  inteso,  che  cosa  sono  i  caratteri  di 
Geomanzia,  non  avrebbe  data  la  carica  agli  An- 
geli di  andarli  a  mettere  davanti  agli  Evangeli- 
sti, e  avrebbe  ben  saputo,  che  gli  Astrologi  non 
s'intrigano  punto  di  questa  maladetta  specie  d'in- 
dovinamento  sotterraneo,  e  diabolico. 

Ma  io  mi  rimpegno  insensibilmente  nel  pro- 
cesso di  queste  fantasie  capricciose,  che  sono  un 
vero  laberinto,  da  cui  è  in  estremo  difficile  il 
riuscirne,  quando  una  volta  uno  vi  si  trova  im- 
brogliato. Lassiamo  dunque  qui  cotesto  cattivo 
Novellatore,  e  consideriamo  più  tosto  la  cosa  nel 
Disegno  medesimo  di  Raffaello,  chr  rapportar- 
cene alle  novelle  d' un  tale  discorritore.  Perchè, 
benché  la  stampa,  che  se  ne  vede  sia  assai  di- 
fettosa in  alcune  parti  della  delineazione,  ella  ci 
rappresenterk  nondimeno  molto  più  avvantaggia- 
tamente l'idea  di  questa  eccellente  composizio- 
ne, che  tutto  ciò  che  se  ne  può  dire  con  parole; 
perciocché  le  produzioni  della  Pittura  vogliono 
essere  vedute,  e  considerate  per  via  degli  occhi; 
e  se  que' gran  Maestri  dell'antichità  (de' quali 
r  Opere  non  sono  più  visibili ,  che  nel  contare 


li 

che  ne  fanno  gì'  Istorici  )  avessero  avuto  il  iiie- 
desimo  uso,  che  noi  abbiamo  in  oggi  dell'Inta- 
glio, e  delle  Stampe,  che  è  un  tesoro  inestimabile 
nei  nostro  secolo,  e  di  cui  gli  Antichi  non  hanno 
goduto  a  nostro  grandissimo  danno,  i  Disegni 
propri,  delle  Tavole,  che  Filostrato  ci  loda  tan- 
to, avrebbero  senza  dubbio  parlato  meglio  di 
lui,  e'I  suo  libro  sarebbe  stato  infinitamente  più 
considerabile,  e  più  utile,  s'egli  ve  le  avesse  po- 
tute altresì  inserire  in  quel  tempo,  come  si  fii  in 
questo  nostro. 

Serviamoci  noi  dunque  ora  del  nostro  avvan- 
taggio, e  consideriamo  noi  medesimi  co' nostri 
propri  occhi  questa  nobile,  e  magnifica  compo- 
sizione sopra  la  Stampa,  che  noi  troveremo  cer- 
tamente più  intelligibile,  e  più  ragionevole,  che 
il  discorso  anfibologico  del  Vasari  ;  del  quale 
si  può  dire  con  una  applicazione  assai  giusta: 
Asinus  portans  mysteria  :  perchè  e'  ci  fa  questa 
Tavola  sì  scioccamente  emblematica  per  le  sue 
immaginazioni  stravaganti,  che  in  luogo  di  dare 
ammirazione  a' letterati,  se  si  credessero,  rende- 
rebbero il  Pittore,  e  sua  Opera,  ridicolosissimi. 
Non  bisogna  dunque  cercar  di  vantaggio  in  que- 
sta Pittura,  che  ciò,  che  vi  si  vede  espressamen- 
te, e  tenere  per  sicurissimo,  che  Raffaello  non  ha 
avuto  disegno  di  proporci  emblema  in  un  tal  sug- 
getto,  che  è  questo  qui;  il  quale  non  è  altra  co- 
sa, che  una  naturale  rappresentazione  d'uno  di 
que* famosi  Ginnasj  della  Grecia,  ove  i  Filosofi, 
ed  ogni  sorta  d'Accademici  facevano  loro  luogo 
di  ragunata,  per  trattenersi  in  ragionamenti  di 
loro  studi,  e  divertirsi  negli  esercizj. 


rè 

Vitruvio  descrive  la  forma  di  questi  Edificj 
pubblici  al  quinto  Libro,  Capitolo  undecimo,  e 
gli  nomina  Sisti ,  Palestre,  Essedre  ,  secondo  loro 
uso  particulare  ,  ch'egli  dichiara.  E  Palladio  nel 
suo  Trattato  d'Architettura ,  Libro  terzo,  Capito- 
lo ventuno,  ne  parla  ancora  più  chiaramente, 
perciocché  ne  fa  la  dimostrazione  oculare  per  un 
Disegno  ampio,  e  forte  esatto.  Talché  non  è  bi- 
sogno, che  io  m'  arresti  a  farne  qui  un  più  lun- 
go discorso. 

Ora,  come  il  più  celebre  di  tutti,  e'I  più  no- 
bile è  stato  quello  di  Atene,  vi  ha  dell'apparen- 
za, che  Raffaello  se  lo  sia  proposto;  e  i  curiosi  di 
Stampe  appellano  così  comunemente  quest' Ope- 
ra, la  Scuola  d'Atene.  Noi  possiamo  ben  dire  qui 
in  passando,  che  il  Vasari  non  riguardava  la  strut- 
tura diquesto  Edificio,  che  come  una  Prospettiva 
fatta  a  piacere;  senz' altra  invenzione,  che  d'ar- 
ricchire il  fondo  della  Tavola;  benché  in  effetto 
questa  sia  la  principal  parte  dell'Istoria.  Ornò, 
dice  egli ,  quest'  Opera  d' una  Prospettiva  :  ma  que- 
sto è  l'ordinario  di  quegli,  come  costui, che  veg- 
gono le  cose,  che  non  sono,  di  non  vedere  an- 
cora bene  quelle  che  sono  ;  tanto  la  Prospettiva 
della  loro  giudicativa  è  a  riverso. 

Presupponendo  dunque,  che  si  abbia  una  in- 
telligenza ragionevole  della  forma,  e  dell'uso  di 
questi  Ginnasi;  bisogna  che  noi  ne  consideriamo 
qui  l'appartamento  de' Filosofi,  e  degli  studiosi, 
non  ci  essendo  niente  a  vedere  in  questo  Dise- 
gno di  tuttociò,  che  passava  nel  resto  degli  eser- 
cizi <^cl  corpo,  de* quali  la  più  parte  si  facevano 
negli  appartamenti  esteriori ,  a  cagione  del  ro- 


'29 

more,  e  del  tumulto,  che  i  Lottatori,  gli  Scher- 
midori, que'che  s'esercitavano  a  lanciare  il  dar- 
do, al  corso,  e  ad  altre  somiglianti  applicazioni 
violente  facevano  per  tutto  il  loro  quartiere  ;  il 
che  avrebbe  senza  dubbio  interrotte,  e  turbate 
le  conferenze  di  quelli ,  che  non  dimandavano 
se  non  il  riposo  nei  loro  trattenimento.  Verso 
questi  ultimi  il  nostro  Pittore  ci  ha  tirati,  per 
darci  la  satisfazior.e  di  vedervi  i  due  più  illustri 
capi  di  scienze,  che  siano  giammai  apparsi  nel 
mondo;  il  divino  Platone,  e 'l  savio  Aristotile  suo 
gran  discepolo,  benché  poco  conforme  a' senti- 
menti, e  al  genio  del  suo  maestro,  di  cui  egli  ad- 
divenne finalmente  rivale  per  una  malignità  in- 
grata, e  gelosa,  che  io  rendè  estremamente  odio- 
so a  tutta  la  città  d'Atene,  da  cui  fu  costretto 
d'allontanarsi  fino  dopo  la  morte  di  Platone.  Il 
che  io  noto  apposta,  a  fin  che  s'osservi  nella  Pit- 
tura ;  che  e*  pare,  che  Raffaello  abbia  voluto  mo- 
strare alle  genti  di  spirito,  per  il  contegno,  e  per 
la  fisonomia,  ch'egli  ha  data  all'uno,  e  all'altro, 
la  diversità  de' lor  genj.  Perchè  il  primo,  e '1  più 
considerabile  senza  dubbio,  poiché  meritò  il  no- 
me di  divino  fra  que' grandi  uomini,  fa  assai  in- 
tendere per  l'azione  del  braccio,  e  della  mano, 
eh*  e' tiene  alzati  verso  il  Cielo,  che  egli  tratte- 
neva i  suoi  uditori  di  speculazioni  sublimi  ,  e 
trascendenti;  ma  l'altro,  che  era  più  scolastico, 
fa  il  personaggio  d'un  pedante  severo,  che  dogma- 
tizza, in  effetto  altresì  egli  è  restato  ne'Collegj 
co' pedanti,  e  a.  Platone  sono  toccati  in  sorte  i 
galantuomini. 

Veramente  Raffaello  ha  trionfato  in  questa  e- 


So 
spressione,  che  egli  ha  saputo  ancora  accompagna- 
re d'  un'aria  di  fìsonomia  molto  conventjvole  allo 
spirico  dell'uno,  e  dell'altro.  Platone  mostrando 
una  cerca  dolcezza  affabile,  e  una  nobiltà  nel  vi- 
saggio, che  lo  rende  sommamente  venerabile,  e 
Aristocile  al  concrario  apparisce  contenzioso,  e 
tucco  col  viso  rinfrignaco. 

Dopo  aver  dunque  collocati ,  come  bisognava, 
nel  luogo  più  apparente  della  Tavola  questi  due 
principali  Corifei   de'  Filosofi  lecterati   (perchè 
ve  ne  sono  stati  altri  ancora  molto  celebri  solo 
per  loro  prudenza,  e  per  l'esempio  d'una  bella  vita 
morale  ,  come  fu  Socrate  )  il  nostro  Pittore  s'è  da- 
to meno  di  suggezione  nel  resto  di  sue   figure, 
delle  quali  la  maggior  parte  non  sono  in  effetto, 
che  gli  uditori  de' primi;  perchè,  benché  c'paja, 
esservene  di  diverse  classi,  cioè  a  dire  Geome- 
tri, Astrologi,  Cosmografi;  con  tutto  ciò  Platone 
era  eccellente  in  tutto  questo;  talché  si  può  cre- 
dere con  ragione,  che  e' sono  altresì  come  suoi 
scolari.  Non  è  per  questo  però,  secondo  il  mio 
avviso, che  e' vi  sia  alcuno  inconveniente  a  pren- 
derli per  Tolomei,  Archimedi,  Euclidi,  e  imma- 
ginarvi ancora  alcuni  altri  Capi  di  Sette  ;  poiché  in 
effetto  noi  ben  vi  veggiamo Diogene, che  non  era 
un  grande  Astrologo ,  né  un  gran  Sofista ,  e  che  ve- 
risimilmcntenon  si  trovava  quivi  ,che  per  beffare; 
perchè  la  Pittura  ha  suoi  privilegj,  e  sue  licenze 
così  bene,  come  la  Poesia;  e  non  s'astrigne  così 
forte  alle  leggi  della  verità,  ch'ella  non  introdu- 
ca quasi  sempre  qualche  finzione  nelle  sue  rap- 
presentazioni, la  quale  non  serve  se  non  d'orna- 
mento a  sua  Istoria  ;  e  in  questa  parte  principal- 


8i 
mente  si  è ,  ove  il  Pittore  fa  meglio  apparire  la 
gentilezza  del  suo  spirito  ;  oltreché  i  suggetti  va- 
ghi, e  composti,  come  questo,  lassano  sempre 
una  grande  liberta  all'invenzione;  talché  basta 
contenersi  ne' limiti  della  verisimiglianza  ,  senza 
cattivare  il  suo  genio  sotto '1  rigore  della  verità 
precisa . 

Considerando  dunque  la  nostra  Tavola  in  que- 
sta veduta,  si  può  dare  a  ciascuna  rigura  qualche 
applicazione  più  ingegnosa,  che  se  uno  si  con- 
tentasse in  generale  di  passarle  tutte  per  di  sem- 
plici Accademici,  settatori  de' nostri  due  grandi 
Ginnasiarchi .  E  vi  è  della  probabilità,  che  Raf- 
faello si  sia  proposta  qualche  cosa  di  più  squi- 
sito in  questa  ampia,  e  magnifica  composizione: 
perchè;  a  che  fine  egli  avrebbe  messa  una  corona 
sulla  testa  di  quell'Astrologo  ,  o  Geografo,  che 
tiene  un  globo  in  sua  mano,  s'egli  non  avesse  vo- 
luto far  vedere  per  ciò,  che  quegli  è  Tolomeo, 
eh' egli  ha  onorato  di  questo  segno,  perchè  si  no- 
mina per  eccellenza  il  Principe  degli  Astrologi, 
e  de' Geografi  .  Nientedimeno,  come  che  non  era 
né  contemporaneo,  né  compatriotto  di  que' pri- 
mi,  ciò  potrebbe  far  nascere  qualche  scrupolo 
a' critici  di  vederli  insieme.  Ma  questa  licenza 
è  ordinaria  tra'  Poeti,  e  conseguentemente  anco- 
ra permessa  a' Pittori  :  testimonio  l'incomparabil 
Virgilio,  che  ha  sì  bene  unita  la  Reina  Didone 
col  suo  Enea,  ch'egli  g'i  fi  giacere  insieme, 
benché  vi  fusse  un  grand' intervallo  di  tempo  tra 
l'uno, e  l'altra,  e  che  Didone  fosse  più  moderna 
almeno  di  tre  secoli .  Si  può  credere  ancora  ,  e 
più  probabilmente,  a  vutorisguardo  al  paese,  e  alla 


82- 

cronologia,  che  quella  iigura  sedente  ,  e  posta 
verso  il  mezzo  deHa  Tavola,  e  sulla  parte  dinan- 
zi del  piano,  la  quale  pare  tutta  pensosa,  e  come 
malata,  sostenente  sua  testa  colla  mano,  e  ap- 
poggiata col  gomito  sopra  una  estremità  di  ta- 
vola, sia  il  Filosofo  Epicuro,  che  scrisse  il  suo 
testamento  in  una  lettera,  ch'egli  indirizzò  a 
Idomeneo  suo  particulare  amico,  secondo  ch'egli 
è  rapportato  per  Diogene  Laerzio,  perciocché 
questa  fu  l'ultima,  e  una  delle  più  ammirabili 
azioni  di  tutta  la  vita  di  quel  grand' nomo,  poi- 
ché essendo  travagliato  da  dolori  incredibili  di 
pietra  ,  onde  egli  ne  morì  tosto  appresso  ;  non 
lasso  di  conservare  la  quiete  dell'  animo  fino 
all'ultimo,  e  di  ragionare  sempre  della  medesi- 
ma maniera,  ch'egli  avrebbe  potuto  fare  nelhi 
perfetta  sanità.  11  che  mostra  bene,  che  i  senti- 
menti, e  i  precetti  di  quel  Filosofo  non  erano  ta- 
li, come  uom  crede,  e  che  il  Piacere, eh' egli  ap- 
pellava il  sommo  Bene  non  è  quella  voluttà  ver- 
gognosa,  di  cui  egli  vien  biasimato. 

Sark  facile  di  fdre  altre  somiglianti  osserva- 
zioni sul  restante  delle  figure  di  questa  Pittura , 
che  forniranno  una  ampia  materia  alli  studiosi, 
che  vi  si  vorranno  divertire;  perchè  in  questa 
scuola  generale,  e  aperta  ad  ogni  sorta  di  virtuo- 
si ,  si  trattava  non  solamente  delle  scienze  specu- 
lative, ma  ancora  dell'Arte  Militare,  della  Poli- 
tica-, dell'Economia,  della  Medicina,  della  Poe- 
sia, della  Musica,  della  Pittura,  e  delle  Meccani- 
che; come  si  vede  manifestamente  per  li  libri, 
che  Aristotile  n'  ha  composti  ;  talmentcchè  in  una 
varietà  cobì  distesa,  e  così  libera,  non  vi  è  figu- 


.    «3 

ra,  per  iscrana  ch'ella  paia  in  questo  Ginnasio, 
alla  quale  non  si  possa  trovare  qualche  pretesto 
dell*  esservi  venuta.  Questo  nientedimeno  non  è 
senza  termini,  oltr' ai  quali  vi  sarebbe  della  stra- 
vaganza a  scorrere  licenziosamente,  come  ha  fat- 
to il  nostro  Istorico  pittoresco  Vasari,  che  senza 
distinzione,  e  senza  giudizio,  e  centra  ogni  ap- 
parenza d'alcuna  possibilità,  ha  talmente  confuso 
l'ordine  de' tempi,  e  delle  cose  nell'applicazione 
chimerica,  ch'egli  ha  data  a  questa  Pittura,  ch'e'sa- 
rebbe  capace  di  stordire ,  e  di  rendere  ottuso  un 
lettore  credulo,  che  si  volesse  trattenere  a  racco- 
gliere qualche  frutto  di  queste  fantasticherie . 
Perchè  non  so  per  qual  pizzicore  di  parer  dotto, 
introduce  là  un  certo  Zoroastro,  di  cui  sicura- 
mente Raffaello  non  intese  mai  parlare,  e  che 
venne  al  mondo  presso  di  due  mila  anni  avanti  a 
Platone,  e  in  un  paese  sommamente  lontano  dal 
suo;  oltreché  cotesto  vecchio  Re  Scita  non  fu  ce- 
lebre se  non  per  la  Magìa,  di  cui  Plinio  crede, 
che  sia  stato  il  ritrovatore;  che  è  uno  studio,  del 
quale  mai  persona  non  fece  professione  ne' Gin- 
nasi.  Ma  vedete  ancora  la  malizia,  e  la  perspi- 
cacia del  nostro  Italiano  Vasari  nel  riconoscerlo 
fra  tanti  altri .  Vi  è  una  figura  ,  dice  egli ,  che  volta 
il  di  dietro:  questo  è  il  ritratto  di  Zoroastro.  Un 
altro,  che  non  fusse  stato  il  Vasari  si  sarebbe  tro- 
vato senza  dubbio  molto  imbrogliatoa  riconoscere 
così  il  ritratto  d'un  uomo,  che  volta  il  di  dietro. 
Io  non  oso  perseguire  davvantaggio  Tesarne  di 
ciò,  ch'egli  va  continuando  di  dire  in  conseguen- 
za, per  paura  di  rendermi  troppo  noioso  nella 
mia  critica,  e  di  annoiare  altresì  me  medesimo 


8+  .     . 

a  una  lettura  così  pfolissa  .  Farò  meglio  a  tron- 
car qui  il  filo  di  questa  Dissertazione,  che  io  ho 
benissimo  di  già  stesa  molto  oltre  a  quello,  ch'io 
m'era  proposto  a  principio;  ove  io  non  f.iccva 
conto  che  di  dare  l'idea  generale  della  perfezio- 
ne della  Pittura,  secondo  le  massime  degli  anti- 
chi Maestri  ;  e  di  farne  come  una  specie  di  di- 
mostrazione oculare,  per  l'esempio  d'alcune  del- 
le più  regolari  Opere  di  Raffaello;  a  disegno  d'a- 
prire gli  occhi  a  più  Pittori  del  nostro  tempo ,  che 
hanno  di  già  grandi  disposizioni  a  divenire  ec- 
cellenti in  lor  Professione ,  non  avendo  più  biso- 
gno per  questo,  che  d'essere  avvertiti  delle  cose 
fondamentali  della  perfezione  dell'Arte;  delle 
quali  l'esecuzione  appresso  sarà  lor  facile,  e  sen- 
za le  quali  nientedimeno  non  anderanno  giam- 
mai,  chea  tastoni  come  ciechi  nel  cammino  spi- 
noso della  Pittura. 

Questa  verità  è  talmente  stabilita  per  li  princi- 
pi, che  io  ho  proposti  al  cominciamento  di  questo 
Discorso,  ch'ella  non  potrebbe  più  ormai  esser 
messa  qui  in  dubbio  da  intelletti  ragionevoli.  Po- 
trà nondimeno  essere,  che  la  preoccupazione  di 
coloro ,  a  cui  la  fortuna,  o  le  cabale  hanno  già 
fatto  parte  di  questa  falsa  reputazione  (della  qua- 
le erano  altresì  stati  felicitati  avanti  a  loro,  i 
Sammartini  di  Bologna,  i  Maestri  Rossi,  i  Tinto- 
retti,  i  Paoli  Veronesi,  i  Parmigiani,  i  Freminet- 
ti ,  i  Giuscppini,  e  una  quantità  d'altrettali  Di- 
segnatori pratici  della  medesima  specie)  gli  ren- 
derà così  vili ,  e  così  stupidi,  che  ameranno  me- 
glio godere,  e  dimorare  nel  possesso  di  questo 
falso  bene ,  che  darsi  nel  lor  travaglio  la  sugge- 


85 

zione,  che  dimanda  necessariamente  Io  studio , 
e  lo  sforzo  dell'  animo  de' dotti  Maestri  ;  perchè 
egli  è  certo,  che  le  belle  cose  costano  a  produr- 
si, e  son  difficili,  e  che  le  seconde  pensate  delle 
genti  di  spirito  sono  d'ordinario  più  giudiziose 
delle  prime;  donde  l'uomo  deve  altresì  conclu- 
dere,  che  quegli  tra' Pittori,  a' quali  tutte  sorte 
di  suggetti  sembrano  sì  indifferenti,  e  sì  eguali  ^ 
trattare,  e  a  storiare  ,  eh' e'  non  ne  trovano  alcu- 
no più  difficile  dell'altro,  e  che  dopo  la  primiera 
idea,  che  è  venuta  loro  per  una  Tavola,  non  cer- 
cano di  vantaggio,  ma  vi  si  fermano  di  tal  ma- 
niera, che  non  vi  cambiano  ,  ne  aggiungono  ve- 
runa cosa;  questi  tali  Pittori,  dico,  non  hanno, 
che  genj  superficiali,  de' quali  l'Opere  non  da- 
ranno mai  guari  di  curiosità  agl'intendenti  ;  che 
non  trovando  in  esse  niente  di  raro,  o  di  studia- 
to, saranno  assai  satisfatti  d'averle  vedute  una 
volta,  come  in  passando. 

Ora  io  non  chiamo  studiato,  se  non  quello, 
che  concerne  le  operazioni  dell'ingegno,  e  le 
giudiziose  osservazioni  nella  parte  del  Costume  ;  il 
quale  è  come  un  legame,  o  un  composto  dell'in- 
venzione,  e  dell'espressione,  i  due  più  nobili 
de' nostri  cinque  principj,ove  consiste  tutto  ciò, 
che  vi  ha  d'ingegnoso,  e  di  sublime  nella  Pittu- 
ra ;  i  tre  altri ,  cioè  a  dire ,  la  Proporzione  ,  il  Co- 
lorito, e  la  Delineazione  prospettiva,  riguardando 
più  tosto  il  meccanico  dell'  Arte ,  che  lo  spiritua- 
le, e  non  essendo  per  maniera  di  dire,  che  gli  stru- 
menti della  scienza  della  Pittura;  talché  quegli, 
che  applicano  tutto  il  loro  spirito  a  coteste  parti, 
faticano  più  costo  da  genti  di  mestiero,di  quello 


86 

che  essi  studino;  così  non  sono  nominati  dagli 
scienziati,  che  Disegnatori  pratici,  e  non  sareb- 
bero mai  stati  considerati  tra  i  Pittori  antichi . 
Contuttociò  ,  perciocché  e'  sono  in  ben  più  gran 
numero,  che  non  son  gli  altri;  l'abuso  corren- 
te, è  una  certa  ignoranza  presuntuosa,  che  regna 
al  dì  d'oggi  sopra  quest'Arte,  ha  talmente  loro 
abbandonato  il  possesso  d'esser  chiamati  Pittori» 
e  dati  tanti  vantaggi  di  fortuna  sopra  i  veri,  che 
sanno;  che  questi  ultimi  non  godono  per  ordina- 
tìo  che  ben  tardi  de' frutti  della  gloria  legittima, 
che  loro  è  dovuta,  dimorando  quasi  sempre  op- 
pressi durante  lor  vita  dalla  moltitudine,  e  dalla 
cabala  degl*  ignoranti ,  appresso  i  quali  la  Pittura 
è  adesso  un  Idolo  molto  materiale  ;dovecchè  altro 
volte  ella  era  considerata ,  come  una  Dea  tutta 
spirituale . 

Il  povero  Domenichino  il  più  dotto  di  tutti  gli 
allievi  de'Caracci,  e  forse  il  solo  degno  del  no- 
me di  Pittore ,  ha  provata  molto  lungo  tempo 
questa  disgrazia;  benché  quasi  tutti  i  suoi  com- 
petitori gli  fussero  estremamente  inferiori,  e  in- 
degnissimi di  venire  in  concorrenza  con  lui; per- 
chè se  noi  ne  eccettuiamo  Guido ,  che  fu  vera- 
mente più  favorito  dalla  natura  ,  che  non  fu  egli, 
per  lo  talento  della  grazia ,  che  l'ha  renduto  sin- 
gulare  in  tutto  il  suo  secolo:  ma  che  non  gli  era 
altresì  in  alcun  modo  comparabile  in  quello  dell'E- 
spressione, e  meno  ancora  nell'intelligenza  della 
regolarità  della  Prospettiva  ;  che  si  potrà  dire  del- 
la cecità  de' Pittori  del  nostro  tempo,  che  gli  pre- 
feriscono i  Giuseppini,  i  Lanfranchi,  e  altri  so- 
miglievoli  manieristi ,  de'  quali  T  Opere  non  aven- 


»7 
do ,  che  il  falso  splendore  d' una  non  so  qual  no^ 

vita,  che  gli  odierni  appellano  una  Furia  di  di- 
segno ,  e  una  Franchezza  di  pennello ,  che  l' igno- 
ranza delle  vere  bellezze,  e  de'principj  dell'Ar- 
te fa  loro  ammirare,  non  hanno  avuta  riputazio- 
ne, se  non  tanto  quanto  ha  durato  questo  favore 
transitorio  della  fortuna;  sicché  non  trovano  più 
adesso  luogo  ne' gabinetti  de' curiosi,  che  se  ne 
sono  tosto  staccati,  e  disingannati. 

Questa  medesima  stravaganza  di  giudizio,  se- 
condata ancora  dalla  gelosia  naturale  degl'Ita- 
liani, che  non  voglion  patire,  che  la  Pittura  fac- 
cia parte  della  sua  buona  grazia  ad  altri  che  non 
sia  di  loro  nazione ,  aveva  cominciato  a  rendere  al- 
tresì una  pari  ingiustizia  al  nostro  illustre Franze- 
se Niccolò Pussino,  il  più  de^no favorito, eh' ella 
abbia  trovato  da  q uè' famosi  antichi  in  qua,  Apelr 
le ,  Timante  ,  Protogene ,  e  loro  somiglianti . 

Ora,  benché  e'sia  difficile,  che  io  possa  ren- 
dere testimonio  alla  verità,  senza  essere  sospetto 
di  adulazione,  parlando  d'un  uomo  vivente,  e 
nato  Franzese,  nientedimeno,  comecché  le  sue 
Opere  hanno  di  già  sì  altamente  trionfato  di  tut- 
ti i  suoi  emuli,  e  renduta  l'invidia  confusa,  e 
muta  contro  di  lui,  e  che  il  suo  merito  ha  avu- 
ta la  forza,  benché  in  un  paese  forestiero,  di  pro- 
dursi ,  e  d'  elevarsi  con  tanto  scoppio  sopra  tutti 
i  suoi  rivali,  ch'egli  s'è  fatto  vedere  di  quattro- 
cento leghe  alla  Corte  di  Francia,  nel  regno  ii 
più  favorevole  a' Virtuosi,  che  si  possa  sperare, 
poiché  il  Re  medesimo,  che  gli  fece  l'onore  di  get- 
tare gli  occhi  sopra  di  lui,  e  di  chiamarlo  al  suo 
servizio,  era  buon  disegnatore,  e  universalmente 


ss 

intelligente  in  tutte  le  belle  Arti .  Questa  fu  una 
congiuntura    straordinariamente   vantaggiosa    al 
nostro  Pittore,  e  una  giustizia,  che  la  Fortuna  gli 
volle  fare,-  perchè  ella  non  è  sempre  cieca,  né 
inimica  del  merito  de'  galantuomini .  Da  quel  tem- 
po tutta  la  riputazione  de' suoi  rivali,  ha  più  to- 
sto servito  di   stabilimento  alla   sua  gloria,  che 
ella  le  abbia  fatto  ostacolo;  e  si  conosce  oggi  vi- 
sibilmente per  lo  paragone  di  loro  Opere  alle  sue, 
che  ilPussinoè  in  effetto  una  grand' aquila  in  sua 
Professione,  e   per   parlare   più  chiaramente,  e 
fuor  di  figura,  è  il  Pittore  il  più  compiuto,  e'I 
più  perfetto  di  tutti  i  moderni .  Questo  non  è  dif- 
ficile a  far  vedere  a' dotti,  che  esaminano,  e  giu- 
dicanodelle  cose  alla  maniera  de' Geometri,  cioè 
a  dire  a  rigore,  per  la  pura  dimostrazione,  e  per 
l'analisi  di  loro  principi,  senza  dare  alcuno  in- 
gresso all'opinione,  o  al  favore,  che  sono  le  pe- 
sti della  verità.  Ma  gli  altri,  che  non   hanno  se 
non  cognizioni  superficiali ,  e  che  contuttociò  pre- 
sumono molto  di  lor  giudizio,  prenderanno  que- 
sto per  un  paradosso,  e  si  renderanno  per  questo 
modo  incapaci  di  essere  chiariti  della  verità:  per 
questo  io  ne  lasso  la  discussione,  e  mi  contento 
d'  aver  fermate  in  questo  discorso    le    massime 
fondamentali,  e  il  metodo,  che  e' bisogna  tenere 
pel  suo  esame,  senza   interessarmi  di  vantaggio 
in  questa  faccenda.  Aggiugncrò  solo  per  forma 
d'avvertimento,  che  quelli,  che  avranno   assai 
di  curiosità  per  venirne  fino  alla  prova  decisiva , 
la  troveranno  sufficientemente  dimostrata  nella 
sua  Opera  de*  sette  Sagramenti,  che  si  vede  a  Pa- 
rigi in  casa  Monsù  di  Ciantelù  Maestro  d' Ostello 


89 
ordinario  del  Re,  amico  intimo  dell' illustre  Pus* 
sino.  Questa  è  una  seguenza  di  sette  Tavole  uni- 
formi ,  di  grandezza  mediocre,  ma  d'  uno  studio 
straordinario,  ove  questo  nobil  Pittore  pare  aver 
fatta  l'ultima  prova,  non  solamente  della  rego- 
larità dell'Arte,  secondo  tutte  le  Parti ,  che  sono 
dichiarate  in  questo  Trattato,  ma  ancora  della 
sua  più  alta  eccellenza  per  la  novità  di  sue  in- 
venzioni, perla  nobiltà  delle  sue  idee,  sopra  cia- 
scuno suggetto ,  per  la  savia,  e  giudiciosa  osser- 
vazione del  Costume  (nel  che  egli  è  quasi  unico) 
per  la  forza  delle  sue  espressioni,  e  in  una  paro- 
la, per  tutte  le  medesime  qualità  di  que'g  and' in- 
gegni dell'antichità,  tra' quali  egli  avrebbe  tenu- 
to ,  secondo  che  io  avvis.»,  uno  de'primi  posti, 
poiché  noi  vegghiamo  comunemente  nelle  sue  O- 
pere  tutte  le  medesime  parti  d'eccellenza,  che 
Plinio,  e  gli  altri  hanno  osservate  de'loro  Apelli , 
Zeusi,  Timanti,  Protogeni,  e  degli  altri  di  quel- 
la prima  classe  della  Pittura.  Perchè,  se  Apelle  è 
parso  loro  sì  ammirabile  per  aver  saputo  rappre- 
sentare il  fracasso  del  tuono, si  può  vedere  altre- 
sì in  questo  suggetto,  di  cui  parlo,  che '1  nostro 
Pussino  ha  dipinta  la  <'oce,  la  quale  è  lanto  più 
difficile  a  esprimere,  quanto  ella  è  men  sensibile 
nel  suo  effetto.  Io  ho  osservato  questo  tratto  in- 
gegnoso nella  prima  Tavola  de'  sette  Sagramenti , 
ove  S.Giovanni  conferendo  il  Battesimo  a  nostro 
Signore  ,  quelli  dall'intorno,  che  si  trovano  quivi 
ancora  presenti  per  riceverlo  dopo  il  lor  Maestro, 
fanno  conoscere  visibilmente  per  la  maraviglia, 
e  per  lo  stupore,  in  cui  paiono,  riguardando  in 
alto,  e  da  tutte  le  bande,  che   egli  intendono 


quella  voce  celeste,  che  dice:  Ècco  il  mio  Fi- 
glio diletto. 

Il  medesimo  Plinio,  che  ha  proposto  come 
un  miracolo  nella  Pittura,  questa  espressione  del" 
tuono,  vi  aggiugne  ancora,  che  quei  gran  mae- 
stro Apelle  si  compiaceva  similmente  di  rappre* 
sentare  le  storie  de*  moribondi .  Ora  si  abbatte 
qui  per  una  non  so  quale  concorrenza  fortuita , 
che  il  Sagramento  della  estrema  Unzione  ha  pre- 
sentato lo  stesso  suggetto  al  nostro  Pittore,  che 
volendo  trattare  questo  santo  Mistero  sotto  una 
idea  nobile,  e  magnifica  secondo  il  suo  genio,  ha 
scelta  a  quest'  effetto  la  persona  d'  un  Capitano 
Romano  nell'agonìa,  circondato  da  tutti  i  suoi 
più  prossimi,  da  sua  madre,  sua  moglie,  suoi  fi- 
gliuoli, e  da  un  gran  numero  di  domestici,  tutti 
diversamente  afflitti,  o  di  disgusto,  o  di  compas- 
sione; tra' quali,  e  nel  luogo  più  apparente,  ha 
dipinto  il  Prete,  che  assiste  al  povero  moribon- 
do ,e  gli  amministra  l'Olio  Santo  con  una  devo- 
zione piena  di  pietà. 

Sarebbe  un  troppo  lungo  ragionamento  l'in- 
traprender qui  la  descrizione  di  tutte  le  belle  con- 
siderazioni, e  circostanze  giudiziose,  che  si  veg- 
gono in  questa  ammirabile  Composizione.  Avrei 
fatto  più  presto ,  a  dire  in  una  parola ,  eh'  ella  è  un 
vero  parallelo  della  famosa  Opera  di  Timante  so- 
pra'1  sacrificio  d'Ifigenia,  di  cui  ho  di  già  qui 
avanti  parlato,  e  che  Plinio,  e  Quintiliano  ci  di- 
pingono come  la  più  rara,  la  più  ingegnosa,  e 
la  più  perfetta  Tavola  dell'antichità.  Ma  il  sa- 
pere adesso,  quale  de' due,  o  il  loro  antico,  o'I 
nostro  moderno  ha  espresso  il  suo  suggetto  con 


maggior  arte,  e  d*una  maniera  più  patetica,  e- 
una  questione,  la  quale  io  non  tocco,  contentane 
domi  solo  di  dire,  che  tra* Pittori  moderni  il  no- 
stro Passino  è  come  un  altro  Timante. 

La  medesima  ragione, che  mi  ratciene  d'ingag- 
giarmi più  avanti  nell'esame  di  questa  eccellente 
composizione  ,  m' obbliga  ancora  a  ksciai*e  il 
resto  della  grand' Opera,  della  quale  ella  non  fa, 
che  una  settima  parte:  oltreché  questa  impresa 
sarìa  ormai  di  troppa  lunga  lena  per  me,  che  ho 
di  già  passato  assai  i  limiti,  che  io  m'era  propo- 
sti al  cominciamento  del  Discorso. 

Ne   dirò  dunque  solamente   in   generale   una 
cosa,  che  mi  sembra  rara,  e  in  ciò  degna  d'es- 
sere   osservata  ,   colla    quale    io   voglio   finire  ; 
Cioè,  che  ciascuna  delle  sue  Tavole  è  talmente 
eccellente  nella  sua  specie,  che  uno  non  sapreb- 
be additarne  in  parriculare  una  sola  tra  le  sette, 
che  abbia  pur  un  minimo  vantaggio  sopra  alcuna 
dell'altre  per  la  parte  delPittore-,  perchè,  benché 
l'Istoria  de' diversi  Misteri ,  che  esse  rappresenta- 
no, non  sia  sempre  egualmente  abbondante ,  ne  co- 
moda per  l'espressione,  nientedimeno  questo  pos- 
sente  ingegno  ha  sì   ben   saputo  proporzionare 
ciascuna  parte  del  suo  suggetto  generale  al  termi- 
ne dell'egualità  tra  di  loro,  e  dar  loro  una  per- 
fezione sì  relativa  al  lor  tutto ,  eh'  egli  ne  ha  fat- 
ta un'opera  indivisibile,  non  lasciando  in  questa 
maniera  luogo  veruno  alla  scelta  di  bramarne  più 
tosto  l'una,  che  l'altra.  Perchè,  ancorché  cia- 
scuna Tavola  presa  a  parte,  e  separata  da  questa 
unione,  o  per  così  dire,  da  questa  enciclopedia 
di  Sagramenti,  sia  comunemente  considerata  co- 


9« 

me  una  Istoria  completa,  e  independente  dal  re- 
sto, nientedimeno  la  principiile  intenzione  del 
nostro  Pittore  essendo  stata  di  formarne  un  corpo 
mistico,  composto  di  sette  membra  sacrate  (che 
è  la  più  nobile  idea,  che.  potesse  nascere  nel  pen- 
siero d'un  Pittore  cristiano,  e  che  gli  è  sì  parti- 
culare,  che  e*  non  par  punto,  ch'ella  sia  venuta 
a  alcun  altro  avanti  a  lui)  s^è  studiato  di  farne 
un  capodopera,  nel  quale  si  mostrasse  talmen- 
te padrone,  e  maestro  de'suggecti,  eh' e' tratta, 
che  de' più  sterili,  e  de' più  semplici,  si  vedesse, 
ch'egli  ne  sapeva  fare  altrettanti  de' più  ricchi, 
e  magnifici  ;  non  avendo  bisogno  la  fecondità  del 
suo  ingegno  d'alcuno  aiuto  venente  dalla  parte 
della  materia;  il  che  tuttavia  pare  a  prima  vista 
così  incredibile  a  dire,  come  e'  par  vero,  ed  è 
visibile  in  quest'Opera  per  l'egualità, eh' egli  ha 
introdotta  con  tanca  arte  in  ciascuna  parte,  che 
niente  vi  domina;  perciocché  questa  uniformità 
di  perfezione  è  un  effetto  dell'ultima  eccellenza, 
ove  l'uomo  possa  aspirare. 

Io  pensava  finire  per  questa  dimostrazione ,  che 
gli  sarebbe  certamente  stata  gloriosa,  in  mettendo 
una  di  quelle  sette  Composizioni  in  parallelo  d'un 
simil  siiggetto  trattato  o  da  Lionardo  da  Vinci, o 
da  Raffaello,  perchè  dopo  questi  due  gran  Capi 
de'Pittori  moderni ,  non  bisogna  più  cercarne  d'al- 
tro, capace  di  questa  nobile  contesa.  Ma  di- 
poi, avendo  ben  considerato,  che  queste  manie- 
re di  comparazioni  sono  quasi  sempre  odiose, 
amo  meglio  lasciarne  fare  il  giudizio  a  ciascuno, 
senza  niente  decidere  in  questo  luogo;  conten- 
tandomi solamente  di  dire,  che  io  aveva  gettati 


^3 

gli  occhi  a  questo  effetto  sulla  principale  Opera 
di  Lionardo  da  Vinci ,  cioè  a  dire  su  quella  fa- 
nfiosa  Cena  di  nostro  Signore ,  eh'  e'  fece  a  Milano 
al  tempo  del  Gran  Re  Francesco  Primo,  la  qua- 
le ebbe  un  tal  successo  per  la  fortuna  del  Pittore, 
ch'ella  gli  fruttò  la  buona  grazia  di  quell'illustris- 
simo Monarca,  che  gli  fece  l'onore  di  chiamarlo 
alla  sua  Corte,  e  di  trattenerlo  sempre  dipoi  al 
suo  servizio.  Ora  noi  abbiamo  nella  Parrocchia 
Reale  di  S.  Germano  a  Parigi  una  eccellentemente 
buona  copia  di  questa  Cena,  che  alcuni  credono 
esser  di  propria  mano  di  Lionardo  da  Vinci. 

La  medesima  Storia  è  stata  ancora  trattata  di- 
verse volte  da  Raffaello,  e  tutto  si  trova  in  istam- 
pa  ,  che  è  un  modo  assai  comodo  per  poterne  fare 
il  paragone  con  quella  ,  che  noi  abbiamo  nell'  O- 
pera  de' sette  Sagramenti  del  nostro  Pussino. 

Ma  per  venire  a  questa  delicatissima  critica 
colla  richiesta  circospezione,  seguendo  sempre  la 
bussola  de' nostri  principj,  bisognerà  ricordarsi, 
avanti  a  tutto,  di  quale  importanza  noi  abbiamo 
stabilita  in  essi  l'osservazione  del  Costume,  nel 
qual  consiste  il  principale  magistero  della  Pittura, 
e  che  n' è  per  così  dire,  l'anima  ragionevole; 
come  che  il  resto  del  meccanico,  il  colorito,  e 
la  delineazione  delle  figure,  ne  fa  semplicemente 
il  corpo  co' suoi  organi.  Di  maniera  che  senza 
l'intelligenza  di  questa  prima  parte,  niente  non 
può  esser  buono  agli  occhi  de'savj,  che  son  sem- 
pre più  offesi  degli  errori  di  giudizio,  e  dell'om- 
missione  delle  circostanze  essenziali,  e  necessa- 
rie all'Istoria,  che  si  rappresenta,  che  di  ciò,  che 
potrebbe  essere  difettoso  nella  parte  meccanica. 


9^      , 

Ecco  II  nodo  di  nostra  questione,  che  non  sarà 

sì  malagevole  a  discione ,  allorché  uno  sarà  pie- 
namente instrutlo  delle  cirimonie  della  Cena,  e 
sopra  tutto  della  maniera  ,  con  cui  si  mettevano 
a  tavola  in  quel  tempo;  che  è  in  questo  luogo 
una  considerazione  molto  importante,  e  senza  la 
quale  è  impossibile  di  concepire  in  che  maniera 
S.Giovanni  poteva  posare  la  sua  testa  sul  petto 
di  nostro  Signore.  Perchè  nella  positura,  che  si 
vede  in  alcune  tavole,  vi  è  una  indecenza,  che 
non  si  può  mai  scusare. 

In  conseguenza  di  questa  grande,  e  principale 
osservazione  (di  cui  tutta  la  gloria  è  veramente 
dovuta  al  nostro  saggio,  e  giudiziosissimo  Pussi- 
no,  poiché  avanti  di  lui  non  si  trova,  che  ella 
si^  stata  messa  in  opera  per  alcun  Pittore)  biso- 
gna, che  paia  ancora  visibilmente,  che,  come 
questa  azione  si  fece  di  notte,  le  figure  non  siano 
ancora  illuminate,  se  non  d* un  lume  artificiale; 
perchè  senza  questo  qual  verisimilitudine,  o  qua- 
le conformità  vi  avrebb'egli,  della  Cena  alla  rap- 
presentazione di  essa?  Ora  questi  due  punti  sono 
talmente  essenziali,  e  necessari ,  che  uno  non  se 
ne  può  dispensare,  senza  fare  una  mancanza  ine- 
scusabile  centra  il  Costume . 

Appresso  queste  due  rigorose  osservazioni  si 
potrà  passare  ad  altre  ricerche  meno  importanti, 
ma  che  nuHadimeno  non  lasciano  d'aver  bisogno 
d'essere  accompagnate  da  certe  circostanze  da 
osservare;  senza  le  quali  rimarrebbe  qualche  cosa 
a  desiderarsi  ;  come  se  nel  force  della  commazlo- 
ne,  che  si  sollevò  fra  gli  Apostoli,  quando  nostro 
Signore  gli  ebbe  avvertiti,  che  alcuno  di  loro  do- 


veva  tradirlo  quella  notte  medesima,  si  vedesse 
S.  Giovanni  riposante,  e  similmente  addormen- 
tato sui  costato  di  nostro  Signore,  senza  mettersi 
in  pena  cogli  altri;  questo  sarebbe  un  contrattem- 
po affatto  svantaggioso  a  questa  espressione.  Ed 
io  apposta  fo  nota  di  questa  assurdità  tra  le  altre, 
perchè  ella  è  ordinaria  al  comune  de*  Pittori,  e 
perchè  medesimamente  è  scappata  a  Alberto  Du- 
ro in  una  delle  sue  Stampe;  benché  questo  gran 
Maestro  abbia  avuti  pochi  pari  nella  sua  Profes- 
sione; salvo  nondimeno,  ch'egli  non  s'intende- 
va molto  della  cosa  del  Costume. 

Sarebbe  similmente  una  trascuraggine  assai  no- 
tabile, collocare  S.  Giovanni  altrove,  che  allato 
a  nostro  Signore,  poiché  altrimenti  non  avrebbe 
potuto  riposare  sopra  M  suo  petto,  il  che  è  espres- 
samente notato  nell'Evangelio. 

Si  continuerà  similmente  d'esaminare  simili 
cose,  che  faranno  conoscere  incontanente, qual'c 
r  ingegno,  e  '1  giudizio  del  Pittore;  dopo  di  che 
sarà  giusto  il  pronunziare  in  favore  del  più  inge-- 
gnoso,  e  del  più  corretto  sopra  '1  Costume;  all'e- 
sempio di  que'  celebri  Arbitri  dell'antichità, 
de' quali  abbiamo  fatta  menzione  ,  a' quali  noi  non 
siamo  manco  obbligati  di  quegli ,  che  essi  hanno 
immortalati  ne' loro  scritti,  poiché  per  la  descri- 
zione, eh' egli  hanno  fatta  di  loro  Tavole,  cofi  di- 
scorsi eccellenti  sopra  il  merito,  e  sopra  la  qua- 
lità de' diversi  genj  di  que' famosi  Pittori  della 
Grecia,  hanno  conservata  l'idea  della  perfezione 
dell'  Arte  ,  che  non  sarebbe  più  conosciuta  in  og- 
gi ,  se  essi  non  fossero  stati . 

In  questi  be'  libri  il  nostro  illustre  moderno 


Niccolò  Pussino  si  è  cosi  bene  ammaestrato,  e 
conformato  a' più  celebri  antichi  per  l'avvantag- 
gio straordinario,  ch'egli  ha  avuto  d'avere  studia- 
to nelle  lettere  umane  avanti  di  prendere  il  pen- 
nello, il  che  è  presentemente  altresì  raro  tra' Pit- 
tori,  come  egli  è  assolutamente  necessario  a  co- 
loro, che  aspirano  alla  perfezione  dell'Arte;  per- 
chè giacché  la  Poesia,  e  la  Pittura  non  sono  che 
una  medesima  forma  di  genio,  e  ch'egli  è  certo, 
che  per  esser  Poeta,  non  basca  fare  versi  ben  mi- 
surati ,  con  parole  aggradevoli  all'orecchio,  se 
ciò,  che  si  dice,  non  è  ancora  qualche  cosa  sa- 
via, ed  ingegnosa,  così  segue,  che  nella  scuola 
della  Pittura  colui,  che  non  applica  il  suo  inge- 
gno, che  a  disegnare  sur  un  modello,  e  che  ap- 
poggia tutto '1  suo  studio  sul  pennello,  non  sarà 
mai  se  non  un  artefice  meccanico  indegnissimo 
della  qualità  di  Pittore  ,  come  quell'altro  non 
passa,  se  non  per  un  semplice  versificatore. 

Sicché  al  servizio  di  questa  nobile,  e  gloriosjk 
principessa  dell'Arti  la  Pittura,  che  è  tutta  spi- 
rito, bisogna  avere  talenti,  e  cognizioni  straordi- 
narie per  ardire  di  pretendere  all'onore  della  sua 
buona  grazia:  e  quelli ,  che  per  la  bassezza,  e  la 
gravezza  di  lor  natura  non  si  possono  elevare  più 
alto,  che  la  parte  meccanica,  rassomigliano  a 
quei  malvagi  Cortigiani  di  Penelope,  i  quali  non 
avendo  lo  spirito  d'  insinuarsi  favorevolmente 
nella  sua  conversazione  particulare,  né  assai  di 
destrezza,  o  di  merito  per  rendersi  considerabili 
appresso  di  lei,  restavano  addietro  a' più  galan- 
ti ,  e  erano  ridotti  a  corteggiare  le  sue  serventi. 

FINE. 


RIFLESSIONI 


SOPRA 


MICHELANGELO  BUONARROTI 

DEL 

CAV.   ONOFRIO  BONI 

IN    RISPOSTA    A    QUANTO    NE    SCRISSE 

ROLANDO  FREART 
SIC,    DE    CHAMBRAY    NELl'  OPERA 

Idée  de  la  perfection  de  la  Peinture  etc. 


Suos  autcm  hacc  opcrum  genera  ,  quae  dico,  ut  auctores  , 
sic  ctiam  amatores  habent  ....  ac  nescio  ,    an   ars   ulla 
(  perfecta   sit)   non  solum   quia  aliud  in   alio   magis    e- 
minet ,   scd  quod   non  una  omnibus  forma    placuit. 
Quinci.    //2if.  orat.  lib.  12.  cap.   IO. 


ALL    OTTIMO    VESeilATI'STMO    AMTCO 

IL  SiG.  GIO.  BATISTA  LODOVICO 
SEROUX  D'AGINCOURT 

IL  Cav,  Onofrio  Boni 


Firenze  5.  Dicem.  1808. 


la  inedita  traduzione  in  lingua  Toscana  fatta 
dal  celebre  nostro  Salvini  dell'opera,  che  ha  per 
titolo:  lde<^  de  la  pcifection  de  la  Peinture  ,  de- 
moni  ree  par  les  pimcipes  de  f  An  ,  et  par  des  exem- 
ples  par  RoLind  Freari  ,  Sieur  de  (Jiambray  etc.  e 
che  Voi  possedete  nella  scelta  vostra  collezione 
di  libri  di  Antiquaria,  e  di  belle  Arti ,  mostra  quan- 
to fosse  tenuta  in  picgio  anche  in  Italia,  appena 
comparsa  alla  luce  in  Francia  nell'anno  tó^-» 
L'autore  era  già  celebre  per  l'opera  intitolata: 
Parallele  e  l' Archi tecnire  antique,  et  de  la  mo- 
derne y  era  l'amico  di  M.Errard  direttore  dell'Ac- 
cademia di  belle  Arti  a  Parigi ,  prescelto  da  Luigi 
il  Grande  a  stabilire,  e  dirigere  l'Accademia  di 
Francia  in  Roma;  era  l'amico  del  pittor  filosofo 
Francese  ,  del  vostro  Poussin  ,  cui  Voi  avete  dopo 
tanti  anni  renduco  il  meritato  onore,  ergendogli 
un  cenorafìo  nel  Pantheon  presso  quello  di  Raf- 
faello, e  di  Annibale  Caracci. 


4 

Non  potendo  a  meno  di  non  interessare  ogni 

colto  dilettante,  e  di  non  giovare  ad  ogni  Artista 
questo  breve  trattato  di  pittura,  pieno  di  solidi 
precetti  ,  e  di  fino  giudizio,  si  è  pensato  di  pub- 
blicarne in  Firenze  l'accennata  traduzione.  Po- 
tranno solamente  dispiacere  in  essa  alcuni  tratti 
contro  Michelangelo  Buonarroti ,  che  V^oi  collo- 
cate tra  i  primi  luirìinari  della  rinascente  pittura 
nella  vostra  Storia  delle  belle  Arti  dalla  decaden- 
za al  loro  risorgimento,  di  cui  Italia  tutta  anela 
la  pubblicazione .  Sembia,  che  Rolando  Freart  fos- 
se a'suoi  giorni  quello,  che  a' nostri  e  stato  Fran- 
cesco Milizia,  che  nella  sua  Roma  delle  belle  Ani , 
e  ncW  Arte  di  vedere  ec.  con  occhio  sì  torvo,  e 
sprezzante  guarda  il  Buonarroti.  Ne  più  gentil- 
mente lo  guarda  il  Cav.  Azara  ne' suoi  commenti 
e  nelle  sue  note  alle  opere  del  Mengs  ,  il  quale 
tanti  magnifici  elogi  ne  tesse  in  varie  parti  delle 
medesime ,  dandogli  in  una  parola  il  vanto  di  a- 
vere  il  primo  segnato  alla  rinascente  pittura  col 
celebre  suo  cartone  della  guerra  di  Pisa  ,  e  poi 
colla  volta  della  Cappella  S'stina  ,  le  vie  dello  sti-  , 
le  grandioso,  e  sublime.  Dobbiamo  però  ricordar- 
ci ,  che  il  Milizia ,  ed  il  Cav.  Azara  erano  amici , 
e  per  quanto  avessero  estesa  ,  e  varia  suppellettile 
di  cognizioni  di  ogni  sorta  ,  credevano  troppo 
all'imperio  della  fredda  filosofia  sulle  Arti  di  genio. 
Ma  se  la  vera  filosofia  consiste  nel  dare  a  ciascu- 
na cosa  il  giusto  valore  ,  ben  mi  rammento  quanto 
Voi  più  degno  estimatore,  e  giudice  di  belle  Ar- 
ti, che  avete  ancora  esercitate,  come  attestano 
le  vostre  spiritose  Acqucf.)rti,  mi  scriveste  alcuni 
anni  indietro.  Neil' incaricarmi  di  farvi  disegna- 


5 
re  quegli  abbozzi  pr*jssochè  informi  di  Michehin- 
gelo  collocaci  era  le  spugne,  e  nicchie  manne, 
che  iivestono  una  grotca  di  questo  giardino  di 
Boboli ,  rappresentanti  schiavi  maggiori  assai  del 
vero,  destinati  ad  ornare  il  sepolcro  di  Giulio II; 
mi  raccomandaste  sopra  tutto,  che  il  disegnatore 
non  gli  privasse  di  quella  vita,  di  quell'anima, 
che  hanno;  onde  mirandoli  sembra,  che  quasi 
per  magico  incanto  escano  da  quei  tartari,  da 
quelle  conchiglie  vive  persone  ;  cosa  in  vero  ma- 
ravigliosa.  Poiché  non  è  nuovo,  che  un  uom  di 
fantasia  colla  penna  nella  carta, collo  stecco  nel- 
la creta  molto  esprima  con  pochi  tratti ,  potendo 
una  mano  veloce,  nel  bollore  delle  idee  tutte  se- 
guirle, come  nel  canto  estemporaneo  la  parola 
segue  l'estro  del  poeta.  Ma  in  modo  affatto  op- 
posto procede  la  cosa  nel  marmo,  che  prende 
lentamente  forma  per  mezzo  di  replicati  colpi. 
Non  sono  che  gli  ultimi,  i  quali  serba  a  se  il 
professore  ,  che  infondono  nelle  statue  quello  spi- 
rito, quel  moto ,  di  cui  egli  è  capace  .  Si  può  dire 
pertanto,  che  Michelangelo  nelle  sue  opere,  che 
tutte  di  sua  mano  conduceva,  incominciasse  ove 
gli  altri  finiscono. 

Quindi  Voi  sicuramente  npn  ammettete  al  Si- 
gnor de  Chambtay,  che  la  stima  pel  Buonarroti 
sia  fondata  in  una  preoccupazione  ci'  inielletto  sì 
strana  y  che  certamente  non  ha  potuto  venire ,  che 
dalla  cabala  d*  ingegni  malfatti,  come  quello  di 
A^ichelangelo ,  i  quali  sono  sempre  in  più  gran  nu- 
mero ,  che  gli  altri  -^  e  questo  è  quello ,  che  ha  dato 
luogo  al  proverbio,  Asinus  asino  pulcher,  perche 
ciascuno  si  compiace  naturalmente  di  vedere  il  suo 


6 

simile.  Veramente  a  questo  segno  non  arrivò  mai 
iJ  cinico  Milizia.   E  quali  ingegni  mai  ci  sommi- 
nistra Ja  storia  pittorica  simili  a  quello  di   Mi- 
chelangelo, che  per  sostenere  la  propria,  abbia- 
no per  tre  secoli  colla  cabala  sostenuta  la  riputa- 
zione di  lui?  Permettetemi,  caro,  e  rispettabile 
Amico,  che  usando  dell'antica  confidenza ^  e  li- 
bertà, con  cui  per  tanti  anni,  ragionando  tra  noi 
di  belle  Arti,  ci  svelavamo  a  vicenda  le  nostre  i- 
dee ,  e  figurandomi  di  esser  con  Voi  nell'ameno 
vostro  giardinetto  sul  colle  Pmcio,  da  cui  goden- 
do della  superba  vista   della   citcà,  apparisce   la 
Cupola  di  Michelangelo  signoreggiar  tra  tant' ec- 
celse moli  di  Homa,  qiial  tra  i  monti  della  Tes- 
saglia l'Olimpo;  io  vi  esponila  le  iiflessi(ini ,  che 
leggendo  Io Scnttor  Francese  mi  sono  passate  per 
la  mente.  Potrebb' egli  f.icilmente  indurre  in  mol- 
ti errori  quei  dilettanti  delle  belle  Aiti,  che  non 
le  hanno  alquanto  trattate  per  conoscerne  a  fon- 
do il  meccanismo,  come  mi  sono   io   ingegnato 
nella  mia  gioventù  di  fare,  eserciciindole  tanto  da 
farne  da   me  retto  giudizio,   e  conoscendone  il 
meecaijismo.  Mi  sarà  però  di  scorta  nella  difesa 
dell'Artista  Fiorentino  non  già  il   mio  sentinìen- 
to,  ma  quello  assai  più  rispettabile  del  pittor  fi- 
losofo de' nostri  giorni ,  Raffaello  Antonio  Mengs. 

I. 

Piano  dell'opera  del  Freart . 

Per  richiamar  la  pittura  all'antico  splendore, 
comincia  il  Freart  ad  indicarne  le  parti,  secon- 
do la  divisione  fattane  dal  celebre  trancesco  Giù- 


7 
ino(0  ,  che  sono  Invenzione,  Proporzione  ,  Aioio  , 

o  passione,  e  Collocazione ,  o  sia  l'economica  di- 
sposizione di  tutta  l'opera.  Dopo  aver  data  una 
breve  spiegazione  delle  medesime,  passa  ad  esa- 
minare, come  il  gran  Raffaello  le  abbia  maneggia- 
te in  grado  eccellente,  ragionandone  sopra  alcu- 
ne stampe  delle  sue  opere  incise  da  Marcantonio, 
che  essendo  per  le  mani  di  tutti,  possono  più  fa- 
cilmente persuadere  il  lettore.  Quindi  contrappo- 
nendo a  queste  la  stampa  del  Giudizio  universale 
di  Michelangelo,  conclude  esser  questi  l'antago- 
nista de  Pittori  antichi ,  ed  il  corifeo  •  i  tutti  i 
moderni  (mtendQ  dei  licenziosi,  e  libertini):  ag- 
giungendo in  appresso ,  che  Raffaello,  e  Michelan- 
gelo hanno  tra  loro  un'  antipatìa  sì  generale,  che 
ciò  che  fa  per  V uno  nuoce  all'altro-,  e  si  potrìa 
dire  in  verità ,  che  uno  è  il  buono ,  e  /'  altro  il  cat- 
tivo angelo  della  pittura ....  e  se  la  grazia  e  stata 
uno  dei  principali  talenti  del  primo,  pare  che  r al- 
tro abbia  preso  in  prova  di  parere  rozzo ,  e  mal- 
grazioso  per  una  certa  durezza  affettata  ec.  Ma 
chi  mai,  anche  mediocremente  versato  nelle  bel- 
le Arti,  non  si  sente  muovere  a  ira  da  tali,  e  al- 
tre simili  espressioni?  Soffralo  in  pace  il  Freart: 
egli,  perchè  troppo  prova,  non  prova  niente, co- 
me dicono  i  logici ,  ne  qualche  difetto  di  Michel- 
angelo, o  di  Raffaello,  o  d'altri,  può  farli  deca- 
dere dal  sublime  grado  in  cui  i  contemporanei, 
e  i  lor  successori  giustamente  gli  collocarono. 
Veniamo  alle  prove . 


(i)  Fiancisui  lunii  de  Pictura  veteium  Lib.  3- Gap.  i. 


8 

IL 

Imperfezione  de* giudizj  desumi  dalle  Stampe. 

Il  giudicare  del  merito  di  un  pittore  dalle  stam- 
pe è  un  metodo  assai  fallace,  ed  incerto,  man- 
cando queste  di  una  delle  principali,  e  più  diffi- 
cili parti  dell'arte,  senza  di  cui,  a  rigorosamente 
parlare,  non  vi  è  pittura.  E' questa  il  coloiito, 
che  tanto  di'etto  ci  reca  colla  verità,  coll'armo- 
nìa,  colla  illusione,  senza  del  quale  ogni  più  ec- 
cellente chiaroscuro  a  fionte  di  un  quadro  colo- 
rito,  sembra  un  poema  in  prosa,  in  paragone  di 
quello,  che  è  scritto  colla  melodìa  del  metro, 
coU'arguzia  della  rima.  Diceva  il  Poussin  fn  ,  es- 
sere i  colori  quisi  lusinghe  per  persuader  gli  oc- 
chi,  come  la  venusta  de' versi  nella  poesia.  E  se 
la  pittura  tanto  diletto  ci  reca  colla  imitazione 
degli  oggetti ,  il  colorito  avrà  sempre  la  maggior 
parte  in  questo  prodigioso,  e  dolce  incanto.  Dal 
pittore  più  eccellente  coloritore,  al  più  debole,  in 
parità  di  estro,  di  disegno,  di  espressione,  corre 
la  medesima  diversità,  che  dal  poeta,  il  quale 
sappia  lumeggiare  i  suoi  concetti  con  frasi ,  ed 
epiteti  più  vivi,  a  quello,  che  più  debolmente  gli 
esprima.  Ma  e  che  sono  mai  le  stampe, se  non 
copie  imperfette  a  chiaroscuro  dei  quadri?  Ar- 
rivò il  bulino  a  tal  finezza  dà  farci  distinguere 
rasi,  velluti,  armature,  biancherie  di  varie  sor- 
te, e  cose  simili;  ma  non  può  mai  rappresentare 
la  vaghezza,  e  l'armonia  del  colore:  e  rare  volte 

(i)  Bellori,  Vite  de' Pittori,  Scultori ,  t«l  Architetti. 


9 

esibisce  i!  vero  tuono  generale  del  chiaroscuro 

dell'originale .  Per  chi  non  avesse  vedutola  Ma- 
donna della  Seggiola,  sarebbe  ben  difficile  farsi 
un'  idea  del  brillance  tuono  di  quel  quadro  dall' ul- 
tima stampa  fiittane  in  Firenze  ,  come  ninna  può 
farsene  da  chi  non  vide  l'originale,  del  sangue, 
che  scorre  sotto  la  bianca  pelle  della  Venere  di 
Tiziano  incisa  a  Londra.  Eppure  queste  stampe 
sono  di  due  de' più  eccellenti  copiatori  delle  pit- 
ture in  rame,  che  mai  vi  sie^io  stati,  i  Signori 
Morghen  ,  eStrange.  Pel  solo  coloi  ito  Tiziano  sie- 
de nei  pi  imi  scanni  allato  a  Coreggio,  e  RafFa- 
elle  nel  celebre  tiiumvirato  della  rinascente  pit- 
tura formato  dal  Mengs(0;  e  la  scuola  Fiammin- 
ga, anche  colle  più  triviali  composizioni,  forma 
pel  solo  colorito  la  delizia  di  tanti  amatori  in- 
telligenti, e  di  fino  gusto.  Vi  è  ancor  di  più.  Si 
paragonino  insieme  le  stampe  delle  opere  de' mi- 
gliori coloristi  Veneziani ,  e  Fiamminghi  con  quel- 
le de' pittori  di  seconda,  e  terza  classe  di  scuola 
Romana,  e  Fiorentina.  Per  la  parte  delia  corre- 
zione del  disegno,  della  eleganza  delle  forme, 
della  nobiltà  della  composizione,  questi  secondi 
di  quanto  non  vincono  i  primi?  Saremmo  dalle 
stampe  costretti  a  confessare,  che  Tiziano ,  Pao- 
lo Veronese,  il  Rubens  debbono  cedere  ad  An- 
drea Sacchi,  a  Pietro  Testa,  a  Carlo  Maratta, 
all'Empoli,  a  Santi  di  Tito,  e  ad  infiniti  altri. 
Non  è  però  così  nelle  gallerie.  Un  quadro  di 
Tiziano,  di  Paolo,  di  Rubens  trae  immediata- 


(l)  Riflessioni  sopra  i  tre   gran   Pltteri  Raft'aclle  ,  C<>reg 
gio  ,  e  Tiziano  «e. 


10 

mente  a  se  Io  spettatore,  Io  rapisce,  lo  incanta, 
ed  appena  gli  permette  un'occliiata  allo  fredde 
studiate  opere  dei  secondi.  Così  Longiiio(0  pa- 
ragonando il  fiiocoso ,  l'impetuoso  Demostene 
collo  studiato,  e  vago  Iperide,  osserva,  che  que- 
sti, benché  pieno  di  bellezze,  lascia  in  quieto  l'u- 
ditore, e  ninno  che  lo  legge  si  raccapriccia,  o 
spaventa. 

Qualora  però  si  volessero  giudicare  due  pitto- 
ri dalle   stampe    nelle  parti  dell'Aite,  che   pos- 
sono mostrare ,  converrebbe   alla   giustizia,  che 
quelle  fossero  di  egual  merito.  11  Freart  sottopo- 
ne per  Raftaelle  agli  occhi  del    suo  lettore  tre 
stampe  delle  di   lui  più  celebri  opere,  intagliate 
Sopra  i  disegni,  e  quello  che  più  importa,  sotto 
gli  occhi  di  Raffaello  da  Marcantonio  Raimondi, 
Nulla  di  più  squisito  per  la  parte  del  disegno,  e 
della  espressione.  Equivaglion.o  ad  un  coiitorno 
di  mano  di  Raffaello,  e  per  questo  saranno  pres- 
so i  veri  conoscitori  nella  più  alta  stima,  malgra- 
do la  finezza  maggiore,  ed  il  più  eccellente  ac- 
cordo dei  bulini    moderni,  che  per   la  parte  del 
disegno  per   lo  più  si   affidano   all'altrui  mano. 
Michelangelo  non   ebbe   mai   la  fortuna  di  esser 
copiato  in   rame  da  un   Marcantonio  nella  volta 
dellaSistina  ,  e  nel  suo  Giudizio  universale.  Solo 
ai  nostri  tempi   i  defunti  professori  Volpato,  e 
Cunego  incisero  sopra  eccellenti  disegni   del  Si- 
gnore Stefano  Tofanelli  alcune  figure  della  detta 
volta,  e  ultimamente  il  Signor  Corrado  Metz  ia 
quindici  gran,  fogli  di  carta   detta  papale,  con 

(i)  Del  Sublime  Sez.  H- 


I  f 


molta  lode  ha  intagliato  il  Giudizio  universale (0. 
Le  incisioni  di  questa  picru:a,  delle  quali  potea. 
servirsi  il  Frcart ,  sono  una  u;  forma  grande,  ed  in 
più  pezzi  di  i\Ì.G.  (forse  Matteo  G  cuccr)  un'al- 
tra di  Lionardo  Gaukier ,  o  del  Bonasom  ,  o  del  du 
Perac;  e  un'altra  più  piccola  di  Gio.  Batista  de' 
Cavai  eri ,  ed  una  piccolissima  di  Martino  Rota, 
tutte  inferiori  assai  al  bulino  dei  Raimondi. 

La  vfra  maniera  di  giù  licaie  del  mento  dei 
pittori  è  quella,  che  ai  tempi  del  Fieart  si  costu- 
mava in  Fi  ancia,  con  più  senno,  e  giustizia, 
adunandosi  ogni  settimana  i  professori  dell'Ac- 
cademia R.  di  Pittura,  e  di  Scultura  nel  gabinet- 
to del  He,  esaminandone  i  quadri  più  scelti,  e 
conferendone  insieme  i  giudizj ,  che  per  istruzio- 
ne della  gioventù  si  pubblicavano  poi  nella  lin- 
gua nati  va  (^) .  Così  il  Mengs  ab  nostri  giorni  sulle 
pitture  del  Vaticano,  su  quelle  di  Parma,  e  di 
Venezia,  e  sopra  tante  altre  tele  vedute,  ed  esa- 
minate nelle  gallerie  d'Europa,  ha  saviamente 
pesato  il  me!  ito  di  Michelangelo,  di  Raffaello, 
di  Coreggio  ,  e  di  Tiziano  ,  come  risulta  dalle  sue 
opere  ,  nelle  quali  il  Professor  Fiorentino  appari- 
sce non  già  il  fanfanone  della  pittura,  (come  Io 
chiama  il  Freart,)  ma  il  Maestro  di  tutti  i  moder- 
ni, ai  quali  mostrò  il  primo  le  vie  del  grandioso, 
e  sublime  nell'Arte  già  da  tanto  tempo  rinata; 
gloria  nell'antica  etade  dei  soli  Greci,  cui  non 


(i)  Memorie  Enciclopediche  Pvomane  sulle  belle  Aiti  T.  3. 
pag.    IO+. 

(2)  Vedi  Confoence-'i  de  V  Academie  Royale  de  pciucuic,  it 
de  sci.Ii>tut€  .  Pai  is  i66(^. 


12 

arrivarono  mai ,  testimonio  Strabone(0,  ne  gli 
Egizj,  né  gli  Etruschi. 

III. 

La  Fama  del  Buonarroti  e  fondata  nel  suo.  vero 
merito,  e  non  già  nella  falsa  prevenzione. 

Ne  è  meno  ingiusto  l'ascrivere  la  fama  di  Mi- 
chelangelo a  cabala  dei  pittori,  che  il  Freart chia- 
ma libertini,  e  licenziosi,  quasi  volessero  colla 
di  lui  autorità  coprire  i  proprj  difetti ,  app'ican- 
doli  con  tanta  villania,  e  merzogna  qutW  Asmus 
asino  pu'cher.  Complonsi  tre  secoli  in  questi  an- 
ni ,  dacché  egli  dipinse  la  volta  della  Capp .  Ha 
Sistina,  che  non  solo  formò  l'ammira/ioMe  del 
secolo  d'oro  della  pittura,  ma  è  stata  costante- 
mente sino  al  presente  studiata,  e  riputata  qual 
canone  dell'Arte,  come  anteriormente  il  suo  fa- 
moso cartone  ,  che  col  suo  grido  chiainò  a  Firen- 
ze tanti  pittori;  e  tra  questi  il  giovine  Kafifael- 
lo(i).  In  una  parola  il  primo  suffragio,  che  ot- 
tenne Michelangelo  fu  quello  del  Sanzio,  e  l'ul- 
timo a' nostri  dì  è  stato  quello  del  Mengs  non 
coetaneo,  né  emulo,  né  Italiano,  né  suo  scolare 

(i)  Gcograf.  lib.  17.  Di-tin^ue  nella  scultura  Greca  lotti- 
le antico  dal  più  moderno  .  ed  al  piimo  assomiglia  le  scultu- 
re egizie,  e  Toscane,  come  confermano  i  monumenti  ,  ec- 
cetto quei  pochi  dei  tempi  poi-t«riori  allo  .«.tile  moderno  dei 
Greci.  Si  pos»ono  le  opere  greche  del  primo  stile,  le  to- 
scane, e  l'egizie  al  più  metter  del  pari  con  quelle  dei  no- 
stri qua^ttrocentisti. 

12)  Vedi  Co  molli  ^  Vira  inedita  di  Raffaelle  da  U'hino^  edi» 
zione  2.  Nelle  note  ha  illustrato  con  evidenza  questo  punt© 
«li  Storia  Pittorica. 


.'3 

come  il  Condivi,  ed  il  Vasari.  II  primo  ringra- 
ziava Iddio  di  esser  nato  a  tempo  del  Buonarro- 
ti ,  vedute  appena  le  di  cui  opere ,  comprese  po- 
tersi in  pittura  andar  più  avanti  della  semplice 
imitazione  della  natura,  cui  in  grado  eminente  si 
era  addestrato  sotto  il  Perugino  ,  e  corresse  il  suo 
stile  piccato  y  e  trito,  e  abbandonò  la  sua  meschi- 
na maniera,  com^  francamente  dice  il  MengsiO. 
Volle  di  più  esser  suo  rivale  nell'  incendio  di 
Borgo,  e  nella  disfatta  dei  Saraceni  al  porto  di 
Ostia  ,  dipinti  ncH' ultima  delle  sue  stanze  al  Va- 
ticano, nelle  Sibille  della  Pace,  e  nel  Profeta  I- 
saja  in  S.  Agostino ,  opere  tutte  posteriori  al  car- 
tone di  Firenze  ,  fatto  nel  1504,  ed  alla  volta  del- 
la Sistina,  il  primo  magnifico  esemplare  dipinto 
di  stile  grandioso  comparso  in  luce  nell'an.  1510, 
prima  che  Raffaello  incominciasse  le  mentovate 
sue  stanze.  In  fine  componendo  questi  in  ap- 
presso del  suo  puro,  graziosissimo ,  e  del  gran 
stile  di  Michelangelo  una  terza  maniera,  dipin- 
se le  ultime  sue  cose,  tra  le  quali  la  stupenda  sua 
Trasfigurazione  (-) .  Avrebbe  mai  potuto  Raffaello 
negar  la  sua  stima  a  chi  avealo  condotto  colle 
sue  opere  alla  perfezione  dell'Arte? 

Ascoltiamo  adesso  il  Mengs,che  ne' suoi  scrit- 
ti tanti  elogi  tesse  al  Buonarroti.  Se  ne  accenna 
qualche  difetto  non  già  d'arte,  ma  di  gusto,  que- 
sto è  in  comparazione  degli  Antichi,  a' quali  ri- 


(t)  Riflessioni  sopra  i  tre  gran  Pittori  pag.  !38. 

(2)  Men(y.«,  Riflessioni  sopra  i  tre  gran  pittori,  Tom.  L 
pag.  1 33.  14?  .  ec.  e  Lettera  ad  un  Amico  ,  sul  principio,  pro- 
gresso ,  e  decadenza  delle  Arti  del  disegno  ,  Tom.  II.  pag. 
i«i  ,  114.  ec. 


conosce  inferiore  Io  stesso  RafFacIlo.  E  primiera- 
mente lo  trova  vicino  al  sublime  degli  antichi 
nei  concetti,  e  nell'invenzione.  Gli  assegna  il 
primato  nell'intelligenza  dell'Anatomia,  per  cui 
giunse  ad  immortalarsi,  e  negli  scorci  da  niun 
pittore  prima  di  lui  arditi,  come  si  vede  nel  Gio- 
na, e  in  tante  altre  figure  della  volta  della  Sisti- 
na, /  /  cui  mostrò  2:t\in  iosità  nel  timo .esaitezza. 
nei  concorni  y  intelligenza  nelle  forme,  un  gran  ri- 
lievo ,  e  sufficiente  varietà ,  di  cui  allora  non  si  a- 
vca  giusta  idea.  Né  qui  .si  arre^ta  il  Pitror  filo- 
sofo. Michelai];.{elo  già  superiore  al  Gnllandajo 
suo  Maestro,  vedute  le  cose  degli  antichi  Greci 
col  citato  suo  cartone  in  emulazione  di  quello  di 
Lionardo  da  Vìnci,  diede  un  nuovo  aspetto  alla 
pittura ,  che  in  quel  secolo  pervenne  al  piìi  alto 
grado  di  pei  lezione,  cui  i  moderni  r  hanno  porta- 
ta, avendo  acquistato  per  esso  la  fierezza  dei  con- 
torni, le  forme  dei  pili  robusti  corpi ,  e  la  somma 
grandiosit  i  :  per  Raffaello  r  invenzione ,  la  compo- 
sizione, e  l' espressione  ;  per  Tiziano  il  colorito; 
pelCoreggto  la  delicatezza ,  e  la  degradazione  dei 
chiaroscuro  (0. 

Non  parlerò  della  stima,  e  venerazione  goduta 
da  Michelangelo  nel  tempo  di  mezzo .  Piccola  non 
dovea  essere  a' tempi  del  Frearr ,  che  scriveva  un 
secolo  dopo  la  di  lui  morte,  giacché  tanta  pena 
si  óa.  per  annientarla,  accordardogli  al  più  l'o- 
nore di  eccellente  disegnatore.  Pure  il  centena- 
rio possesso  solev' assicurare  qualunque  pacifico 
diritto;  né   durano  tanto  nelle  lettere,  e  nelle 

(0  Vedi  Mcngs,  Lettera  ad  un  Amico  pag.  ti 3. 117. 


Arti  le  bellezze  passeggieie  della  moda ,  mutando- 
si in  un  secolo  per  tre  volte  le  umane  generazio- 
ni. Dirò  uoio  con  Longino (0,  che  s^  grande,  e 
sublime  è  quello,  die  molto  dà  a  pensare,  cuiedif- 
jìeile  ,  anzi  impossibile  dì  resistere  ,  che  non  si 
scorda,  che  piace  sempre ,  e  a  tutti  di  qualunque 
età,  professione ,  studio ,  ed  ajfetto  ;  grandi,  e  su- 
blimi sono  le  opere  dell'Artista  Fiorentino,  che 
può  degnamente  sedere  allato  all'  Urbinate .  E  chi 
veduti  i  depositi  Medicei,  il  Mosè,  le  immagini 
del  Creatore  dipinte  nella  volta  della  Sistina  non 
si  sente  compreso  da  canta  maestà,  e  pieno  di 
tanta  venerazione  da  credergli  personaggi  di  un 
ordine  superiore  all'umano,  e  quasi  per  rispetto 
e  timore  ,  appena  ardisca  fissarvi  lo  sguardo? 

IV. 

Nella  Pittura  è  piì^i  necessaria  la  parte  meccanica  , 
che  la  filosofica . 

Potrebbe  il  Freart  indurre  ancora  i  non  eser- 
citati nella  pittura  in  un  altro  errore  di  giudizio, 
dando  egli  alla  parte  filosofica  della  medesima 
troppo  valore  in  paragone  della  parte  meccani- 
ca,-onde  ogni  dilettante  possedendo  la  prima, 
che  s'impara  su' libri,  facilmente  creda  poter  con 
senno  ragionare  della  seconda,  che  tanto  studio, 
e  fatica  richiede.  L'oggetto  di  quest'Arte  incan- 
tatrice  è  il  dilettare  per  via  della  imitazione  :  né 


(i)  Del  Sublime  Sez.  7.  Traduzione    di  Anton  Francesco 
Gori . 


i6 

s'imitano  bene  gli  oggetti,  senza  un  perfjtto  di- 
segno, un  verace  rilievo  per  mezzo  del  chiaro- 
scuro, ed  un  eccellente  colorito.  Tutto  qu'-sto 
non  è  che  meccanismo;  pur  è  la  più  necessaria, 
parte  della  pittura,  mancando  la  quale  non  può 
l'artista  rappresentare  le  sue  idee,  ed  i  suoi  con- 
cetti, che  ne  formano  la  parte  filosofica.  Vuoisi 
certamente  per  questa  seconda  molto  talento,  e 
immaginazione  grande,  e  come  parto  dello  spiri- 
to sembrerebbe  doversi  preferire  alla  parte  mec- 
canica. Ma  quello  che  è  vero  nella  oratoria,  ed 
in  poesia,  non  è  poi  tanto  vero  nella  pittura.  I 
mezzi,  coi  quali  l'oratore,  o  il  poeta  espone  le 
sue  idee  ,  i  suoi  concetti ,  sono  le  parole,  o  sciol- 
te, o  legate  dalla  misura  del  verso,  e  dalla  rima. 
I  mezzi ,  che  adopra  il  pittore ,  sono  disegno ,  chia- 
roscuro, e  colorito  in  mille  guise  modificati.  Or 
questi  mezzi  sono  tanto  più  dixficili  dei  primi, 
quanto  è  distante  il  dire  dal  fare;  l'udire  un  rac- 
conto, dal  vedere,  e  toccar  con  mano  un  fatto. 
Un  quadro  bene  inventato  ,  e  pieno  di  pelle- 
grine immagini,  sark  sempre  un  cattivo  quadro, 
se  non  è  ben  disegnato,  ben  rilevato  col  chiaro- 
scuro, e  ben  colorito.  Così  nelle  Arti  salutari  per 
la  difficoltà  della  esecuzione  ,  si  stima,  almeno 
quanto  il  più  valente,  e  dotto  teorico,  il  chirurgo, 
che  sappia  meglio  manegf^iar  gli  strumenti,  ed 
il  medico  di  lunga  esperienza.  Così  nella  fisica, 
e  nell'astronomia  acquistano  rinomanza  grande, 
eguale  a  quella  degl'inventori  coloro,  che  sanno 
ben  maneggiare  i  telesopj  nelle  specole,  o  le 
macchine  per  i  fisici  esperimenti  nei  gabinetti. 
Molto  meno  può  accordarsi  al  Freart,  che  la 


convenienza  delle  circostanze,  che  accompagna- 
no un'istoria,  e  che  in  oggi  piace  chiamar  Co^ 
5ru/ne,  influisca  poi  tanto  al  merito  intrinseco  di 
un'opera,  onde  l'ultima  cena  di  G.  Cristo  del 
Poussin,  quantunque  rappresentata  coi  convitati 
distesi  su' lettisterni ,  secondo  l'uso  di  quel  tem- 
po, e  a  lume  di  notte  secondo  il  sacro  testo,  sia 
preferibile  a  quella  celebre  di  Lionardo  da  Vin- 
ci a  lume  di  giorno,  e  coi  convitati  sedenti.  Io 
non  so  dov'egli  fondi  quella  rivalità  in  belle  Arti 
tra  gl'Italiani,  e  i  Francesi,  per  cui  crede  non 
stimato  tra  noi  il  Poussin  quanto  merita.  E  com'e- 
gli lasciò  la  Corte  di  Luigi  XIV,  ove  tante  distin- 
zioni ricevea,per  tornare  inonorato  a  Roma,  vi- 
vervi per  tanti  anni  sino  alla  morte,  e  come  in 
Roma  senza  stima  potè  aver  l'onore  di  un  quadro 
nel  tempio  Vaticano?  La  storia  tutta (0  depone 
contro  il  Freart.  Sembra,omai  decisa  la  superio- 
rità della  Italia  nelle  belle  Arti  dal  consenso  ge- 
nerale delle  altre  nazioni,  e  della  Francia  stessa, 
che  se  abbondasse  di  questi  suoi  nazionali  pro- 
dotti, e  così  perfetti  come  i  nostri,  non  ne  ave- 
rebbe  recentemente  portati  tanti  degl'  Italiani  pit- 
tori, e  con  gravi  spese,  a  nobilitar  Parigi.  Quan- 
do poi  vennero  in  Italia  professori  oltramontani 
di  merito  vi  furono  sempre  rispettati,  e  distinti 
con  illustri  commissioni,  come  attestano  il  su- 
perbo bassorilievo  di  Mr.  le  Gros  in  S.  Ignazio  di 
Roma,  in  cui  ha  mirabilmente  espresso  quasi  in 
angeliche  sembianze  S.  Luigi,  che  vola  in  cielo; 
Ja  bella  statua  del  moribondo,  e  devoto  S.  Sta- 

(i)  Bellori,  Vita  di  Niccolò  Poussin  ,BaIdinucci,Notiz.  de* 
Profess.  del  Disegno  ,  tom.  i^. 


i8 

nisKio  in  S.  Andrea  a  Monte  Cavallo,  lavoro  del- 
lo stesso  scalpello;  la  stitua  colossale  di  S.  An- 
drea nel  Vaticano  di  Fiancesco  di  Quesnoy;  e 
tante  altre  opere  di  Artisti  stranieri,  esistenti  in 
Italia. 

Ma  tornando  al  costume,  la  Natività  di  G.  Cri- 
sto di  Alberto  Duro  ,  che  il  Freart  cita  ,  con  S.  Giu- 
seppe colla  corona  in  mano,  benché  meglio  sa- 
rebbe stato  non  aver  ciò  fatto,  non  diventa  per 
questo  anacronismo  né  migliore  ,  né  peggiore. 
Così  nulla  toglie  alla  gloria  del  primo  quadro 
dell'Europa  ,  cioè  della  Trasfigurazione  di  Raifael- 
lo,  esservi  S.  Lorenzo,  e  S.Stefano  in  atto  di  ado- 
rare quel  mistero;  ne  alla  gloria  di  Tiziano  nel 
bel  quadro  dei  Francescani  di  Venezia,  e  poi  del- 
la Galleria  Pontificia  r  a verv' introdotto  una  con- 
versazione di  Santi,  non  già  nelle  nuvole,  e  in 
gloria,  ma  posati  in  tciya  tra  ruderi  di  fa bbiiche, 
come  se  fosser  coetanei,  ove  sono  S.  Sebastiano, 
e  S.  Antonio,  tra  i  quali  corrono  circa  mille  anni. 
L'  Eneide  di  Virgilio  sarà  sempre  un  modello  di 
perfezione,  malgrado  esservi  introdotti  gli  amori 
di  Didone  con  Enea  ad  essa  anteriore  di  più  se- 
coli. Non  è  inutile  al  vantaggio  delle  belle  Arti 
ripetere  cose  assai  note,  e  chiare  in  un  tempo,  in 
cui  il  pedantismo  filosofico  ha  voluto  metter  d'ac- 
cordo due  gran  nemici,  la  filosofia,  e  l'entusiasmo 
produttore  di  ogni  più  eccellente  volo  di  fantasia, 
anzi  sottoporre  il  secondo  all'imperio  della  pri- 
ma, rompendo  quella  dolce  cospirazione  di  natu- 
ra,  e  di  arte,  per  cui  produconsi  cose  mirabili 
poetiche,  e  pittoriche. 

E  per  meglio  convincersi,  che  avendo  il  Freart 


fissato  per  modello  dell'ottimo  in  pittura,  e  con 
ragione,  Raffaello,  propone  a  torco  per  l'opposto 
termine  delia  comparazione  il  Buonarroti,  si  esa- 
mini questo  in  ciascuna  parte  dell'arte,  secon- 
do la  divisione  del  Mengs,  la  quale  venendo  da 
pittore  scienziato  sembra  doversi  preferire ,  co^ 
me  più  chiara,  f.ìcile,  e  nota  ai  professori ,  a 
quella  del  G'unio  grandissimo  letterato,  ma  non 
pittore,  ch.^  adottò  il  Freart.  La  divide  il  iMengs 
in  Disegno ,  Chiaroscuro y  Colorito,  Composizione , 
ed  Ideale ,  ed  in  ciascuna  parte  esamina  il  merito 
dei  tre  gran  luminari  della  rinascente  pittura, 
Raffaello,  Coreggio,  e  Tiziano.  Parlano  in  so- 
stanza ambedue  questi  autori  in  diverso  aspetto 
delle  stesse  cose,  come  con  altra  divisione  più 
breve  ne  avea  già  parlato  molto  prima  del  Giu- 
nio  Leon  Batista  Alberti  (0,  collocandone  più 
parti  sotto  la  stessa  denominazione. 

V. 

Disegno  di  Michelangelo, 

Se  la  perfezione  del  disegno  consiste  nella  cor- 
rezione ,  cioè  nella  esatta  rappresentanza  per  via 
di  linee  della  forma  di  un  corpo  in  quella  situa- 
zione ,  in  cui  si  presenta  alla  nostra  vista  ,  il 
Buonarroti  nuli' ha  da  cedere  a  Raffaello.  Nato 
ancor  esso  nell'infanzia  dell'arte, pose  per  la  pri- 
ma pietra  del  suo  edifizio  una  gran  giustezza 
d'occhio,  pel  cui  mezzo  si  rappresenta  a  mano 
quello,  che  nella  prospettiva  lineare  si  eseguisce 

(i)  Trattato  della  Pittura . 


20 

per  via  di  regole  geometriche  ,  volendo  segnare 
in  carta,  o  in  tela  una  sezione  della  piramide  vi- 
suale ,  che  altro  non  sono  i  contorni  di  qualun- 
que oggetto.  Le  poche  teste  dibcgnate  dal  vero, 
e  conservate  nella  gran  coUez'one  dei  disegni 
dellaGallcria  Fiorentina  ne  fanno  testimonianza, 
come  della  estrema  diligenza  ,  e  pulizia  con  cui 
sono  ombreggiate.  L'intelligenza  granile  dell'a- 
natomia conferì  moltissimo  alla  perfezione  del 
suo  disegno,  al  quale  forse  alcuni  rimproverano, 
e  tra  questi  il  Mengs.  una  scienza  troppo  visibile 
dei  muscoli  quasi  tutti  in  azione,  e  niunoin  riposo. 
Ammesso  a  studiare  negli  Orti  Medicei  dal  iMa- 
gnifico  Lorenzo  ,  anzi  per  la  chiarezza  del  lignag- 
gio, e  pei  suai  talenti  ammesso  piuttosto  nella 
famiglia  di  quel  gran  cittadino  tra  i  suoi  figli, 
comprese  dalle  statue  antiche  ivi  conservate,  esi- 
gere la  bellezza  nelle  Arti  qualche  cosa  di  più  di 
una  esatta  imitazione.  Opina  il  Mengs,  che  ne 
credesse  tutto  il  segreto  riposto  nella  scienza  a- 
natomica,  in  cui  fu  profondo,  e  s'immortalò, 
benché  non  trovasse  la  bellezza  degli  antichi. 
Quindi  ninno  più  di  lui,  tranne  pochi  anni  dopo 
il  Coreggio ,  seppe  la  scienza  delle  forme ,  e  la  co- 
struzione del  corpo  umano,  e  l'entrare,  e  l'uscire 
dei  muscoli,  e  far  nascere  i  contorni  dalle  forme 
del  corpo  (0.  Non  lo  spaventarono  dunque  con  sì 
gian  corredo  d'Arte,  ne  le  proporzioni  gigante- 
sche delle  sue  figure  quasi  doppie  del  vero  nella 
volta  della  Sistina ,  né  gli  scorci ,  che  v'  introdusse , 

(i)  Mengs,  tom.  II.  p^j^  loi.  Lettera  nd  un  Amico  sul 
principio,  e  progre.><su  delle  Arti,  e  pag.  85.  Riflessioni 
suir  eccullcnza  del  Cuicggiu  ,  edizione  UiBatisano. 


cose  sino  allora  da  nìuno  tentate  dopo  il  risorgi- 
mento  dell'arte  ,  avendo  solo  tra  tanti  ai  dito  fe- 
licemente pi  ima  di  lui  qualche  opera  di  sotto  in 
su  Meiozzo  da  borii  nello  stile  dei  suoi  tempi. 
Compì  Vlichelangeloquella  volta  nell'an.  15  to, 
quindi  non  pua  nascer  dubbio,  che  il  Coreggio 
nato  nelt'an.  i^y4,e  però  giovinetto  di  sedici  an- 
ni ,  e  che  il  Mengs  crede  si  fosse  in  essa  specchia- 
to,  quando  dipinse  la  cupola  di  Parma,  lo  abbia 
preceduto  in  questo  genere  di  disegno.  So  non 
ammettersi  ciò  da  chi  si  è  studiato  di  provare, 
che  il  professore  Lombardo  ebbe  sempre  il  suo 
ordinario,  e  costante  domicilio  intorno  al  Po,  e 
tutta  debba  a  se  stesso  la  sua  gloria.  Ma  non  so 
come  potrassi  provare,  che  trattovi  dalla  fama 
delle  opere  di  Raffaelle ,  e  di  Michelangelo,  non 
facesse  qualche  breve  viaggio  a  Roma  ;  come 
tanti  pittori  Fiorentini ,  e  Romani  usano  ai  nostrit 
giorni,  e  sempre  usarono,  di  portarsi  per  poche 
settimane  in  Lombardia,  ed  a  Venezia  per  vede- 
re le  opere  di  Coreggio,  e  di  Tiziano,  senza  che 
se  ne  tenga  memoria,  e  se  ne  faccia  caso.  11  pa- 
rere di  un  pittore  come  il  Mengs,  molto  appassio- 
nato pel  Coreggio,  al  cui  impasto,  e  rilievo  pro- 
cuiò  tanto  di  accostarsi  coli' eccellente  maneggio 
del  suo  pennello,  è  di  gran  peso;  ed  è  certo,  che 
la  cupola  di  Parma  non  era  dipinta  allorché  il 
Buonarroti  compì  la  volta  della  Sistina,  per  po- 
ter sospettare,  che  imparasse  dal  Coreggio  .  Fu 
dunque  Michelangelo  non  solo  correttissimo,  e 
preciso  nel  disegno,  quanto  ogni  suo  contempora- 
neo ;  ma  il  primo  ne  trattò  la  parte  più  d.fficile  ne- 
gli scorci  delle  voice,  in  modo  da  far  epoca  nell* 
arte . 


22 

VI. 

Chiaroscuro  di  Michelangelo. 

Il  chiaroscuro,  o  sia  l'arte  di  situare  i  lumi, 
le  mezze  tinte,  le  ombre,  ed  i  riflessi  in  modo, 
che  i  corpi  appariscano  rilevati,  e  staccati  dal 
quadro,  qualunque  siasi  il  loro  colore,  nella  qua- 
le scienza  ebbe  il  primato  il  Coreggio,  non  fu 
secondo  il  Mengs  posseduta  in  ugual  grado  da 
Ratfaello,  ma  egregiamente  da  Michelangelo,  che 
nella  volta  della  Sistina  mostro  un  gran  rilievo . 
Basta  guardare  i  quadri, benché  bellissimi  per  al- 
tri pregj ,  del  Grillandajo,  del  Signorelli,  di  Pie- 
tro Perugino  dipinti  pochi  anni  innanzi  in  detta 
Cappella  j  e  si  vedrà  quanto  il  Buonarroti  per  que- 
sta parte  vinca  i  suddetti,  ed  anche  Kalfaello  nel- 
le sue  prime  cose. 

Racconta  il  Vasari  ,  che  Michelangelo  ,  dopo 
aver  resistito  in  vano  ai  comandi  di  Giulio  II. 
per  non  aver  mai  dipinto  a  fresco,  proponendo- 
gli con  nobile  ingenuità  in  sua  vece  Raffaello  co- 
me più  pratico  di  lui  in  quel  genere  di  pittura, 
mise  mano  alla  volta  della  Cappella  Sistina  com- 
piendone i  cartoni  ;  e  chiamando  da  Firenze  il 
Granacci ,  il  Bugiardini,  l'Indaco,  ed  altri,  fé 
dar  principio  all'opera  sopra  i  detti  cartoni.  Ma 
vedendo  le  fatiche  loro  ben  lontane  dal  suo  de- 
siderio, le  gettò  a  terra,  e  ricominciolla  a  di- 
pingere tutta  di  sua  mano,  non  senza  cordoglio 
per  le  muffe,  di  cui  se  gli  coprivano  le  pitture: 
su  di  che  confortollo  il  SaniTallo,  anim^andolo  a 
seguitarla  dopo  una  visita  fattavi  per  ordine  del 


«3 

Pontefice.  Eppure  le  idee,  il  disegno,  la  compo- 
sizione era  tiitco  di  lui  parto .  11  colorito  dei  pit- 
tori Fiorentini  era  commendabile,  ed  ameno  co- 
me generalmente  quello  dei  profcbsoii  di  quel- 
la età,  che  serbavano  tutto  il  bi  io  della  pittu- 
ra a  tempera,  che  era  molto  in  uso.  Ed  in  che 
mai  non  poterono  quei  pittori  contentarlo?  Non. 
altro  rimane  a  dire,  se  non  che  noi  soddisfaces- 
sero nel  chiaroscuro,  o  sia  nel  rilievo  delle  figure. 
Fu  questa  parte  della  pittura  presso  gli  antichi 
riputata  per  una  somma  sottigliezza  dell' arte,  da 
pochi  posseduta;  e  di  cui,  come  il  Buonarroti  do- 
po rinata  la  pittura,  diede  tra  i  Greci  il  primo 
esempio  Parrasio.  Ognuno,  che  abbia  un  poco 
dipinto,  o  almeno  diligentemente  ombreggiato  un 
disegno,  sa  esserne  tutto  il  segreto  riposto  nella 
degradazione  delle  ombre,  nel  ravvivarle,  ove 
occorre,  coi  riflessi,  e  quello,  che  è  più  necessa- 
rio, nel  fare  sparire  qualunque  linea  del  contor- 
no, maritando,  come  dicono  gli  artisti,  le  ultime 
tinte  colle  vicine  nelle  estremità  dei  corpi .  L'  op- 
posto metodo  produce  uno  stacco  ardito,  e  ta- 
gliente, che  in  vece  di  fir  tondeggiare,  e  rileva- 
re gli  oggetti  dipinti,  gli  appiana,  gli  deprime, 
ed  invano  ricerca  l'occhio,  tra  l'uno,  e  l'altro, 
spazio  ove  percorrere.  Ecco  le  parole  di  Plinio (0: 
Parrhdsius  ....  prinnis  symmeiriam  picturae  de- 
dit  y  ptimiLs  argutias  viilnis,  eìegantiam  captili ^ 
venusuitem  oris  :  confessione  arrficum  in  iineis 
extremis  palmam  adeptus .  flaec  est  in  pictiira  sum- 
ma  subiilicds.  Corpora  enini  fingere ,  et  media  re- 

(l)  Lib.  35.  Cap.  i«. 


^4        .  .      . 

rum,  est  quideni  magni  operi s,  sei  in  quo  multi 
gloriam  tulerint .  Ex  trema  corporum  facere ,  et  de- 
sinentts  picturae  moduni  includere ,  rarum  in  sue- 
cessu  artis  invenitur.  Ambire  enim  debet  se  extre- 
mitas  ipsa,  et  sic  desinere,  ut  promittat  alia  post 
se^  ostendatque  etiam  quae  occultat .  Hanc  ei  glo- 
riam concessere  Antigonus ,  et  Xenocrates ,  qui  de 
pictura  scripsere . . .  Minor  tanien  videtur  sibi  com- 
paratus  in  mediis  corponbus  expnmendis . 

E^  chiaro,  che  Plinio  in  questo  luogo  non  parla 
di  contorni  lineari,  ma  di  contorni  ,  dirò  così, 
dipinti ,  come  pure  intende  Francesco  GiunioCO. 
Lo  mostrano  chiaramente  l'espressioni  exirema 
corporum  facere  in  opposizione  a  pingere  media 
rerum  y  e  l'altra  f/criirae  Jesinentis  modiim  ;  cioè 
annullare,  sfumare,  confondere  l'estremità  delle 
cose,  onde  non  vedasi  ove  terminano,  nella  qual 
parte  Parrasio  ottenne  il  primato.  Per  i  contorni 
lineari  avealo  già  Plinio  poco  avanti  lodato,  di- 
cendo, che  il  primo  diede  alla  pittura  la  propor- 
zione, la  quale  tutta  da  essi  dipende  .  Infatti  an- 
che Quintiliano  (.V  ci  fa  sapere,  che  Parrasio  sta- 
bilì precetti  per  ogni  cosa  nella  pittura,  ond' eb- 
be l'onore  di  esser  chiamato  il  legislatore,  e  nin- 
no ardì  scostarsi  dai  lineamenti  ,  e  dall'effigie  da 
esso  determinate  per  gli  Dei  ,  e  gli  Eroi .  Ciò 
posto,  allontanandomi  alquanto  dalle  altre  tra- 
duzioni, e  anche  da  quella  del  Mengs(^^  ame- 
rei così  tradurre  quel  non  troppo  chiaro,  ed  e- 

(i)  De  Pictuva  vrterum  ,LJb    TU.  Gap.  III.  $  io. 

(2)  In.^tit.  Orat.  Lib.  XII.  di    X. 

(3)  Dchci'u.  de' quadri  del  Palazzo  R.di  Madiid  ,  Tom.  II. 
pag.  73. 


,  ^5 

qilìvoco  passo  di  Plinio.  Parrasio  .  ,  ,  .  il  primo 
diede  alla  pittura  le  proporzioni ,  il  primo  la  ga* 
lanteria  del  sembiante  (così  traduce  Girlo  Dati('^) 
l'eleganza  dei  capelli  J.a bellezza  dei  volti:  avendo 
però  a  confessione  degli  Artefici  riportato  la  palma 
negli  estremi  confini  degli  oggetti.  E'  questa  in  pit- 
tura somma  sottigliezza .  Polche  dipingere  i  cor- 
pi  y  e  le  parti  di  mezzo  delle  cose  è  di  gran  pre- 
gio ,  nel  che  pero  molti  riportarono  gloria .  Ma 
Jare  Ì  estremità  dei  corpi,  e  ritrovare  una  maniera 
di  pittura,  che  termini  in  nulla ^  rare  'Volte  si  ve- 
de fatto  con  felicita.  nelV  arte .  Imperocché  dee 
V  estremiti  dei  corpi  così  rotondeggiare ,  e  termi- 
nare ,  talché  prometta  altre  cose  dopo  di  se  ,  e 
mostri  ancor  ciò ,  che  occulta.  Questa  gloria  gli 
accoriarono  Antigono,  e  Senocrate ,  che  scrissero 
della  pittura  .  . .  e  paragonato  a  se  stesso  sembra, 
però  minore  nel  dipingere  le  parti  di  mezzo  dei 
corpi .  Ho  tradotto  ritrovare  una  maniera  di  pit- 
tura, che  termini  in  nulla,  sembrandomi  che  in 
Plinio  debba  leggersi  desinentis  picturae  modani 
inducere,  in  quella  guisa,  che  i  latini  dissero  in- 
ducere  morem ,  ovvero  novum  verbum,  parlandosi 
di  un'invenzione  ,  per  cui  Parrasio  riportò  la  pal- 
ma ;  espressione  a  mio  parere  più  adattata  dell'al- 
tra, che  leggesi  in  tutti  i  testi,  desinentis  pictu- 
rae modum  includere,  credendo  questo  luogo  vi- 
ziato dagli  amanuensi,  perchè  rimane,  o  senza 
senso,  o  almeno  oscuro. 

Dovè  pertanto  esser  grande  la  maraviglia  di 
Roma,  quando  nel  dì  dei  Santi  scoperta  quella 

(i)  Vite  de' Pittori  antichi. 


26 

grandissima  volta  vide  un  esemplare  così  magni- 
fico, e  nuovo  dopo  il  risorgiincnc^)  delle  Am  ,  non 
solo  di  correzione  ,  di  grandiosità  di  disegno  , 
d'intelligenza  negli  scorci,  e  di  espressione  ne- 
gli atteggiamenti,  e  ne'voki,  ma  vide  ancora, 
come  spiccarsi  dalla  parete  quei  terribili  Profeti, 
quelle  venerande  Sibille;  or  volare,  ora  librarsi 
per  l'aria  l'eterno  Fattore  nelle  vario  storie  della 
Creazione;  spingere  in  soitimal' illusione  in  quel- 
le figure  tanto  più  grandi  del  vero  ad  un  punto, 
di  cui  allora  non  si  avea  id^;^si,  e  cui  solo  arrivò 
poco  dopo  il  Coreguio.  Né  questi  pocea  ceita- 
mentc  meglio  dipingere  l'Eva,  che  soige  dalle 
coste  di  Adamo,  e  molte  altre  cose  di  quella  vol- 
ta ,  come  ho  io  udito  dalla  bocca  del  Mengs  istes- 
so,  e  come  possono  attestare  i  moderni  professo- 
ri, che  esaminarono  da  vicino  sui  palchi  quella 
pittura. 

Il  Taja  ,  che  sì  accuratamente,  e  intelligente- 
mente descrive  le  pitture  del  Vaticano  (0,  e  toc- 
cò questa  con  mano,  la  dichiara  oyera  senz\ihra 
pan,  magnifica  neW  ordine ,  e  ne  ì  i  par  ti  nienti  di 
architettura  \  numerosa  nelT  isioi  iato  ^  grandiosa 
nelle  proporzioni ,  nelle  attitudini ,  e  nella  sciol- 
tezza delle  figure;  profonda  di  dottrina  nel  dise- 
gno ;  terribile  nelle  attitudini  ;  doviziosa  ne'  pan- 
neggiamenti ;  rotonda  nelle  carnagioni  ;  e  finalmen- 
te in  ogni  sua  parte  ridondante  di  tutti  quei  nuo- 
vi lumi ,  che  hanno  potuto  subitamente  in  un  tem- 
po stesso  fugare  le  ombre  delT  antica  abietta  p'ttu- 
ra ,  e  riparla  nella  originaria  sua  prima  peijczione, 

(i)  Descr.  del  Palazzo  Apostol.  Vaticano  pi;g.  S6. 


...  ^^ 

Volentieri  accordo ,  che  il  Vasari ,  paragonan- 
do Michelangelo  agli  antichi,  spinga  le  sue  iodi 
cropp' oltre.  Ma  convien  dire,  che  partendo  dal 
punto,  in  cui  questi  trovò  le  belle  Arti,  ai  punto  a 
cui  le  condusse  di  volo  ,  anche  prima  di  Rail'aelle, 
che  tanto  profitto  ne  trasse,  non  può  mai  dirsene 
abbastanza.  Ad  esso  fu  in  quelle  tutto  facile. 
Non  ha  mai  scolpito,  e  giovinetto  di  anni  sedici 
sorprende  il  Magnifico  con  quella  sua  Maschera 
di  Fauno  descrittaci  dal  Vasari.  Trova  un  pezzo 
dì  marmo  di  nove  braccia  straziato  da  Simone 
da  Fiesole,  e  ne  ricava  il  bel  colosso  del  David. 
Non  ha  mai  maneggiato  colori  a  fresco,  e  di- 
pinge, costrettovi  dal  Papa,  la  gran  volta  del- 
la Cappella  Sistina,  lunga  palmi  172,  e  larga  60 
nella  sud  corda.  Tacerò  dell'  invenzione  dei  pal- 
chi per  dipingere ,  non  più  appesi  con  funi  ai  bu- 
chi delle  volte;  del  cappio  al  canapo,  cui  fu  so- 
speso nel  trasporto  il  detto  colosso,  che  tanto  più 
stringeva  ,  quanto  più  il  peso  lo  aggravava  ;  e  di 
tante  altre  macchine,  e  armature  per  volte,  e  dei 
carri ,  che  la  tradizione  gli  ascrive  nell'Uffizio  del- 
la Fabbrica  di  S.  Pietro,  cui  egli  presedette  per 
tanti  anni.  Sommo,  anche  in  questa  parte  mec- 
canica dell'architettura,  più  di  Bramante  sì  va* 
sto,  e  chiaro  nei  pensieri,  ed  asperso  talvolta  di 
greca  eleganza,  ma  rimproverato  a  ragione  di  di- 
fetto sulla  stabilità  delle  sue  fabbriche.  Dirò  so- 
lo, che  possedendo  così  sublimemente  le  tre  Arti, 
sorelle,  e  le  affini  ,  è  ben  naturale,  che  riempisse 
il  mondo  di  maraviglia,  e  venerazione  ;  e  che  uà 
uomo  sì  raro  ,  ed  unico  sinora  nel  suo  complesso 
nella  storia  delle  medesime,  fosse  chiaiijato  dai 


28 

Toscani,  come  Platone,  e  Dante,  con  certo  per- 
donabile trasporto,  Divino.  E  quanto  alla  pittura, 
di  cui  ragioniamo  ,  chi ,  dopo  rinata,  lo  ha  supe- 
rato ancora  nella  totalità  dei  pregj ,  dei  quali  uno 
«olo eminentemente  posseduto  immortala  un  Ar- 
tefice? 11  solo  Raffaello. 

VII. 

Colorito  di  Michelangelo , 

Se  si  volesse  giudicare  del  colorito  di  Michel- 
angelo dalle  pitture  a  fresco  della  Cappella  Sisti- 
na,  e  Paolina,  le  sole  grandi  opere,  che  facesse, 
riducendosi  il  resto  a  piccoli  quadri,  e  pochi  di 
numero,  sono  esse  così  mal  conce  dal  fumo  più 
che  dal  tempo,  da  non  potersene  niente  inferire 
per  giustamente  valutarne  il  m^^rito.  Dee  sictna- 
mente  per  questa  parte  cedere  a    Tiziano,  cui 
pur  cede  Raffaello.  Di  alcune  tavole  con  piccole 
figure,   che  miransi  per  le  gallerie,  di  disegno, 
e  maniera  Ba  ^narrotesca  al  certo,  revocano  i  più 
rigidi  l'originalità  in  dubbio  ,  e  queste  mostrano  uri 
bel  colore .  Crede  il  Ch.  Sig.  Cav.  Tommaso  Puc- 
cini Direttore  della  Galleria  Fiorentina,  intelli- 
gentissimo, ed  indefesso  indagatore  delle  manie- 
re pittoriche  It:iIi.Lne,  era  queste  originali  laFla- 
gelhizione  di  G.C    in  questa  iMustie  casa  Barto- 
lommei ,  e  la  Crocifissione  della  G.iileria  Borghese 
in  Roma.  Sono  da  osservarsi   nella  prima  i  due 
manigoldi,    che   sembrano  dipinti  da   caldo,  vi- 
goroso pennello   Lombardo  con   tal   libertà  ,  ed 
arditezza  di  tocco ,  e  con  tal  possesso  di  anato- 
mia ,  che  pare  ogni  muscolo  fatto  con  una  pen- 


29 

nellata.  In  opposizione  poi  la  figura  del  Reden- 
tore è  condotta  con  delicatezziL  grande  di  pen- 
nello; ed  il  suo  volto  aiferrato  pe' capelli  da  un 
di  coloro  spira  tal  mansuetudine  mista  di  duolo, 
da  nulla  invidiare  a  Raffaello  ,  il  pittore  delle 
cenere  passioni . 

Il  quadro  di  Michelangelo,  la  cui  originalità 
è  attestata  dai  Vasari,  rimasto  in  Firenze  dopo 
quello  delle  tre  Parche  già  nei  palazzo  Pitti,  e 
poi  portato  a  Parigi,  è  la  Madonna,  ch'ei  di- 
pinse per  Angelo  Doni,  che  si  conserva  nell'I. 
Galleria.  Dimostra  questa,  ch'egli  amava,  chie- 
dendolo il  soggetto  ,  vaghezza  di  colore  niente 
inferiore  a  quella  dei  Fiorentini  suoi  coetanei. 
Benché  vi  si  desideri  pei  contorni  troppo  decisi 
quel  rilievo,  che  posteriormente  diede  alla  volta 
della  Sistina  ;  il  maneggio  però  del  pennello  è 
così  fino  ,  e  delicato  da  potersi  paragonare  ai 
quadri  studiati  della  tribuna,  che  gli  stanno  al- 
lato. Di  fatti  fu  reputata  anche  ai  suoi  tempi, 
fra  le  sue  poche  opere  in  tavola  per  la  più  bella, 
e  finita.  Ma  il  maraviglioso  è,  che  questa  finez- 
za, e  levigatezza  di  pennello  si  ammira  nelle  gi- 
gantesche figuie  della  volta  della  Sistina,  e  mol- 
to più  nel  Giudizio.  La  volta  per  l'impeto,  e 
la  fretta  di  Giulio  II,  fatta  in  pochissmi  an- 
ni, è  dipinta  con  diligenza,  ma  con  maniera  più 
facile,  e  larga,  benché  il  necessario  per  un  gran 
rilievo  non  vi  manchi,  e  tra  .questo  il  maneggio 
dei  riflessi  opportunamente,  e  francamente  col- 
locativi. Sono  questi  nel  numero  delle  cose,  che 
al  dire  di  C  cerone ^U  vedono  i  pittori  nelle  om- 

(i)  Acad.  Quaest.  lib.  4. 


3^ 


brc  ,  e  c\\e  sfuggono  agli  occhi  dogi'  Inesperti 
nell'Alte.  Nel  Giudizio  poi  dipinto  posterior- 
mente con  maggior  comodo,  vedonsi  pezzi  di 
nudo  affatto  Tizianeschi.  Così  asseriscono  i  pro- 
fessori,  e  i  disegnatori  viventi,  che  esaminaro- 
no da  vicino  queste  pitture.  Sono  questi  il  Sig. 
Cav.  Vincenzio  Camuccini  Professore  Accademico 
di  S.  Luca,  celebre  pittor  Romano,  ed  il  Sig.  Ar- 
cangelo Migliarini  giovine  pittore  di  molta  espec- 
tativa,  erudito  nelle  dotte  antiche  lingue,  che  ne 
ha  sui  palchi  disegnate  tante  parti,  e  col  quale 
ne  ho  parlato  nell'autunno  passato  nel  suo  pas- 
saggio da  Firenze  ;  si  aggiunga  a  questi  il  Sig.  Cor- 
rado Metz  ,  che  ha,  come  sopra  si  è  detto,  inta- 
gliato recentemente  il  Giudizio. 

Giova  però  riflettere  anche  alla  gravità,  e  se- 
rietà dei  soggetti,  da  non  turbarsi  dalla  vaghez- 
za, e  dal  fracasso  del  colore.  Le  giornate  della 
Creazione,  Profeti,  Patriarchi,  Sibille,  il  Giudi- 
zio estremo  avrebbero  consigliato  allo  stesso  Ti- 
ziano, a  Paolo  Veronese  la  maggior  sobrietà  di 
tinte  adattate  al  soggetto  nelle  vesti,  e  negli  ac- 
cessorj .  Sappiamo  ancora  dal  Vasari,  che  Mi- 
chelangelo, come  fatto  aveano  i  Maestri  ,  che 
dipinsero  le  storie  di  sotto,  volea  rallegrare  la 
volta  ritoccando  a  secco  con  azzurro  oltramari- 
no  le  arie,  e  i  panni  turchini:  ma  per  non  e- 
sporsi  all'ila  del  Papa,  che  la  volle  sollecita- 
mente compita,  lasciolla  com'era,  e  con  tutto 
ciò  parve  a  tutta  Roma  stupenda . 

Quanto  poi  al  Giudizio,  allorché  possa  veder- 
sene qualche  antica  copia  in  colori ,  e  meglio 
conservata  delP originale,  apparirà  evidcntemen- 


.3^ 
te  quanto  Michelangelo  possedesse  rarmonia  ge- 
nerale dell'opera,  e  quali  fine  avveitenze  usasse. 
Oltre  quella  di  Marcello  Vciuislì,  già  del  Mubeo 
di  Capo  di  Monte  in  Njpoli,    ne   vidi,  anni   in- 
dietro, un'altra  nella  chiesa  di  S.  Eligio  di  detta 
citta,  fatta  da   Cornelio  Smet   Fiamnìingo,  che 
seinbrommi  molto  ben  coiorit.i.  N'esiste  un'al- 
tra in  questo  Casino  .^ul  Prato  dei  Signori  Princi- 
pi Corsini,  fatta  da  Francesco  Dandi  da   Forlì, 
che  v;  ha  scritto  il  suo  nome.  Ella  è  benissimo 
disegnata  ,  e  ricorda  assai  1'  originale,  ed  io  1'  ho 
espressamente  veduta,  ed   esaminata  per  discor- 
rere di  quest'opera  con  più  fondamento  che  dal- 
le stampe,  dopo  tanti  anni  che  manco  da  Koma, 
ove  ancora    senza  il  comodo  dei   palchi  ,  resta 
ben  difficile  apprenderne,  e  valutarne  tutti  i  pre- 
gi.  Noterò  soltanto,  che  dovendosi  empire  una 
parete  alta  palmi  romani  71,6  larga  60  di  figure 
jgnude ,  e  la  varietà  delle  carnagioni ,  gli  accidenti 
dei  lumi,  e  i  soliti   compensi  dell'Arte  non  po- 
tendo operarvi  un  gran  contrasto  d' effetto,  pen- 
sò d' introdurvelo ,  ove  n'ebbe  campo,  con  veri- 
tà, ed  avvedutezza  .  Nella  parte  inferiore  espres- 
se dal  lato  destro   la  risurrezione  dei  corpi .  Al- 
tri sono  scheletri,    che    cominciano  a  muover- 
si, altri  sono  mezzi  vestiti  di  carne,  altri  sono 
compiutamente  risuscitati,  e   tentano  spogliarsi 
dai  lenzuoli  ,  che  gli  avvolgevano,  altri  già  vo- 
lano al   cielo.    Tutto  questo   gruppo  di   pallide 
carnagioni ,  e   di   bianchi    panneggiamenti    così 
disposto,  forma   un  ottimo  contrasto  al  gruppo 
opposto.  Rappresenta  questo  le  bocche   dell'in- 
ferno,  da  cui  escono  fiamme,  che    tingono  di 


3-  .  .... 

colore  rossigno  lina  moltitudine  di  dannati,  che 

Caron  Jcmonio  con  occhi  di  hrasia 
vi  scarica  dalla  sui  barca.  Non  vi  voleva,  che 
l'ingegno  del  Buonarroti  per  radunare  come  in 
due  diverse  masse  tante  figure,  e  cosi  ottenere 
in  ciascuno  quel!'  unità,  e  tra  ambedue  quel  con- 
trasto di  effetto,  che  i  grandi  coloritori  conser- 
vano in  tavole  più  piccole  colle  masse  di  di- 
versi colori .  E  se  il  quadro  di  Andrea  Sacchi  di 
S.  Romualdo,  con  pochi  Monaci  Camaldolesi  fu 
reputato  tra  i  primi  quattro  capi  d'opera  di  Ro- 
ma,  per  l'artifizio  di  averli  rappresentati  sotto 
un  platano,  la  cui  ombra  cadendo  sopr' alcuno 
d'  essi,  e  così  variando  il  colore  dei  bianchi  lo- 
ro abiti  vi  produce  un  sì  bello  effetto,  sarà  som- 
mo il  merito  di  Michelangelo  per  aver  ottenuto 
avanti  di  lui  una  simile  lode  in  opera  tanto  più 
vasta.  Quindi  se,  come  Raffaello,  non  vinse  Ti- 
ziano nel  colorito,  lo  possedè  però  tanto  da  di- 
stinguersi, quanto  gli  altri  grandi  artisti  de' suoi 
tempi. 

Vili. 

Composizione  di  Michelangelo . 

La  composizione  in  pittura  è  di  due  generi: 
l'espressiva,  e  quella  di  effetto.  L'arte  della  pri- 
ma consiste  nel  collocare  ogni  figura  nella  vera 
situazione  di  quella  passione,  o  azione,  in  cui 
vuoisi  rappresentare.  Non  potrebbe  col  volto, 
col  gesto, col  movimento  esprimere  un' altra  pas- 
sione, poiché,  come  notò  Cicerone (0,  ogni  mo- 

(i)  De  OraLlib.  III.J.  Sj. 


.  33 

to  dell'animo  ebbe  dalla  natura  il  suo  particolare 

aspecio  di  viso,  gesto,  e  suono  di  voce,  ed  il 
no.iCvO  COI  pò  è  come  uno  strumento,  che  suona 
secondo  che  è  toccato  dalia  passione.  La  com- 
posizione di  L'ifetto  consiste  nel  riempire  grade- 
vol  /lente  con  figure  una  tela.  La  priuìa  è  la  par- 
te p;u  nobile  deli' invenzione,  in  cui  R.tifdello  ot- 
ticiie  l'onor  del  primo  posto,  standogli  allato  il 
Dìmenichino,  ed  il  Pussino.  La  composizione  di 
efFeito  ebbe  p^v  inventore  il  Lanf:dnco,  e  per 
promotore  Piccro  da  Cortona.  Ecco  in  breve  le 
teorie  del  Me:]  ^3  in  questa  parte  dell'iurte,  il 
quale  va  inteso  con  discretezza  in  ciò,  che  dice 
della  seconda,  poiché  prima  del  Lanfranco  eransi 
dipinte  vastissime  scorie  con  molto  successo . 

Esaminando  con  questi  piincipj  il  Buonarroti, 
io  non  vedo  come  il  Freart  possa  a?ddirarlo  pel  con- 
trapposto di  RaiFaello.  Parlino  i  deposici  Medi- 
cei, e  la  cappella  Sistina.  Domanderei,  chi  seppe 
più  nobilmente  esprimere  le  cure  del  governo, 
se  non  esso,  nel  sembiante,  e  nell'atteggiamento 
del  Duca  Lorenzo,  e  la  maestà,  e  la  risolutezza 
in  quelli  del  Duca  Giuliano.  Io  non  saprei  in 
tanti  mausolei  di  Roma,  ove  trovare  statue  di 
tanta  maestà,  ed  espressione,  cui  fanno  corteg- 
gio quelle  del  Giorno,  e  della  Notte  in  un  deposi- 
to, dell'Aurora,  e  del  Crepuscolo  nell'altro,  in 
atto  di  dolore  per  la  morte  di  quei  Principi. 
11  suo  Bacco  in  piedi  di  Galleria  rappresenta  mi- 
rabilmente nel  volto,  e  nella  mossa,  quel  primo 
abbandono  di  ragione,  e  di  forze,  che  cagiona 
nei  primi  momenti  l' ebrietà:  impegno  forse  più 
delicato  della  espressione  dell'  ultimo  grado  di 
3 


34    .  . 

alienazione  di  mente  data  dall' antico  scultore  al- 
la Vecchia  ubriaca  sedente  coli' anfora  coiona- 
ta  d'edera  tra  le  braccia,  nel  museo  Capitolino. 

Uno  sguardo,  che  si  getti  alle  sue  pitture  della 
cappella  Sistina,  Iddio  pieno  di  maestà,  che  crea 
il  sole,  la  luna,  e  l'uomo;  P  Eva,  che  appena 
creata  adora  Iddio;  i  primi  nostri  padri,  che  fug- 
gono pieni  di  confusione  dal  paradiso  terrestre; 
la  graziosa  naturai  mossa  di  Giuditta,  e  della  sua 
ancilla  ;  le  arie  dei  volti,  le  attitudini  dei  Profe- 
ti, e  delle  Sibille,  che  o  leggono,  o  scrivono,  o 
meditano  in  sì  diversi  modi;  tanti  eleganti  grup- 
pi tra  le  figure  dei  progenitori  del  Redentore;  e 
nel  Giudizio  tante  altre  stupende  espressioni  di 
beatitudine,  di  gioja,  di  contento  negli  eletti,  e 
di  disperazione ,  di  rabbia,  di  confusione  nei  dan- 
nati, sono  tante  vive  testimonianze  del  valore 
di  Michelangelo  nella  composizione  espressiva^ 
L' immagine  di  Cristo  giudice ,  che  per  darle  mag- 
gior forza  nell'atto  di  maledire  i  reprobi,  fece 
come  se  nel  moto  del  suo  sdegno  si  alzasse  mo- 
mentaneamente dal  suo  seggio  di  nubi;  quella  di 
Maria,  che  predestinata  dall'eternità,  non  avendo 
niente  a  temere  in  quel  terribil  giorno,  pare  si 
spaventi  per  gli  uomini,  e  come  madre  di  mise- 
ricordia volge  altrove  lo  sguardo,  pernon  vedere 
i  dannati,  che  piombano  all'inferno,  sembra- 
no a  me  finezze  d'arte,  idee  sublimi.  Non  è 
mia  intenzione  di  noverarle  tutte  in  tanta  molti- 
plicità  di  figure,  che  sono  circa  trecento ,  e  al- 
trettante sono  quelle  nei  vari  compartimenti  del- 
la volta.  Ognuno,  che  ne  abbia  qualche  fedele 
stampa,  o  s'incontri  in  qualche  copia  a  colori, 


.35 

potrà  giudicare,  se  somo  veraci  le  lodi,  che  il  Va- 
sari coniparte  a  Michelangelo  per  la  parte  della 
espressione  in  qucsca  pitcura  del  Giudizio,  che 
definisce  per  uno  studio  compito  di  passioni  di 
ogni  genere.  E' dispiacevole,  che  per  la  distan- 
za, e  pel  danno  del  fumo,  tanto  se  ne  perda, 
ne  possa  godersi  da  vicino,  come  le  stanze  di 
Ratfaelle. 

Sembra ,  ch'ei  volesse  corrispondere  con  tutto 
l'impegno  alia  espettazione  di  Paolo  III ,  che  per 
dargli  coòl  onorevole  commissione  recossi  alla  sua 
casa  con  molti  Cardinali.  Infatti  incarico  di  tan- 
to impegno  gli  parve,  che  volle  prima  portarsi 
ad  Orvieto,  per  vedere  come  Luca  Signore! li  avea 
trattato  sì  liifficil  soggetto,  il  più  vasro  che  pos- 
sa dipingersi,  il  più  capace  di  passioni  di  ogni 
specie,  in  una  parola  piìi  che  Omerico.  Anzi  ne 
Omero,  nè'alcun  altro  poeta,  o  storico  antico, 
e  moderno  può  presentarne  il  simile.  Né  poi  è 
tanto  vero,  che  ne  le  sacre  carte,  ne  gli  annali 
del  cristianesimo  non  presentino  temi  magnifici 
di  ogni  sorta,  ove  spaziare  la  fantasia  del  pirtore, 
per  la  parte  delle  passioni,  per  la  ricchezza,  e 
varietà  degli  abiti,  e  per  ogni  altra  circostanza 
della  pittura,  e  tutto  con  cert' affettazione  debba 
da  noi  cercarsi  per  un  tema  grandioso,  o  nella 
mitologia,  o  nelle  storie  Greche,  o  Romane.  Mi 
appello  alle  stanze  di  Raffaello,  ai  suoi  arazzi,  e 
tra  questi  ai  più  ricchi  di  figure.  Uscì  dopo  la 
metà  del  secolo  passato  in  Parigi  un'opera,  che 
prova  ciò  che  io  dico(i',  contenendo  tre  tomi 

(i)  Histoire  universelle  traitée  relativement  aux  Arts  de 
peindie  ,  et  de  sculpter  par  Mr.  Dandrè  Bardon . 


di  soggetti  per  la  pittura,  t5ratti  dall'antico  Te- 
stcìmcnto.  Il  nuovo  ha  ultimamente  aperto  al 
Sig.  Cav.  Gasparo  Landi  nelT  incontro  dei  Reden- 
tore al  Calvario  colla  Vergine  Madre,  e  le  don- 
jie  piangenti,  anìpio  spazio  da  percorrere  con  ge- 
nerale applauso  di  Roma,  avendo  rappresentato 
in  tela  vastissima  di  palmi  28,  da  me  già  veduta 
con  estremo  piacere  abbozzata  nell'anno  scor- 
so, quanto  di  più  tenero,  ed  appassionato  per 
una  parte,  e  di  più  crudo  dall'altra  poteva  ac- 
compagnare quel  commovente  spettacolo,  come 
già  annunziarono  i  pubblici  fogli (').  E  ciò  basti 
per  Ja  composizione  espressiva. 

Quanto  alla  composizione  di  effetto  sono  di  pa- 
rere, che  il  Giudizio,  il  quale  al  Freart  appari- 
sce un  mucchio  di  figure  senz'  alcun  tratto  di  spi- 
rito,  tanto,  secondo  lui,  e  sterile,  e  povero  il  ge- 
nio di  Michelangelo ,  potea  solo  con  ricchissima 
vena  d'ingegno  da  lui  idearsi.  E^  questa  immen- 
sa pittura,  come  un  poema,  divisa  in  tanti  can- 
ti, quanti  sono  i  gruppi,  che  la  compongono. 
L'  eterno  Giudice  pronunziando  l' inesorabile  sen- 
tenza, circondato  dalla  Vergine  Madre,  dagli  A- 
postoli ,  e  dei  spiriti  celesti,  trionfa  come  il  prin- 
cipal  soggetto  nella  parte  supcriore  della  storia . 
Stanno  dalle  parti  due  schiere  di  anime  elette  del 
nuovo,  e  del  vecchio  Testamento,  copiose  di  fi- 
gure. Più  in  alto  nelle  due  lunette,  che  termina- 
no la  parete,  ha  introdotto  due  numerosi  drappel- 
li d'Angeli,  che  recano  in  trionfo  gli  strumenti 


(i)  Vedi  Lettera   del  Sig.  Cuv.  Gio.  Gherardo  de'  Rossi 
al  Sig,  Abate  Luigi  Lanzi. 


?>1 

della  Passione,  per  mezzo  dei  quali  si  aprirono 
le  porte  del  Paradiso.  Non  poteasi  meglio  ideare 
la  parte  superiore  dei  gran  quadro,  tutta  posata 
sulle  nubi.  Tra  questa,  e  la  terra  vedonsi  nel 
mezzo  sotto  al  Redentore  raccolti  insieme  in  una 
nuvola  gli  Angeli  colle  trombe,  e  con  i  libri  degli 
eletti,  e  dei  condannati.  A  sinistra  uno  stuolo  di 
questi  afferraci  dai  demonj  piomba  al  sottoposto 
inferno.  A  destra  gli  eletti  volano  al  cielo,  e  tra 
questi  due  Mori,  per  indicare  Ja  promulgazione 
del  Vangelo  per  tutto  il  mondo.  Nel  terreno  è 
rappresentata  a  dritta  la  risurrezione  dei  morti, 
ed  a  sinistra  il  tragitto  dei  condannati  all'infer- 
no, come  già  si  disse  .  Sara  forza  confessare, 
che  Michelangelo  nella  composizione  d'effetto 
prevenisse  il  Lanfranco,  come  in  alcune  parti 
della  pittura  moderna  avea  prevenuto  Raffaelle, 
ed  ilCoreggio.  Una  vasta  pittura,  come  il  Giudi- 
zio, potè  insegnare  come  nelle  macchinose  com- 
posizioni si  distribuisca  una  storia,  vi  si  trovi  un 
effetto,  e  vi  si  leghino  episodj  con  giudizio,  e 
maestria.  Se  non  ha  tutto  l'artifizio  delle  grandi 
composizioni  del  Lanfranco,  e  del  Cortona,  ri- 
flettasi, che  una  parete  sì  ampia,  senza  niun  com- 
partimento, non  era  mai  stata,  e  forse  non  fu 
mai  dipinta  da  alcuno  dopo  rinate  le  Arti  ;  e  che 
nulla  è  stato  inventato,  e  perfezionato  ad  un  tem- 
po stesso.  Tutt' altro  in  fine  può  meritare  quell' 
opera,  che  il  titolo  offensivo  di  un  macchio  tu- 
multuoso di  figure,  scnz'  alcun  tratto  di  spirito. 

Non  debbonsi  qui  ripetere  le  critiche  date  a  que- 
sto lavoro  sino  dal  suo  comparire  alla  luce  ,  e  re- 
plicate dal  Freart:  critiche  riguardanti  piuttosto 


3» 

che  il  merito  dell'arte,  in  cui  fu  sempre  il  Buo- 
narroti venerato,  la  decenza  ,  venendo  in  accon- 
cio d;  parlarne  altrove.  Per  quelle,  che  riguar- 
dano l'Arte,  è  ben  leggiadra  l'accusa  degli  An- 
geli, che  "uonano  le  trombe, i  quali  debbono  im- 
pedire, dice  il  Freart,  che  si  senta  la  gran  sen- 
tenza, che  pronunzia  il  celeste  Giudice.  Ma  egli 
non  ha  considerato,  che  ivi  è  dipinta  una  ope- 
razione prodigiosa  dell'onnipotenza  di  Dio,  la 
CU'  voce  può  farsi  sentire  in  mezzo  a  mille ,  e 
n.ilie  tionibe.  Trova  egli  un  altro  difetto  nel 
ve':eivi  gli  spiriti  celesti  senz'ale,  non  avver- 
te/iJo,  che  essendo  molti,  e  in  tante  positure, 
quotile  ale  avrebbero  recato  un  grande  impaccio 
alla  co.r.posizione  dei  gruppi,  e  che  il  solo  mi- 
niLitero  di  sollevare  al  cielo  gli  eletti,  e  di  suo- 
nare le  trombe,  gli  fa,  anche  senza  di  quelle, 
conoscere  abbastanza.  Ma  dove  non  arriva  nel 
Freart  là  voglia  di  criticare  il  Buonarroti?  Gli 
neu.i  sino  quella  onesta  licenza,  di  cui  si  è  ser- 
v;c.)  R.ufiello,  e  prima  di  lui  si  servirono  gli 
<^c.lton  antichi,  di  rappresentare  nella  stessa  sto- 
ria i  facci  successivi,  contro  il  rigore  della  pit- 
^•j  j  ,  la  quale  non  ammette,  che  fitti  contem- 
po, anei.  Nelle  stanze  Vaticane  ,  cioè  in  un  luogo 
:;i:no  più  ristretto,  dipinse  Raifael'o  S.  Pietro  in 
.-T-cere  svegliato  dall' Amrelo,  e  nella  stessa  lu- 
netta lo  dipinse  già  uscito  dalla  prigione,  e  scor- 
dato dal  medesimo.  Quindi  si  può  perdonare  a 
Michelangelo,  se  non  potendo  dipingere  ,  come 
fece  Luca  Signorelli  in  Orvieto,  in  tante  distin- 
te pareti  la  risurrezione  de' morti,  la  condanna 
dei  reprobi,  la  gloria  degli  eletti,  ha  fatto  tutto 


39 

contemporaneo  in  iin:i  gran  parete,    con  quelle 

sublimi  avvertenze,  che  si  sono  accennate. 

IX. 

Ideale  di  Michelangelo, 

Eccoci  in  fine  a  discorrere  dell'ideale,  la  par- 
te più  sublime  dell'Arce,  dono  spontaneo  di  na- 
tura, che  non  può  insegnarsi,  ma  solo  modificar- 
si, se  trascorra,  dai  precetti.  Vedesi  l'ideale  ,  se- 
condo il  Mengs,  colla  immaginazione,  più  che 
con  gli  occhi  ;  consiste  nella  scelta  ,  e  nella  unione 
delle  belle  cose  naturali  depurate  da  ogn' imperfe- 
zione ;  ed  ha  luogo  in  tutte  le  parti  della  pittura. 
Nel  disegno  riunisce  in  un  corpo  tutte  le  belle 
membra,  rarissimamente,  o  quasi  mai  dalla  na- 
tura donate  ad  un  solo.  Nel  chiaroscuro  sceglie 
quella  distribuzione  di  lumi,  e  di  ombre,  che 
può  produrre  il  più  grato  effetto  sì  pel  rilievo 
dei  corpi,  che  per  l'aspetto  il  più  piacevole  di 
tutta  l'opera.  Nel  colorito  non  solo  tinge  car- 
nagioni, vestimenti,  paesi,  ed  accessorj  secon- 
do la  natura  loro,  nel  modo  il  più  vero,  e  va- 
go; ma  elegge  il  tuono  generale  del  quadro,  o 
allegro,  o  serio,  o  moderato,  che  richiede  la  sto- 
ria dipintavi.  Nella  composizione  in  fine  ha  un 
campo  più  vasto,  immaginando  mosse  non  vedu- 
te, ed  espressioni,  che  non  si  possono  copiare 
dal  naturale;  siti  adattati,  ove  campeggino  le  fi- 
gure; nuovi,  e  bizzarri  panneggiamenti,  che  le 
vestano;  e  tutto  ciò  che  vi  ha  luogo  per  un  bello 
effetto ,  usando  accidenti  artificiali,  e  poetiche 


4^ 

idee;   cose   tutte,  che  non  si  trovano  tali  quali 

le  immagina  l'artefice,  negli  esemplai  i  dalla  na- 
tura somministrati.  In  questa  parte  il  pittore 
diviene  poeta,  e  tanto  più  grande  ,  quanto  più 
elevato.  Consiglia  il  Mengs  per  acquistar  1'  idea- 
le a  leggere  i  poeti.  Ma  Michelangelo  era  egli 
stesso  lìjii  ignobil  poeta,  come  lo  mostrano  le 
sue  rime  ^i,  e  grande  ammiratore  di  Dante,  che 
avea  postillato,  disegnando  nel  margine  della 
Divina  Commedia  molte  cose  ivi  descritte. 

Da  chi  ha  veduto  i  depositi  Medicei,  il  Bacco, 
la  volta  della  Sistina,  ed  il  Giudizio  si  potrà  at- 
testare, quanto  Michelangelo  possedesse  l' idea- 
le; e  se  niuno  più  di  lui,  dopo  il  rinascimento 
delle  Arti,  siasi  accostato  al  sublime  nei  concet- 
ti,  e  nella  espressione.  E  d'onde  mai  trasse,  se 
non   dalla  sua  fantasia,  quel  grande,  che  a  tutto 

(0  Furono  queste  pubblicate  da  Michelangelo  suo  nipote 
in  Fi»'enxe  collo  stampe  de'Giunti  nell'an.  i6l$  ,  e  dedi- 
cate al  Cardinal  Mafteo  Barberini.  Non  essendo  ovvie,  gia- 
diià  il  lettoi'c  averne  un  saggio  nei  seguenti  sonetti  ,  uno 
morale,  l'altro  devoto. 

SULLA    BELLEZZA. 

La  forza  d'  un  bel  volto  al  «:icl  mi    sprona 

(  Ch'  altro  in  terra  non  è,  che  mi   diletti) 

E   vivo  ascendti   tra  gli  spirti   eletti  ; 

Grazia,  che  ad  uom  mortai   raro  si  dona. 
Si  ben  col   suo  Fattor  1'  opra  consuona  , 

Ch'  a   lui   mi  levo   per  divin  concetti; 

£  quivi  informo  i  pensier  tutti  ,  i  detti  , 

Ardendo,  amando   per   gentil   persona. 
Onat:  ,  se  mai  da  due  begli  occhi  il  guardo 

Torcer  non  so,  conosco  in  lor  Iti   luce 

Che   mi  mostra  la  via,  che  a  Dio  mi  guide. 
E  se  nel    lume  loro  acceso  io  ardo  , 

Nel  n'  bil  foco  mio  d  'Ice  riluce 

La  giuja  y  che  nel  Ciclo  eterna  ride . 


4» 
imprimeva?  La  statua  sola  di  Mosè,  per  quanto 
meno  greca  nel  volto  possa  sembrare  ,  impone 
canto  colia  maestà,  col  carattere  grandioso,  col- 
la espressione,  che  non  dee,  da  chi  non  la  vide, 
reputarsi  esagerazione  ,  se  Francesco  Lorenzini 
nel  suo  celebre  sonetto  su  questa,  disse:  , 

Ada  mei  palesa  il  senno  ^  ed  il  consiglio 

Nel  grave  sguardo  ,  e  fra  le  rughe  impresso , 
E  '/  comando  di  Dio  ira  ciglio ,  e  ciglio. 

Dubiterei,  che  l'espressione  fosse  riposta  in 
quello,  che  tra  gli  Artisti  si  definisce  per  Greco 
disegno,  cioè  per  quei  modelli  superiori  di  bel- 
lezza, che  Parrasio,  o  altri  fissarono  per  ciascu- 
no dei  loro  Dei ,  o  Eroi ,  nella  qual  cosa  niuno  dei 
moderni  gli  ha  superati.  A  me  sembra  riposta  in 
questo  la  bellezza;  ma  l'espressione  in  quello, 
che  i  latini  diceano  vuliiis ,  e  che  Cicerone  defi- 
nisce per  un  tacito  linguaggiodelI'animoCi,  con 
cui  manifesta  nel  viso  di  ognuno  ciò,  che  pen- 
sa; in  quelle  arguiiae  viilius  dì  Parrasio,  che  più 

AL    DIVIN    REDENTORE. 
Scavco  d'una  importuna,  e  grave  salma, 

Signore  eterno,  e  dal  mondo  ditciolto  , 

Qual  fragil  legno  ,  a  te  stanco  mi  volto 

Dall' ovribil   procella    in  dolce  calma. 
Le  spine,  i  chiedi,  e  1' unn  ,  e  l'altra   palma, 

Col  tuo  benigno,  umiì  ,  lacero  volto 

Prometton    grazia  di  nontirsi  molto  , 

E  speme   di  salute  aUa  trist'alma. 
Non  miri  con  giustizia  il  divin  lume 

Mio  fallo,  o  l'oda   il   lue»  sacrato  orecchio, 

Né  in  quel  si  volga  il   braccio  tuo   severo. 
Tuo  sangue  lavi   l'empio  mio  costume, 

E  più  m'abbondi,  quanto   io  son  più  vecchio  j 

Di  pront' aita ,  e  di   perdono  intere- 

(l)  Orat.  in  Calp.  Pieonem.. 


42 
tosco,  chQ  galanterie ,  come  il  Dati,  io  tradurrei 
espressioni  dei  sembiante.  Per  questa  ragione  le 
teste  degli  Apostoli  della  Cena  di  Lionardo,  bian- 
che sì  poco  greche ,  tanto  piacciono ,  perchè  si 
argute  nella  muta  loro  espressione  tanto  dicono. 
Mi  sovyiene  di  essere  stato  forzato  a  ridere,  ve- 
dendo nel  gabinetto  del  Cav.  Hamilton,  Mini- 
stro d'Inghilterra  a  Napoli,  un  putto  dello  stesso 
pittore,  che  ridendo  mostrava  un  suo  trastullo; 
benché  non  avesse  l'idea  più  bella  del  mondo, 
come  non  l'hanno  tanti  putti  delCorcggio,  che 
pure  tanto  piacciono. 

E  d'onde  può  mai  avvenire,  se  non  dall'e- 
spressione, che  servendosi  Guido  Reni ,  come  rac- 
contano, per  modello  delle  sue  Vergini  della  te- 
sta di  una  delle  figlie  della  Niob3  ,  queste  ,  benché 
assai  più  piene  d'ideale  nelle  forme  ,  cedano  alle 
Vergini  di  Raffaello  studiate  dalla  natura  un  po- 
co da  esso  abbellita,  nelle  quali  imprimeva  tanto 
di  nobiltà,  di  modestia,  e  di  amore  verso  il  suo 
Divin  Figlio?  Manchiamo  troppo  di  esemplari 
dell'antica  pittura  del  valore  delle  statue  antiche 
del  prim'ordine,  e  potria  accadere  di  non  trop- 
po bene  argomentare,  in  pregiudizio  del  moder- 
ni luminari  dell' Arte,  da  un  genere  all'altro.  La 
mancanza  di  colore  nelle  pupille,  nelle  ciglia, 
nei  capelli,  nelle  labbra,  nelle  gote,  esigeva  for- 
se nella  scultura,  per  produrre  un  bello  effetto, 
una  scelta  particolare  di  lineamenti,  e  di  forme, 
di  cui  non  ha  .bisogno  la  pittura,  che  spazia  in 
più  vasto  campo.  Quindi  quel  certo  non  so  che, 
ora  di  duro,  e  di  caricato  nel  viso,  ora  di  fred- 
do, e  d'insignificante  nelle  mosse,  checonservan- 


43 

do  le  forme  delle  statue,  prendono  le  figure  trop- 
po servilmente  su  quelle  scudiate.  Eh,  che  nei 
lor  capi  d'opera  non  dispiacerebbero  agli  anti- 
chi, se  tornassero  in  vita,  né  Raftaello,  ne  Mi- 
chelangelo ,  uè  Coreggi© ,  né  J iziano  ,  né  Guido , 
né  il  Pussino,  né  l'Albano,  ed  altri,  per  l'espres- 
sione, ed  il  colore,  benché  nelle  forme  meno 
greci  di  loro.  E  Quintdiano^i)  ci  fa  sapere,  che 
il  sommo  Policleto,  per  avere  aggiunto  alla  bel- 
lezza umana  molto  sopra  il  vero,  o  sia  d'ideale, 
non  avea  compiutamente  rappresentato  la  grave 
maestà  dei  Numi.  Ha  dunque  anche  l'ideale  i 
suoi  confini ,  i  suoi  abusi .  Ma  riaccostiamoci  a 
Michelangelo  . 

Lo  colloca  il  Mengs,insiem  con  Raffaello,  vi- 
cino agli  antichi  nella  sublimita  dei  concetti, 
cioè  dell'ideale,  come  altre  volte  ho  detto.  O- 
gnuno  di  loro  peiò  gli  espresse  seguendo  il  pro- 
prio naturale  istinto.  Quello  di  Michelangelo  lo 
portava  al  grande,  al  fiero,  al  terribile,  all' iiTi^ 
ponente.  Ne  per  grande  si  dee  intendere  il  co- 
lossale, ma  quel  carattere  sublime,  che  fa  com- 
parir grandi  le  cose  piccolissime,  come  accade 
nei  suoi  disegni,  ed  in  tante  incisioni  antiche 
in  gemme,  in  medaglie,  ed  in  bassirilievi .  che 
sembrano  colossi  ;  al  contrario  di  tanti  cWossi 
moderni ,  che  appariscono  pigmei'.  Questo  suo 
genio  si  fc  conoscere,  al  dir  del  Vasari,  ben  di 
buon'ora,  allorché  giovinetto,  preso  un  disegno, 
che  veniva  dal  Griliandajo,  lo  toccò  di  penna,  e 
mostrò  la  differenza  delle  due  maniere,  cioè  della 

(i)  Inst.Orat.  lib.  XII.  cap.  (q. 


44 

secca,  e  meschina  antica  sino  allora  in  uso,  dalla 
grandiosa,  e  magnifica,  ch'egli  produsse:  dise- 
gno, che  mostratogli  in  sua  vecchiaia  dal  dccto 
Vasari,  ei  rivide  con  piacere.  Egli  non  conob- 
be l'infanzia  dell' A^-te,  ma  passò  in  un  momento 
alla  virilità.  Simile  a  quelle  vigorose  pianto ,  che 
in  un  clima  più  caldo  si  sviluppano  con  forza,  e 
con  celerità  producono  i  loro  frutti,  si  slanciò 
di  buon'ora  verso  il  grande ,  sorprese  in  certo 
modo,  ed  atterrì  tutti  gli  artisti  col  nuovo  stile. 
Ciò  accadde  con  quel  famoso  Cartone  in  conìpe- 
tenza  di  Leonardo,  più  volte  rammentato,  fritto 
circa  l'anno  i,S04,  che  sbandì  del  turco  ia  manie- 
ra antica,  e  sul  quale  studiarono  Raffaello  allor 
giovinetto,  Andrea  del  Sarto,  Baccio  Bandinelli, 
Iacopo  Sansovino ,  l'^erin  del  Vaga ,  e  tanti ,  e  tan- 
ti altri;  e  dipinse  poco  dopo  la  volta  della  Sisti- 
na, che  e  il  primo  esemplare  del  gran  stile  della 
moderna  pittura.  Questi  son  tutti  frutti  del  suo 
magnifico  ideale,  che  seguillo  in  scolpire  le  sta- 
tue, ed  in  architettare  le  fabbriche,  come  per 
queste  mi  lusingo  aver  provato  altrove  (U,  ra- 
gionando del  suo  stile  architettonico. 

Raffaello  al  contrario  fatto  per  le  tenere  passio- 
ni, ner  altra  via  se  ne  va  al  cuore,  lo  agita,  lo 
comWove.  Egli  è  un  frutto  squisito,  che  grada- 
tamente cresce,  ed  arriva  alla  sua  maturità,  di 
che  fanno  testimonianza  le  sue  diverse  maniere, 
tra  le  quali  l'ultima  è  tutta  dovuta,  come  si  è 
detto  coir  autorità  del  Mengs,  all' impasto  del  suo 
grazioso,  dolce  stile,  con  quello  di  Michelangelo 

(t)  Antologia  Romana  Tom.  Vii.  pag.  ]66.  e  Memorie 
per  le  belle  Arti  Tom.  Ili-  pag.   iiS ,  e  249. 


45 
grandioso,  e  robusto.    Così  il  Petrarca  non  a- 

vrebbe  forse  potuto  pennellcggiarc  sì  vigorosa- 
mente il  quadro  terribile  del  Conte  Ugolino,  «né 
Dante  forse  avrebbe  potutosi  teneramente  dipin- 
gere i  prodigj  di  Laura , 

Che  dolcemente  i  pieJi  y  e  gli  occhi  muove 
Per  questa  di  bei  colli  ombrosa  chiostra , 
o  il  divino,  soavissimo  di  lei  colloquio  nel  terzo 
cerchio  coli' infelice  amante.  Così  piacciono  in 
pittura  gli  orrori  di  Salvador  Rosa,  quanto  le  ri- 
denti campagne  di  Claudio  ;  il  forte  stile  del  Guer- 
cino,  quanto  il  dolcissimo  di  Guido.  Nelle  belle 
Arti,  nella  Oratoria,  e  Poesia  sono  varj  i  generi 
della  bellezza,  ed  ognuno  più  apprezza  quello, 
che  più  è  conforme  al  suo  genio ,  o  per  le  deli- 
cate,  o  per  le  forti  passioni.  Quindi  saviamente 
chiuse  il  suo  trattato  del  Sublime  Longino*  con 
dire,  ognuno  fero  giudichi  come  gli  piace  (0,  parlan- 
do delle  varie  bellezze  dell'arte,  e  della  natura. 
Basta  ancor  sovvenirsi  con  esso(^J,  che  si  può  es- 
ser sublimi  senza  il  patetico,  benché  questo  an^ 
Cora  talvolta  non  manchi  al  Buonarroti,  come 
non  pochi  tratti  se n^  ravvisane  nelle  sue  poesie. 
Pare  dalla  esperienza,  e  dalla  storia,  che  ci 
da  tanti  pittor  Raffaelleschi,  e  sì  pochi  Michelan- 
gioleschi ,  confermato,  che  un  giovine  più  facil- 
mente possa  formarsi  sopra  il  Sanzio,  che  sul  Buo- 
narroti, come  forse  un  giovine  poeta  trova  più 
sicura  guida  pel  suo  cammino  nel  Petrarca,  che 
in  Dante.  Ma  non  è  questa  sua*  colpa  ;  ed  egli 
stesso  avea  predetto,  che  molti  diverrebbero  suoi 

(I)  Sez.  ÌS.  (2)  Id.  Sez.S. 


4<5 

gofH  imitatori.  Perche  sarà  difficile  imitare  i  voli 
di  Pindaro,  la  finezza  di  Orazio,  la  magniloquen- 
za* di  Tullio,  decadono  e^si  dall'alto  lor  posto? 
Comparve  ancora  tra  i  Latini,  e  tra  gl'Italiani 
moderni,  e  presso  gli  stessi  Greci,  chi  eguaglias- 
se Omero?  Ed  in  Francia  Corneille,  e  Racine 
trovarono  ancora,  colle  munificenze  di  una  graa 
Corte,  cogli  sforzi  di  tanti  talenti,  chi  occupasse 
i  loro  seggi?  Diminuirà  pertanto  la  gloria  degli 
originali  per  mancanza  di  eccellenti  copiatori? 
La  poesia,  l'oratoria,  le  belle  Arri  esi^rfiiio  per  di- 
stinguersi non  copie,  ma  originali.  Neper  ultimo 
si  potrà  negare  a  Michelangelo  la  lode,  che  per 
la  parte  dell' ideale  il  Mongs  attribuisce  a  Raifacl- 
le ,  averne  egli  molto  posseduto  nella  esecuzione 
di  quei  caratteri,  che  si  prefisse  rappresentare. 

X. 

Qualche  difetto  nelle  umane  produzioni 
non  distrugge  il  loro  merito. 

Una  delle  obiezioni  più  forti  contro  il  merito 
di  un'opera,  che  può  ingannare  specialmente  i 
dilettanti  di  belle  Arti,  è  il  trovarvi  qualche  di- 
fetto. Questo  è  un  grave  scoglio,  contro  cui  si 
perdono  i  giudizj  di  taluni ,  che  ,  seguendo  l'istin- 
to naturalf  di  cercare  nelle  produzioni  altrui  più 
tosto  i  difetti,  che  le  bellezze,  credono  essere 
censori  giustissimi,  e  di  tatto  squisitissimo,  supe- 
riore al  comune  degli  uomini,  notandovi  qualche 
difetto  talvolta  vero,  talvolta  esagerato.  Ma  or- 
mai nelle  belle  Arti,  come  in  tutte  le  produzioni 


di  genio,  dee  convenirsi  col  Mengs'''),  che  orai- 
ndTÌdfJìcnte  non  sono  le  opere  senza  difetto ,  quel- 
le,  che  sono  ammirate  dalla  gente  di  buon  gusto, 
ma  bensì  quelle,  che  hanno  qualche  cosa  di  straor- 
dinario, e  di  significante.  Concedasi  ciò,  che  que- 
sti notò  delle  sculture  di  Michelangelo  parago- 
nate a  quelle  degli  antichi,  e  particolarmente 
air  Ercole  Farnese ,  che  cercando  egli  esser  sem- 
pre grande  fu  sempre  grossolano  i'^) .  E  che  per  que- 
sto? Lo  stesso  Mengs  ci  dice,  che  Raffaello  non 
uguagliò  mai  Michelangelo  nella  intelligenza  dell' 
anatomia,  nella  fierezza  dei  conroriji,  nella  for- 
ma dei  più  robusti  corpi,  nella  somma  grandio- 
sita''^/'. 

Dubitò  Quintiliano '^4),  che  arte  alcuna  vi  fosse 
per  formare  il  perfetto  oratore,  mediante  la  va- 
rietà de^fli  stili  degli  autori,  e  dei  gusti  degli  a- 
matori,  avendo  ciascuno  dei  primi  chi  tra  i  se- 
condi gli  ammira.  Si  vale,  a  giustificare  i  suoi 
dubbi,  di  esempi  tratti  dalla  storia  delle  belle  Ar- 
ti .  Polignoto  ,  ed  Aglaofonte  nella  quasi  rozzezza 
dell'Arte  nascente,  come  nella  rinascente  pittu- 
ra tra  noi  Cimabue,  Giotto,  ed  altri,  aveano  i 
loro  adoratori .  Vennero  poi  Zeusi,  e  Parrasio,  e 
molto  all'Arte  aggiunsero;  il  primo  colle  ragioni 
dei  lumi,  e  delle  ombre;  il  secondo  colla  esat- 
tezza dei  contorni .  Zeusi  tra  i  suoi  pregj  ebbe 
quello  di  Michelangelo,  di  dare  all'Arte  la  gran- 
diosità, facendo  le  membra  del  corpo  più  ampie, 

(i)  Lettera  a  Mons.  Falconnet . 

(2)  Rifless.  sopra  i  tre  gran  Pittori  ec. 

(3)  Ivi ,  e  altrove  . 

(4)  Instit.  Orat   lib.  XII.  cap.  io. 


o  piene,  sull* esempio,  com'era  fama,  di  Ome- 
ro, cui  ancor  nelle  fem.nine  pi.icevano  le  più 
robuste  bellezze.  Parrasio  poi  così  circoscrisse  ,  e 
definì  tutto,  come  Hvitf.iello  ,  che  fu  chiamato  il 
legislatore.  QuiiiJi  aggiunge  il  Retore  Romano 
coll'aniiiiirabile  suo  giudizio,  che  avend>  le  bel- 
le Arti  fiorito  da  Filippo  ai  successori  di  Alessan- 
dro, ciò  accadde  con  diversità  di  pretrj ,  e  di  vir- 
tù. Furono  celebri  Procogene  per  la  diligenza; 
Panfilo,  e  Melanzio  per  la  ragione  dell'Arte;  An- 
tifilo per  la  facilita;  Teone  Samio  per  l'estro,  e 
la  fantasia  ;  per  l' ingegno  ,  e  per  la  grazia  Apelle . 
E'  la  natura  un  campo  troppo  vasto  pel  più  gran- 
de ingegno,  onde  possa  coi  colori  copiarne  tutte 
le  parti  nel  modo  più  eccellente,  e  perfetto.  Ma 
non  per  questo  chi  non  tutte  eminen:emente  le 
pO'^isiede,  mancherà  di  lode  somma  ,  e  di  amrnira- 
tori ,  purché  in  alcuna  tocchi  l'apice  del  subli- 
me ,  e  posseda  lodevolmente  le  altre. 

Il  Poeta  Filosofo  così  pensava,  quando  scrisse  : 
Veruni ,  uhi  plura  nitcnùn  carminai  ,  non  dgo  paucis 
Ofìcndar  nuculis ,  qiias  due  incuria  fadii  y 
Aui  huniana  parum  cavit  natura  (0. 
Plinio  il  giovine,  che  non  mancava  certamente 
di  criterio,  di  acutezza,  e  di  gusto  nella  lettera- 
tura, e  nelle  belle  Arti,  come  dalle  sue  lettere  ri- 
levasi, parlando  di   un  Oratore  del  suo  secolo, 
giudizioso,  e  senza  errori,  ma  poco  sublime,   e 
ornato,  disse  con  molto  spirito,  essere  il  suo  di- 
fetto non  averne  alcuno  ^2):  imperocché  dee  l'o- 
ratore sollevarsi ,  inalzarsi ,   talvolta  riscaldarsi , 

(t)  Hor.  de  Arte  Poet. 
(2)  Lib.  p.  Epist. 


.....  49 

trasportarsi,  e  spesso  accostarsi  al  precipizio:  es»- 

sere  per  lo  più  vicini  alle  sublimi  altezze  i  diru- 
pi; cadere  più  fiequenrementc  chi  corre,  che  chi 
Jencameiite  cammina;  ma  a  questo  niuna  lode  do- 
versi, all'altro  molta,  benché  cada. 

Ma  più  estesamente  parla    Longino  su  questo 
proposito'),  facendo  la  questione,  se  sia  migliore 
nei  verso ,  o  nella  prosa  la  grandezza,  che  difetti 
in  qualche  cosa,  o  la  mediocrità,  che  sia  perfet- 
ta, e  sana  in  tutte  le  parti,  ed  in  nulla  manchi 
e  se  le  più,  ole  maggiori  virtudi  portinoli  vanto? 
Quindi  osserva,  che  l'accuratezza  fina  in    ogni 
cosa  porta  pericolo  di    piccolezza;  e  che    nelle 
grandezze  è  come  nelle  ricchezze,  che  vi  è  qual- 
che strapazzo,  ne  se  ne  tiene  molto  conto.  Egli 
non  ignorava,  che  le  umane   cose  sono  sempre 
più  guardate  dal  lato  peggiore,  che  dal  buono; 
e  che  degli  errori  rimane  indelebile  la  memoria, 
e  delle' belle  cose  sparisce,  e  si  dilegua.  Ho  os- 
servato, die' egli*,  io  stesso  non  pochi  errori  in  0- 
mero ,  ed  in  altri  grandissimi  autori ,  e  non  mi  so- 
no  niente  piaciute  le  loro  cadute,  che  io  chiamo 
non  errori  vnlontarj ,  ma  sviste,  o  sbagli  per  non 
curanza.  Or  perche  non  mette  mai  piede  in  fallo 
j4pollonio ,  che  compose  V  Argonautica,  e  Teocrito 
nelle  Buccoliche  è  felicissimo ,  vorresti  tu,  o  ami- 
co Terenziano  ,  essere  anzi  Apollonio ,  che  Omero? 
Eratostene  neW  Erigane  (  in  tutte  le  parti  e  certo 
irreprensibile  quel  poemetto  )  e  egli  per  questo  mag- 
gior poeta  di  Archiloco ,  il  quale  tira  già   molte 
cose,  e  male  ordinate?  Vorresti  tu  più  tosto  esser 

(i)  Dello  stile  sublime  volgarizzato  da   Anton  France- 
sco Gori  Sez.  iJ. 


50 
Bacchilide ,  che  Pindaro  nel  lirico  ;  Ione  Chio  ,  che 
Sojocle  nelle  tragedie ,  con  tatto  che  sieno  eleganti 
scrittori , e  non  inciampino?  Pindaro,  e  Sofocle  in- 
cendiano in  certo  modo  impetuosamente  ogni  cosa, 
e  dal  vedere  al  non  vedere  sovente  si  spengono,  e 
cadono  infelicemente.  Ma  chi  avendo  fior  di  senno 
ardirà  di  contrapporre  al  solo  Edipo  dì  Sofocle 
tutte  le  opere  cf'  Jone  ? 

Sia  pur  Michelangelo  meno  tenero  di  Raffliel- 
lo;  faccia  pompa  di  anatomia  con  qualche  mos- 
sa talvolta  studiata,  o  come  dicesi  nell'Arte,  con 
qualche  atto  di  accademia;  faccia  i  muscoli  tutti 
in  azione ,  come  parve  al  Mengs,  cui  sembra  an- 
cora abbia  troppo  abusato  delle  forme  convesse. 
Potrassi  sempre  applicare  alle -sue  opere  ciò,  che 
Quintiliano  disse  del  Discobulo  di  Mirone  in  atto 
forzato,  e  tanto  studiato  (0:  doversi  ammirare  per 
Ja  novità  ,  e  la  difficoltà,  e  nulla  intendere  dell'ar- 
te chi  le  critica,  come  il  Freart,  senza  discrezio- 
ne. Tra  le  più  felici  scoperte  antiquarie  dei  no- 
stri giorni  si  conta  l'antica  copia  in  marmo  del 
detto  Discobulo,  descrittoci  da  Luciano,  e  con- 
servata in  casa  Massimi  ^v.  Ma  chi  dopo  veduto 
l'Apollo,  il  preteso  Antinoo,  il  Meleagro  al  Va- 
ticano, o  altro  greco  lavoro  pieno  d'ideale  nelle 
forme,  di  eleganza,  e  di  semplicità  nell'atteggia- 
mento non  ne  restava  sorpreso,  e  non  ne  ammi- 

ft)  Quid  tam  Jistoitum,  et  elaboratitm  ,  quam  est  ille  Di- 
scaboloi  Myronii  ?  Si  quis  tamen  ,  ut  partim  rtctiim  ,  improbet 
opus,  nonne  is  ab  intellectu  artis  ukfiierit ,  in  qua  vcl  piae- 
(ipue  laudabilis  est  illa  ipsa  novitas  ,  et  dijjicidtasì  Instit. 
Oiat.  lib.  ll.cap.  i3. 

fi)  Vedi  Wiiikclmann  Storia  delle  Arti  del  disegno  e- 
diz.  di  Ruma  tom.  2.  pag.  211.  nota  A. 


rava  l'artifizio,  e  la  difficoltà  felicemente  supe- 
rata di  rappresentarlo  nell'atto  momentaneo  di 
scagliare  il  disco?  Tutti  i  piccoli  difetti  di  Mi- 
chelangelo sono  abbondantemente  ricompensati, 
e  colle  parti  essenziali  dell'Arte,  e  colla  sorpre- 
sa, che  cagiona  il  suo  stile  grandioso,  e  terri- 
bile, per  mezzo  del  quale  sembra,  dirò  così,  ci 
faccia  vedere  gli  Eroi  di  Omero,  ed  uomini  di 
un  altr' ordine  ,  che  impongono  colla  maestà-. 
Come  spesso  si  è  detto,  toccogli  in  sorte  dalla 
natura  la  somma  grandiosità,  con  cui  insegnò  a 
tutti,  non  escluso  Raifaello ,  a  lasciare  la  secca, 
meschina  maniera  di  dipingere  ,  come  a  questi 
toccò  in  sorte  la  tenerezza,  e  la  grazia.  Ambe- 
due sublimi,  ma  per  diverse  vie;  e  per  questa 
parte,  che  appartiene  tutta  all'ideale,  ambedue^ 
sono  mirabili  nei  respettivi  generi .  Per  le  altre 
parti  della  pittura,  il  disegno  in  ambedue  è  per- 
fettissimo ;  se  non  che  il  Buonarroti  avanza  il 
Sanzio  nella  intelligenza,  e  profondità  dell'ana- 
tomia; ma  Raffaello  avanza  Michelangelo  nella 
varietà  dei  caratteri,  e  nella  venustà  dei  volti 
giovanili  sì  di  femmine,  che  d'uomini,  sempre  a- 
spersi  di  teneri  affetti.  Il  colorito  in  ambedue  è 
inferiore  a  quello  di  Tiziano,  che  sinora  alcuno 
non  ha  superato.  Il  chiaroscuro,  o  sia  il  rilievo, 
in  ambedue  è  inferiore  a  quello  sublime  del  Co- 
reggio,se  non  che  Michelangelo  nella  volta  della 
Sistina,  col  gran  rilievo,  che  diede  alle  sue  figu- 
re, ne  aprì  a  questo  ampiamente  la  strada,  ed  in 
gran  parte  lo  prevenne.  La  composizione  d'e- 
spressione è  eccellente  in  ambedue,  come  vedem- 
mo, secondo  le  respcttive  inclinazioni   dell'uno 


53 

alle  forti,  e  dell* altro  alle  tenere  passioni  .In  Raf- 
fciolio  però  è  meno  artifiziosa,  o  almeno  coU'ar- 
tifiz  o  più  occulto,  il  che  però  è  il  sommo  dell'ar- 
te in  questa  parte,  in  cui  egli  ottiene  il  primato, 
come  il   Buonarroti  nel  grandioso. 

Concludasi  pertanto, che  Michelangelo,  inve- 
ce di  essere  additato  dal  Freart  come  il  cattivo 
angelo  delia  pittura  ,  dee  sedere  decorosamen- 
te allato  a  Raffaello  col  Coroggio  ,  e  con  Ti- 
ziano, negli  annali  della  risorta  pittura.  Seguito 
il  Mengs ,  che  lo  colloca  senza  equivoco  tra  i 
quattro  primi  perfezionatori  dell'arte  rinata,  e 
giovi  il  ripeterlo  colle  stesse  sue  parole  (').  In 
questa  maniera  pervenne  in  quel  tempo  (cioè  nei 
piincipio  del  secolo  XVI.)  la  pittura  al  pili  alto 
grado  di  perfezione y  cui  i  moderni  V abbian  mai 
portata  ,  avendo  acquistato  per  Michelangelo  la  Jìe^ 
rezza  de'  contorni ,  le  forme  dei  più  robusti  cor^ 
pi ,  e  la  somma  grandiosità  ;  per  Raffaello  /'  inven^ 
zione ,  la  composizione,  la  varietà  dei  caratteri, 
r  espressione  dello  stato  delle  anime,  e  il  vestir  be- 
ne i  corpi]  per  Tiziano  l* intelligenza  dei  colori 
de'  corpi ,  con  tutti  quegli  accidenti ,  che  la  modifi- 
cazione della  luce  pub  in  essi  produrre  ;  e  final- 
mente per  Coreggio  la  delicatezza ,  e  la  degrada- 
zione del  chiaroscuro ,  il  dipingere  amoroso,  e  la 
squisitezza  di  grazia,  e  di  gusto.  Prosegua  intan- 
to la  cappella  Sistina  colle  stanze  di  Raffaello,  e 
colle  statue  antiche  ad  essere  il  canone  della  pit- 
tura, ed  ognuno,  che  si  cimenta  a  sì  nobil  Arte, 
consulti  il  vigor  delle  sue  forze,  e  l'inclinazione 

(3)  Lettera  ad  un  amico  sulle  belle  Arti  tota.  11.  pag.  117. 


•^3 
del  suo  genio;  e  lasci ,  che  questo  voli  per  quella 

via,  cui  la  natiiid  lo  chiama,  senza  pretendere  con 
servile  imitazione  di  trasformarsi  in  alcujio,  co- 
me con  sì  poco  successo  accadde  ag('  in-itatori 
del  Buonarroti.  Questa  èia  via,  per  cui  può  sor- 
gere qualche  genio  originile  ,  e.  me  Michelange- 
lo, e  Raffaello,  ai  quali  può  convenne  con  verità 
quello  disse  il  Fontenelie  "j  del  gran  Leibnizio; 
che  se  l'antichità  di  tanti  Ercoli  ne  compose  uno 
solo,  di  ciascuno  di  questi  due  sommi  Aitisn  se 
ne  può  fare  tre;  un  gran  pittore,  un  grande  scul- 
tore, ed  un  grande  architetto.  Le  statue  di  Loren- 
,  zetto  della  Cappella  Chigi  nella  Chiesa  di  S.  M. 
del  Popolo,  modellate  da  Raffaello,  sono  un  sag- 
gio del  sublime  grado,  cui  egli  sarebbe  giunto, 
se  maneggiato  avesse  gli  scalpelli. 

XI. 

Michelangelo  fu  di  ottima  Cristiana  morale . 

Sostenuto,  coli' autorità  del  Pittor  Filosofo  dei 
nostri  tempi,  il  merito  pittorico  di  Michelange- 
lo, convien  dire  due  parole  della  sua  morale, 
e  religione,  attaccata  dal  Freart  senz'alcun  fon- 
damento. Lo  esige  la  verità,  e  quella  purità,  e 
nobiltà  di  sentimenti,  con  cui  egli  ancor  giovane 
seppe  guadagnarsi  la  stima,  ed  amorevolezza  del 
Magnifico  Lorenzo,  del  suo  figlio,  e  poi  di  sei 
Sommi  Pontefici  successivamente,  che  tutti  To- 
norarono  della  loro  familiarità,  e  cortesia.  Lo 

(i)  Elugei  tle<  Academiciens. 


^4 

rimprovera  egli  di  tante  nudità  dipinte  nel  luogo 
più  augusto  della  Cristianità.  Sappiamo  da  Gior- 
gi') Vasari,  che  questd  critica  fu  data  a  queil* 
pittura,  non  ancor fidita  l'opera,  la  quale  fu  sog- 
getto di  attacchi ,  e  di  difese  dacché  comparve 
in  luce.  Il  primo  a  notarla  di  tal  licenza,  fu  quel 
Mescer  Biagio  Maestro  di  Ceremonie  del  Papa, 
^el  quale  Michelangelo  vendicossi,  dipingendolo 
nell'Inferno.  Avendone  egli  portato  le  sue  la- 
gnanze al  Pontefice,  questi,  dicesi,  facetamente 
gli  rispondesse  ;  che  se  lo  avesse  messo  nel  Pur- 
gatorio vi  sarìa  stato  rirneHio  ;  ma  nell'Infvirnp 
nulla  est  redemptio.  Ciò  prova  qual  poco  conto 
S'  facesse  alla  Corte  di  Paolo  III.  di  queste  cen- 
sure .  L'  annotatore  di  Giorgio  Vasari  della  edi- 
2Ìone  di  Roina ,  ne  fa  più  estesamente  menzione 
nella  vita  del  Buonarroti,  e  le  confuta,  e  lo  di- 
fende anche  daiP accusa,  di  aver  in  quel  dipinto 
poema  introdotto  Caronte;  quasi,  come  Dante  ,  e 
quello  che  più  vale,  con  due  lunghissime  corna, 
jion  lo  rappresentasse  per  un  demonio. 

Accorderò  ben  volentieri,  quantunque  trattisi 
di  un  tempo,  in  cui  cessate  le  umane  passioni, 
queste  nudità  non  ecciteranno  alcun  pravo  desi- 
derio, che  meglio  sarìa  stato,  dovendosi  esibire 
agli  sguardi  d*  uomini  mortali ,  e  fragili,  di  coprirle 
ove  occorreva,  come  sotto  gli  occhi,  e  a  cogni- 
zione di  Michelangelo  stesso  fece  Daniele  da  Vol- 
terra, nel  Pontificatodi  Paolo  IV.  avendo  egli  paca- 
tamente risposto  a  chi  gli  manifestò  gli  ordini  del 
Pontefice:  Dite  al  Papa,  che  questa  è  piccola  faC' 
cenda  ,  e  che  facilmenie  si  puh  acconciare ,  che  ac- 
conci egli  il  mondo,  che  le  pitture  si  acconciano  pre- 


S5. 

fto  (0 .  Ma  dovrassl  per  questo  inferire ,  che  il  pit-» 
tore  servendo  alla  Vciitk  del  soggetto  rappresenta- 
to, e  forse  cedendo  anche  troppo  al  desiderio  di 
sfog^^iare  nello  studio  del  nudo,  siasi  lasciato  tra- 
sportare dal  libertinaggio,  e  dalla  irreligione,  co^ 
me  il  Frearc  vorrebbe  far  credere?  Questo  non  fu 
mai  detto  dai  contemporanei ,  né  dagli  emuii , 
né  r avrebbe  permesso  Paolo  IH,  che  per  sette 
anni  vide  sotto  i  suoi  occhi  nascere,  avanzarsi, 
e  finire  quell'opera.  Modeste,  e  decenti,  mal- 
grado alcuni  soggetti,  sono  le  storie  della  Crea!^ 
zione  dell'uomo  nella  volta  della  Sistina, dipin^ 
te  nel  fiore  della  sua  età,  per  non  poter  mai  cre^ 
dere,  che  vecchio  airivasse  a  tal  eccesso.  Di  Mi- 
chciai^gehi  non  Icggesi  alcuna  debolezza,  come 
di  Raffaello.  Egli  era  di  ottima  cristiana  mora- 
le,  e  di  animo  nobile,  ed  elevato. 

Ei  fu  quegli,  che  non  volendo  dipingere  la  vola- 
ta della  Sistina  (non  che  noi  sapesse,  come  mo^ 
strò  l'esito)  cede  magnanimamente  iin  sì  vasto 
campo  di  gloria  a  Raffaello,  proponendolo,  ma 
indarno,  a  Giulio  II  in  sua  veccsflier  questa  im- 
presa. Fatto  quindi  da  Paolo  III  architetto  della 
Basilica  Vaticana,  ei  la  restituì,  come  potè,  al  pri- 
miero disegno  di  Bramante,  scrivendo  al  suo 
amico  Barrolommeo  (i)  non  pofcrsi  negare,  che 
quegli  non  fosse  valerne  archiretto ,  quanto  ogni  aU 
tro  dagli  antichi  in  qui,  e  ^ihe  ponesse  la  prima 
pietra  di  S\  Pietro  non  piena  di  confusione ,  ma 
chiarate  schietta,  e  luminosa ,  ei  isolata  attor- 
no.... in  tnodo  che  chiunque  si  e  discostato  dui 

(i)  Vasari    ,    Vita   di    Michelangiolo. 

(ì)  Bunanni  Templi  Vaticani  Hietoria  pag.  Sj. 


S<5 

deiio  ordine  di  Bramante,  come  ha  fatto  il  San- 

gallo,  si  e  di  scostalo  Jalla  verità,  hppure  Braman- 
te non  si  era  mostrato  in  vita  suo  ainico,  come 
racconta  il  V^asan.  Sono  queste  prove  Den  iumi- 
nose  della  sua  ingenuità,  e  superiorità  al(e  basse 
passioni  dell'  invidia,  e  della  vendetta,  cosa  non 
tanto  fequentcmetite  usata  tra  gli  Artisti,  per 
quell'antichissimo  proverbio  figulus  Jigulo  , 

Ma  qual  esempio  di  disinteresse,  e  di  cristia- 
na pietà,  ancor  più  raro  negli  annali  delle  Arti, 
egli  non  diede,  quando  obbligato  da  Paolo  111 
dopo  la  morte  delSangallo,  a  continuare  la  Basi- 
lica Vaticana,  ne  sostenne  l'incarico  di  Architet- 
to per  anni  1 8  sinché  visse,  in  mezzo  a  mille  in- 
quietudini, ed  ostacoli,  per  parte  di  chi  volea 
pescare  nel  torbido,  ricusando  ogni  stipendio  of- 
fertogli, e  servendo  gratuitamente  per  sua  divo- 
zione verso  i  SS.  Apostoli  ?  Se  non  attestassero 
ciò  il  Vasari,  ed  il  Bonannio  nella  sua  Istoria  del 
Tempio  Vaticano  ,  sembrerebbero  queste  cose 
incredibili  ai^nostri  tempi,  nei  quali  istituite  ma- 
gnificamente finte  Accademie  ,  e  premiate  le  Arti 
al  maggior  segno  dai  Governi,  non  si  contenta 
mai  la  vanità,  e  l'avarizia  umana,  che  è  arrivata 
sino  a  persuadere  i  dilettanti  di  belle  Arti  di*pos- 
sedere  rari.-'Simi  tesori  nelle  prove  imperfette,  o  a 
mezzo  preparate  ad  acqua  forte  delle  stampe,  e 
di  pagarle  assai  più  delle  perfette,  come  se  gli 
abbozzi  fossero  più  pregevoli  delle  cose  finite,  e 
i  frammenti  delle  cose  intiere.  E  che  rimane  ai 
Governi  a  fare  per  chi  salva  la  patria,  o  colle  ar- 
mi,  o  col  consiglio,  e  per  chi  la  felicita  con 
qualche  insigne  invenzione  utile  alla  umanità? 


Vedasi  nel  Vasari  quanto  grande,  e  generoso  fos- 
se il  cuor  di  Michelangelo,  che  canti  suoi  disegni, 
ed  opere  donò  agli  amici,  e  ad  altri,  tra  le  quali 
si  novera  la  Leda,  che  avea  dipinta  pel  Duca  di 
Ferrara,  e  che  poi  regalò  ad  Antonio  Mini  suo 
scolare  ,  che  gliela  chiese  con  molti  Cartoni  suoi 
finiti,  che  questi  portò  in  Francia,  avendola  poi 
comprata  il  Re  Francesco. 

C'informa  ancora  il  detto  Storico  delle  su%  co- 
piose limosine,  delle  fanciulle  segretamente  do- 
tate, delle  largizioni  splendide,  sino  di  due  mila 
scudi  per  volta, ai  suoi  servitori,  e  come  assistes- 
se neir  ultima  malattia  con  carità  grandissima  il 
suo  Urbino  senza  spogliarsi  per  moke  notti.  Sono 
queste  certamente  solide  prove  di  religione,  e  di 
bontà ,  che  maggiormente  traluce  nelle  sue  poe- 
sie ,  tutte  spiranti,  specialmente  quelle  dei  suoi 
ultimi  anni ,  sentimenti  ben  degni  di  lui ,  che  mo- 
rendo fece  quel  celebre  laconico  testamento,  la- 
sciando l'anima  nelle  mani  di  Dio,  il  corpo  alla 
terra,  e  la  roba  ai  parenti  più  prossimi,  ed  im- 
ponendo a  chi  lo  assisteva,  che  negli  estremi 
momenti  del  viver  suo  gli  ricordasse  la  Passione 
di  G.  Cristo. 

Quello,  che  io  pensi  di  Michelangelo  ad  ami- 
ciim  dmlcissimus  scripsi .  Non  intendo  perciò  di 
niente  detrarre  al  merito  dell'opera  del  Freart, 
pregevole  nel  restante,  ed  utile  alla  gioventù, 
che  applica  alla  pittura.  Ei  potea  lodar  Raffael- 
lo, come  il  principe  dei  pittori  moderni,  senza 
disprezzare,  ed  avvilire  il  Buonarroti ,  che  sarà 
sempre  tenuto  per  uno  dei  più  gran  genj,  ed  il 
più  universale  nel  suo  complesso,  dopo  rinate  le 


belle  Arti,  che  tutte  possedè  in  grado  eminente. 
Non  parlerò  della  fantastica  descrizione  della 
Scuola  di  Atene  di  Raffaello,  flitta  dal  Vasari  ,  e 
censurata  dal  Frcart  a  ragione,  il  quale  non  può 
difendersi  per  questa  parte,  come  per  altre  ine- 
sattezze nelle  sue  Vile  dei  Pitrori ,  inseparabili 
però  da  un  piano  d'istoria  sì  vasto,  per  cui  do- 
vea  riportarsi,  peri  pittori  non  Toscani  ,  alle  al- 
trui Velazioni.  11  Ch.  Sig.  Abate  Luigi  Lanzi  no- 
stro comune  amico,  nella  sua  lodatissima  Storia 
Pittorica  J«?//a /ra//a,  imparzialmente  parla  in  più 
luoghi  dei  difetti,  e  del  merito  di  quell'autore, 
ingiustamente  ripreso  di  malignità,  e  d'invidia 
verso  i  pittori  delle  altre  scuole,  né  disprezzabi- 
le, come  lo  dipinge  il  Freart.  In  fine  tutti  lo  leg- 
gono, lo  citano,  e  se  ne  servono  di  guida  nella 
scoria  delle  belle  Arti . 

Sarò  fortunato,  se  Voi  caro,  e  venerato  Signor 
d'Agincourt,  approverete,  come  spero,  queste 
mie  riflessioni,  o  piuttosto  questa.,  non  so  se  di- 
fesa, o  elogio,  che  la  verità  mi  ha  forzato  a  tes- 
sere di  Michelangelo.  Giusti  estimatori  del  di  lui 
merito,  e  veri  amatori  delle  belle  Arri,  mi  lusin- 
go, ci  siamo  trattenuti  con  piacere  a  ragionare  di 
esso,  ammirando  singolarmente  quel  grande,  e 
sublime  suo  carattere,  che  lo  distingue  tra  tutti, 
che  a  tutto  imprimeva,  e  che  non  si  vede  cogli 
occhi  del  corpo,  ma  della  mente:  prova,  fra  tan- 
te, della  immortalità  dell'anima,  che  non  trova 
di  che  perfettamente  appagarsi  in  questa  terra  tra 
i  prodotti  della  natura,  e  dell'  Arte. 


FINE, 


59 
INDICE-. 


0. 


evasione  di  scrivere  sul  meriio  di  Michelan- 
gelo Buonarroti ,  pag.  3 
/,  Piano  deir  opera  del  Freart.  6 
IJ.  Imperfezione  de' giudizi  desumi  dalle  Stampe .  8 
///.  La  fama  del  Buonarroti  e  fondata  nel  suo 
vero    merito ,   e  non  già  nella  falsa  preven- 
zione .                                                       .12 
JV.  Nella    Pittura    è  piìt    necessaria    la   parte 
Meccanica  y  che  la  Filosofica,                           15 

V.  Disegno  di  Michelangelo.  ip 

VI.  Chiaroscuro  di  Michelangelo ,  22 

VII.  Colorito  di  Michelangelo.  28 
VIIL  Corhposizione  di  Michelangelo ,  33 
IX.  Ideale  di  Michelangelo.  39 
X  Qualche  difetto  nelle  umane  produzioni  non 

distrugge  il  loro  merito  .  4Ó 

XI.   Michelangelo  fu  di  ottima  Cristiana  mora- 

^^-  53 


V 


V 


518.FREART,  Rolando.   Idea  della  perfezione   della  pittura,  tradotta   da 
■     AM    Salvini.  Con  una  dissertazione  apologetica  in  fine  di  Michelan- 
gelo  Buonarroti   scritta   da   O.   Boni.   Firenze    1809.   Boards.   XXXII, 
96,  59  pp.  '_    ;  ^^'"" 

\  gcLica  jn  une  di  Michelangelo  Buonarroti  scrit- 
ta da  Onofrio  Boni.  Firenze,  Appresso  Carli 
e  Comp.",  MDCCC  (1809).  8°.  Pp.  XXXII- 
59  -  1  b.  Intonso,  con  barbe.  Cop.  fittizia  in 
carta    coeva.  L.     50.000 


i.tis  iiiuA'es 


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